2011-03-26 16:25:32

Monaci di Tibhirine: la testimonianza dell'ultimo confratello sopravvissuto all'eccidio


“Ciò che è successo è opera di Dio … parlo per la memoria dei miei confratelli e perché sarebbe bello che la loro esperienza fosse conosciuta, amata”: si è espresso con queste parole, in una intervista concessa alla testata www.leprogres.fr, frate Jean-Pierre Schumacher, l’ultimo dei monaci francesi sopravvissuto della comunità trappista di Tibhirine, in Algeria, dove, nella notte tra il 26 e 27 marzo del 1996, 7 religiosi sono stati rapiti e poi uccisi. Frate Jean-Pierre, 87 anni, oggi nel monastero di Nostra Signora dell’Atlas, a Midelt, in Marocco, racconta di essersi chiesto per molto tempo il perché del suo diverso destino rispetto a quello dei suoi confratelli e di avere trovato risposta soltanto in una lettera ricevuta da una badessa: “Ci sono dei fratelli ai quali è stato chiesto di testimoniare con il dono della loro vita, ce ne sono altri ai quali è chiesto di testimoniare attraverso la loro vita”. Per il religioso gli eventi di Tibhirine insegnano che il martirio è come una prova d’amore, come prova di fedeltà. “I nostri confratelli sono morti perché hanno scelto di restare – dice frate Jean-Pierre – questa fedeltà è costata loro la vita. Questo dono, che è giunto fino all’estremo, era considerato una eventualità per la quale erano pronti, qualunque cosa fosse accaduta”. Il religioso trappista confida inoltre di essersi molto emozionato nel vedere il film “Des hommes et des dieux” sulla storia della comunità algerina di cui faceva parte e ne ha apprezzato il fedele contenuto sottolineando che la pellicola lascia emergere la convivialità, la condivisione, la mutua e calorosa accoglienza tra credenti dell’islam e discepoli di Cristo realmente vissuta a Tibhirine, un messaggio di apertura a Dio, non solamente nella preghiera, ma anche nella sottomissione coraggiosa nella quotidianità e nel pericolo. (T.C.)








All the contents on this site are copyrighted ©.