Sale la protesta in Siria: atteso un importante annuncio del presidente Assad
Nuova recrudescenza delle proteste governative che da alcuni mesi scuotono diversi
Paesi del mondo arabo. Altissima la tensione in Siria dove gli attivisti per i diritti
umani denunciano l’uccisione di circa 100 dimostranti negli scontri di ieri a Dara
con le forze di sicurezza. Il presidente Assad - ha annunciato un suo consigliere
- farà a breve un annuncio importante per soddisfare le richiesta del popolo. In
Yemen approvato lo stato di emergenza mentre l’opposizione continua a chiedere le
dimissioni immediate del presidente Saleh. Il servizio di Marco Guerra:
Almeno 20mila
persone hanno partecipato stamane ai funerali dei manifestanti uccisi ieri a Daraa,
città tribale siriana nei pressi del confine con la Giordania. Slogan in favore della
libertà e contro il governo hanno accompagnato il corteo funebre di nove delle 25
giovani vittime accertate da fonti mediche siriane. Molto più grave il bilancio fornito
da militanti per i diritti dell'uomo e testimoni che parlano di circa 100 persone
rimaste uccise nell’assalto alla moschea della cittadina che, da oltre una settimana,
era teatro di proteste contro il regime di Assad e del partito Baath, al governo da
quasi 50 anni. Le violenze sono state condannate da Stati Uniti e Onu. Il primo ministro
turco Erdogan, invece, ha messo in guardia il presidente siriano Assad invitandolo
ad “attuare le riforme necessarie”. Le autorità di Damasco hanno, dal canto loro,
accusato “parti straniere” di “aizzare la sommossa”, riferendosi implicitamente alla
Giordania. Intanto, per domani, venerdì di preghiera musulmana, è stata indetta sui
social network dei dissidenti una “mobilitazione di massa” in tutte le regioni del
Paese. Altissima tensione anche in Yemen dove ieri il Parlamento ha approvato lo stato
d’emergenza, decretato venerdì dal presidente, Ali Abdullah Saleh. Nel tentativo di
placare la richiesta di sue dimissioni, il capo di Stato ha offerto un referendum
costituzionale, elezioni parlamentari e nuove elezioni presidenziali, da tenersi entro
la fine dell’anno. L’opposizione, tuttavia, non è intenzionata a cedere e domani tornerà
a manifestare con un grande corteo nella capitale Sana’a.
Algeria Tensione
anche in Algeria. Ieri, almeno 40 persone sono rimaste ferite in violenti scontri
scoppiati ad Algeri tra giovani e forze dell’ordine. Alla base delle proteste, l’emergenza
casa. Nel Paese nordafricano, infatti, la crisi abitativa è un problema endemico:
oltre 500 mila famiglie abitano in case in declino intorno ai centri abitati, soprattutto
nella capitale algerina.
Pakistan In Pakistan, oggi almeno 5 persone
sono morte e altre 25 sono rimaste ferite nella deflagrazione di un’autobomba. L’attentato
è stato condotto contro una caserma della polizia a Daaba, nel distretto di Hangu,
una delle roccaforti dei talebani pachistani.
Libano Sette cittadini
estoni sono stati sequestrati ieri in Libano. Gli uomini stavano effettuando un’escursione
in bicicletta nella valle di Bekaa. L’esercito libanese – al momento – sta conducendo
una serie di blitz nella regione.
Giappone Prosegue in Giappone incessante
l’opera di messa in sicurezza della centrale atomica di Fukushima, dopo che ieri da
alcuni reattori è cominciato ad uscire del fumo nero. E stamane risulta di 147 volte
superiore alla norma la presenza di iodio radioattivo nel tratto di mare prossimo
alla centrale, mentre migliora la situazione a Tokyo dove il livello di radioattività
presente nell’acqua è tornata sotto limiti consentiti per l'alimentazione dei neonati.
Intanto è salito a 26 mila il bilancio delle vittime e dei dispersi del terremoto
dell’11 marzo scorso. La Polizia nazionale nel suo ultimo aggiornamento ha reso noto
che sono 9.737 le vittime certe e 16.423 i dispersi. Circa 2.777 persone sono invece
rimaste ferite in seguito al sisma.
Portogallo: crisi economica e politica Una
crisi politica, economica e monetaria. E’ iniziato per il Portogallo lo scenario più
difficile dopo le dimissioni, ieri sera, del governo minoritario socialista, guidato
dal premier socialista Socrates, in seguito alla bocciatura in Parlamento della manovra
antideficit concordata con Bruxelles. La crisi politica potrà avere conseguenze gravissime
per il Paese, ha dichiarato Socrates. Da Lisbona, Riccardo Carucci:
In preda
ad una grave crisi economica, finanziaria e sociale, il Portogallo deve affrontare
ora anche una crisi politica, in seguito alle dimissioni del governo minoritario socialista
eletto nel 2009. Il parlamento, infatti, con il voto delle opposizioni sia di destra
che di sinistra, ha bocciato l’ultimo piano di ostilità per ridurre il deficit di
bilancio preparato dal governo, già presentato a Bruxelles in uno sforzo estremo di
evitare il ricorso, dopo Grecia ed Irlanda, al Fondo di stabilizzazione europeo e
al Fondo Monetario internazionale. Un programma con gravose conseguenze sociali che
prende di mira soprattutto i pensionati. Ieri sera dopo il voto del parlamento, il
primo ministro, Josè Socrates, si è recato dal presidente della Repubblica per presentare
le dimissioni. Il presidente della Repubblica non potrà che sciogliere il parlamento
e indire nuove elezioni e ci vorranno forse tre mesi per avere un nuovo governo.
Vertice
del Consiglio europeo E l'impatto della crisi politica portoghese sulla stabilità
dell'eurozona, il varo della riforma della governance economica e la crisi libica
saranno al centro del vertice del Consiglio europeo che si apre oggi pomeriggio a
Bruxelles. In mattinata nella capitale belga hanno sfilato circa 15 mila manifestanti
diretti proprioai palazzi Ue, per protestare contro le misure di austerità previste
dal patto. In particolare, i sindacati europei contestano la stretta sulle pensioni,
il limite agli aumenti salariali e all'aggancio con l'inflazione.
Spagna In
Spagna, la Corte suprema ha annunciato ieri di avere respinto la richiesta di iscrizione
alle prossime elezioni amministrative e regionali del 25 maggio del nuovo partito
della sinistra indipendentista basco "Sortu". Quest’ultimo è accusato di essere l’erede
di Batasuna, il “braccio politico” dell’Eta, dichiarato illegale sette anni fa. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 83