Dalla commemorazione delle vittime della schiavitù e della tratta negriera al rinnovamento
dell'umanità
Ogni anno, il 25 marzo vengono commemorate le vittime della schiavitù e della tratta,
circa 42 milioni di esseri umani strappati alla propria terra e deportati in altri
Paesi e continenti. Per oltre 400 anni, tra il XV secolo e la metà del XIX, tanti
fratelli e sorelle sono stati considerati come semplice merce nelle mani dei negoziatori.
La loro umanità è stata brutalmente violata, annullata lungo le tre principali rotte
del commercio internazionale: la tratta orientale verso il mondo arabo-musulmano,
i circuiti intra-africani e la deportazione verso le Americhe. Le Nazioni Unite
chiedono oggi di non dimenticare queste vittime, anonime e sconosciute.
D’altra
parte, lo stesso Giovanni Paolo II le aveva ampiamente evocate nel 1992, in occasione
della sua Visita Pastorale nella “Maison des Esclaves” dell’Isola di Gorée, in Senegal.
Da questo luogo – icona della deportazione degli schiavi - Papa Wojtyla ha ricordato
le sofferenze causate dai trafficanti di esseri umani, le tante generazioni sconvolte
dall’orrore degli spostamenti forzati, la violazione dei diritti fondamentali perpetrata
per secoli ai danni delle popolazioni locali, le conseguenti contraddizioni che per
sempre faranno parte del continente. Giovanni Paolo II ha affermato con forza che
il mondo intero ha il dovere di conservare la memoria di questa piaga vergognosa nella
storia dell’umanità.
Undici anni dopo il Viaggio Apostolico di Papa Wojtyla
in Senegal, il 5 ottobre 2003 anche i rappresentanti delle Conferenze Episcopali africane
si sono recati a Gorée, per rendere omaggio alle vittime della tratta. In quella occasione,
con un atto simbolico di penitenza e purificazione seguito dalla celebrazione di una
“Messa di Resurrezione”, i Vescovi hanno chiesto perdono per le colpe che gli stessi
africani hanno avuto rispetto al dramma della schiavitù. Nel 1992 Giovanni Paolo
II aveva implorato il perdono del cielo per il “crimine enorme” della deportazione
e lanciato un appello ai fedeli, affinché il comandamento dell’amore fraterno venisse
sempre rispettato, in futuro. Allo stesso modo, con il Messaggio “Purificazione e
Memoria per il rinnovamento dell’umanità”, nel 2003 i Vescovi riuniti a Gorée hanno
invitato i cristiani africani a proseguire lo stesso sforzo di penitenza, riconoscendo
le responsabilità delle generazioni passate e lasciandosi coinvolgere attivamente,
oggi, nell’opera di “rinnovamento dell’umanità”.
Nella stessa occasione, l’Episcopato
africano ha rivolto inoltre uno sguardo alla realtà contemporanea, denunciando pubblicamente
le nuove forme di schiavitù che rappresentano ancora la realtà di migliaia di uomini,
donne e bambini. Dalla prostituzione al turismo sessuale, dal commercio di organi
all’arruolamento di bambini negli eserciti, dalla discriminazione etnica all’esclusione
su base tribale o regionale, questi crimini continuano a sconvolgere l’equilibrio
sociale, e costituiscono l’aspetto forse più drammatico della infinita storia dello
sfruttamento del continente. Un processo che purtroppo si riproduce e si rinnova,
trovando sempre nuove vie per adeguarsi ai tempi. Alla base del successo di molte
economie in crescita c’è la sofferenza di esseri umani in un’altra parte del mondo,
o anche nella medesima comunità. Il cuore dell’uomo sembra oggi indurito, alla ricerca
di giustificazioni contrarie al fondamento stesso del cristianesimo: l’amore verso
il prossimo.
Nell’Enciclica “Caritas in Veritate”, lo stesso Benedetto XVI
pone l’attenzione su « Lo scandalo di disuguaglianze clamorose », ovvero la
controversa crescita della ricchezza mondiale in termini assoluti, oggi inevitabilmente
accompagnata dall’aumentano delle disparità. “Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali
si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono
di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile
con perduranti situazioni di miseria disumanizzante. La corruzione e l'illegalità
sono purtroppo presenti sia nel comportamento di soggetti economici e politici dei
Paesi ricchi, vecchi e nuovi, sia negli stessi Paesi poveri (...) Gli aiuti internazionali
sono stati spesso distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità che si annidano
sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei fruitori. Anche nell'ambito
delle cause immateriali o culturali dello sviluppo e del sottosviluppo possiamo trovare
la medesima articolazione di responsabilità”.
In linea con l’esortazione di
Giovanni Paolo II, con il “percorso di purificazione” avviato dai Vescovi dell’Africa
e con il Messaggio lanciato da Benedetto XVI nell'Enciclica, la commemorazione annuale
del 25 marzo impone una riflessione sul significato della vera libertà nel mondo contemporaneo,
che parta proprio dalla memoria della tratta quale macchia indelebile nella storia
della civiltà. Una civiltà che si professa “cristiana” e che come tale ha il dovere
di bandire definitivamente ogni forma di sfruttamento. Per la Chiesa dunque, il
riconoscimento delle gravi responsabilità del passato e la cessazione immediata di
tutte le schiavitù – siano esse economiche, politiche o sociali - sono la condizione
ineccepibile per il rinnovamento dell’umanità e per la realizzazione di un mondo più
giusto, nel quale l’amore fraterno possa finalmente indicare la strada.