Giappone: 21 mila le vittime, allarme radiottività nel mare di Fukushima
Non costituirebbe una minaccia immediata per la salute la presenza di materiale radioattivo
individuato nell’acqua di mare nei pressi della centrale di Fukushima. La rassicurazione
arriva dal governo giapponese, ma contemporaneamente il bilancio, ancora provvisorio,
del terremoto e dello tsunami dell’11 marzo scorso supera le 21mila vittime. Ci riferisce
Roberta Barbi:
Oltre 21mila
vittime: più di novemila morti accertati e 12mila dispersi. Sono sempre più impressionanti
i numeri del terremoto e dello tsunami che hanno colpito il Giappone 11 giorni fa,
stando all’ultimo bilancio ufficiale diffuso. Nelle sole prefetture di Fukushima,
Iwate e Miyagi il computo finale potrebbe arrivare a 15mila. Nella centrale di Fukushima,
intanto, dopo l’allerta per la fuoriuscita di una quantità non specificata di vapori
radioattivi, sono riprese le operazioni di raffreddamento dei sei reattori danneggiati
dal sisma, accelerate grazie alla connessione dell’impianto a una rete elettrica esterna.
Non sarebbero pericolose per la salute, invece, le tracce di radioattività individuate
dalla società di gestione Tepco nell’acqua di mare intorno alla centrale. Tuttavia,
il Ministero della scienza e della tecnologia provvederà a esaminare l’acqua nel raggio
di 30 km dalla costa. Crescono, dunque, le preoccupazioni per gli effetti che ciò
potrà avere sui prodotti ittici, ma il governo ha comunicato che, nonostante l’allarme
cibo di ieri, non sarà estesa la “zona di esclusione” intorno all’impianto. La terra,
infine, non smette di tremare: almeno due scosse di terremoto con magnitudo maggiore
di 6, più alcune di minore entità, sono state registrate in giornata nelle prefetture
di Miyagi e Fukushima, già duramente coinvolte.
E, insieme, con l’emergenza
nucleare è preminente l’opera di soccorso ai 400 mila sfollati che sono in corso di
trasferimento per facilitare l’arrivo degli aiuti. Giancarlo La Vella ne ha
parlato con Stefano Vecchia, raggiunto telefonicamente a Osaka:
R. – Passata
l’emergenza, ci sono soprattutto sfollati e decine di migliaia di persone della costa
che hanno trovato riparo verso l’interno, perché il problema è interamente di comunicazione.
Quindi, è anche estremamente difficile far arrivare gli aiuti. In questi giorni, ad
esempio, si registra una situazione di svuotamento di queste aree e svuotamento dei
campi di raccolta di queste 400mila persone verso aree più sicure e più facilmente
raggiungibili dai soccorsi.
D. – Sul fronte dell’emergenza nucleare,
c’è la consapevolezza che quanto farà il Giappone, nelle prossime ore e nei prossimi
giorni, condizionerà in modo decisivo il dibattito sul nucleare nato dopo i guasti
alla centrale di Fukushima?
R. – Indubbiamente, però, c’è un problema
di fondo, ovvero che il Giappone ha puntato estremamente sul nucleare - è il Paese
più “nuclearizzato” al mondo a livello di produzione di energia e per il fabbisogno
locale – e nello stesso tempo non c’è un’opposizione al nucleare in questo Paese:
un discorso è la critica verso le autorità e soprattutto verso i responsabili delle
centrali, che non hanno probabilmente capito l’eventualità di un evento catastrofico
del genere - e detto questo, c’è una reazione, se vogliamo, di nervosismo, di rabbia
contro le autorità - ma non c’è, e non risulta in nessun modo, un’ostilità al nucleare.
Quindi si tratterà adesso di risolvere la crisi nell’immediato, spegnendo finalmente
i reattori – se si riuscirà – o seppellendoli sotto il cemento. Certamente la sorte
di Fukushima e delle centrali 1 e 2 probabilmente è già segnata: non verranno più
riattivate.
D. – Si stanno cominciando a vedere gli effetti delle radiazioni
sulla popolazione e sul terreno…
R. – Sulla popolazione è difficile
dirlo. Forse, in questo caso, c’è un po' di copertura. Io ho appena parlato ora con
una mia conoscente di Tokyo e quello che mi ha detto è che in questo momento sono
più tranquilli, perché le autorità hanno detto che non solo i rischi per la salute,
ma anche la situazione generale sta migliorando. È una cosa diversa leggere i giornali,
seguire i media locali e quelli internazionali. Probabilmente la realtà è che c’è
una situazione grave in questo momento, che non è ancora uno stato di allerta, ma
potrebbe diventarlo. (ap)