Libia: controffensiva degli insorti. Obama: evitata catastrofe umanitaria. Ma le milizie
pro-Gheddafi non cedono
Dopo furiosi combattimenti notturni i ribelli libici riconquistano la città costiera
di Ajdabiya e puntano ora verso Brega, importante porto petrolifero più ad ovest.
Intanto, le forze lealiste, duramente colpite dai bombardamenti alleati anche a Misurata
sono in rotta. Il presidente USA Obama parlando alla nazione dichiara: è stata evitata
una catastrofe umanitaria. Il servizio di Stefano Leszczynski:
Dopo
una notte di combattimenti, con il sostegno degli aerei della coalizione, i ribelli
sono entrati nella città di Ajdabiya. Per gli insorti è la prima vittoria, dopo che
l'intervento internazionale li ha salvati da una sicura disfatta. Le forze lealiste
sono ora incalzate dagli insorti sulla strada per Brega, strategico porto petrolifero.
Non si fermano i raid aerei della coalizione che nella notte hanno colpito Tripoli
centrando una caserma ed un radar militare. Aerei della coalizione hanno bombardato
anche postazioni delle forze di Gheddafi nelle vicinanze di Misurata, inclusi depositi
di armi. Misurata, circa 200 chilometri ad est di Tripoli, è controllata dagli insorti
ma assediata dalle forze governative, che la bombarda con l'artiglieria, e, nel centro
della città, la popolazione è sotto il tiro costante dei cecchini appostati sui tetti.
La missione in Libia ''sta avendo successo'' – ha dichiarato il presidente Usa Barack
Obama nel discorso settimanale alla nazione, sottolineando che è stata evitata una
catastrofe umanitaria. Intanto, è passato sotto il controllo della Nato il pattugliamento
navale destinato a garantire l’embargo Onu contro Tripoli. Da Mosca tuttavia giunge
un avvertimento alla Nato a non intraprendere un'operazione di terra in Libia, che
la Russia non appoggerebbe mai. Un rischio che anche gli insorti sembrano voler evitare.
Il capo del Consiglio nazionale di transizione di Bengasi, riconosciuto dalla Francia
ha, infatti, scritto una lettera aperta al presidente Sarkozy in cui esprime la riconoscenza
del popolo libico, ma respinge ogni ipotesi di intervento di truppe di terra straniere.
I
raid aerei della coalizione hanno dunque indebolito le forze fedeli a Gheddafi che
assediano le città in mano agli insorti. Per conoscere la situazione in Tripolitania
Marco Guerra ha raccolto la testimonianza del giornalista free lance, Cristian
Tinazzi, presente a Tripoli:
R. – La situazione
è ancora sotto controllo. Pochi minuti fa il vice-ministro degli Esteri, Khaled Kaim,
ha riferito dell’effettivo ritiro delle truppe governative da Adjabiyah, per via del
continuo attacco delle forze aeree della coalizione che metterebbero in pericolo i
civili. Attacchi che si sono verificati anche all’interno della città. Intanto, ieri,
sono stati comunicati, da parte del governo, dei dati ufficiali sul numero delle vittime:
si parla di 114 morti e 445 feriti durante i bombardamenti tra il 20 ed il 25 marzo.
D.
– Come al solito c’è una guerra anche nella propaganda. Da quello che puoi vedere,
quali sono le reali ripercussioni sulla popolazione civile?
R. – La
fila di ore davanti ai distributori di benzina. Ora stanno iniziando a mancare i rifornimenti:
dentro i supermercati, quelli più grandi, gli scaffali sono ormai vuoti. La gente
ha paura per i bombardamenti che avvengono la notte e che, chiaramente, colpiscono
obiettivi militari. Molti di questi obiettivi, però, si trovano vicino ad edifici
civili.
D. – Il popolo di Tripoli come ha reagito alle operazioni della
coalizione internazionale? Il fronte pro-Raìs è più unito o disgregato dopo l’intervento
dell’Occidente?
R. – Qui a Tripoli è più unito. La gente è molto arrabbiata,
vengono continuamente gridati slogan contro l’Occidente, si parla di jihad. E’ una
situazione dove la gente che sta da questa parte ha una visione totalmente condizionata
dalla propaganda governativa, e quindi prende acriticamente posizione.
D.
– Secondo alcune fonti, Gheddafi starebbe già trattando un cessate il fuoco in cambio
di un’uscita sicura...
R. – Non è confermato, non si sa niente. Prima
è stato chiesto anche al vice-ministro cosa stia facendo il figlio di Gheddafi, Seif
al Islam, perché pare che si stia tentando questa mediazione attraverso di lui. Il
ministro ha detto che Seif al Islam non rappresenta il governo. Comunque si sta cercando
una mediazione. Mediazione che è l’unico modo per uscire da questa situazione, che
pare ormai avviata verso una sanguinosa guerra civile, che da questa parte, al momento,
nessuno sta mollando. Non si notano cenni di cedimento nella struttura militare della
Tripolitania e del Fezzan.
D. – Anche perché, senza un intervento sul
terreno, i ribelli è difficile che prendano completamente il sopravvento solo con
l’appoggio aereo...
R. – Sì, assolutamente. Oggi c’è stata appunto la
dichiarazione che l’esercito governativo si è ritirato da Ajdabiya, però è
chiaro che non hanno la struttura logistica, i mezzi né tantomeno le persone per arrivare
fino a Tripoli, anche se hanno – ed avranno anche in futuro – l’appoggio aereo. (vv)