Ore decisive in Yemen: defezioni di massa nell’esercito, il capo della principale
tribù con i rivoltosi
In Yemen defezioni in massa ai vertici dell’esercito mentre il capo della principale
tribù del Paese invita il presidente a fare un passo indietro. E dopo quello in Siria,
anche l'ambasciatore dello Yemen in Arabia Saudita ha annunciato di unirsi alla contestazione
contro il presidente Ali Abdallah Saleh. Il servizio di Fausta Speranza:
Decine e
decine di ufficiali di tutti i gradi dell'esercito yemenita oltre a numerosi soldati
di truppa annunciano pubblicamente la loro defezione e poco dopo il capo della potente
confederazione tribale Hashed, lo sheikh Sadek al-Ahmar, annuncia, a nome di tutti
i membri della sua tribù, l’adesione alla rivoluzione. Dunque la piazza dell'Università
a Sanaa, dov'è raccolto il sit-in permanente per la rivolta contro il presidente,
davvero si riempie. L’invito diventa corale per il presidente Saleh, al potere da
32 anni: il capo tribù in particolare gli chiede di farsi da parte e di evitare lo
spargimento di sangue. Dopo i combattimenti ieri nel nord dello Yemen tra esercito
e ribelli sciiti zaiditi che avevano causato almeno 20 morti, stamattina dopo ore
di calma apparente è giunto l'annuncio della defezione di uno dei principali capi
militari. Nel giro di due ore l’annuncio della scelta di almeno 60 ufficiali di unirsi
alla piazza. Ma ascoltiamo cosa ci riferisce da Sanaa, Alessandro Guarino
che in Yemen guida la missione dell’organizzazione umanitaria Intersos. Innanzitutto
gli chiediamo l’atmosfera che si respira per le strade di Sanaa:
R.
– Io sono a Sanaa in questo momento e la situazione, già da stamattina, è di crescente
tensione. In questo momento, noi, per motivi di sicurezza, vista la tensione, evitiamo
di andare in giro, ma parlando con i colleghi del posto si respira un’atmosfera di
forte tensione per tutto quello che sta accadendo.
D. – Proprio in queste
ore vertici militari, ma anche il capo tribù, hanno annunciato di aderire alla rivoluzione.
Tu hai queste notizie dalla gente o dai media internazionali?
R. –
Soprattutto dai media internazionali, anche se alcune di queste notizie sono arrivate
tramite amici e colleghi yemeniti che abitano qui.
D. – Ci sono stati
20 morti negli scontri tra ribelli ed esercito e questo deve aver colpito anche la
popolazione...
R. – Venerdì sera ci sono stati scontri molto violenti
tra manifestanti e forze di polizia e ieri ci sono stati i funerali di parte delle
vittime. Devo dire che si vede che questo ha lasciato un segno nella gente.
D.
– Che cosa ti sembra di percepire a Sanaa: più angoscia o più speranza?
R.
– Fino alla settimana scorsa c’era un’atmosfera quasi allegra - direi - di speranza,
invece da quello che è successo venerdì scorso, l’umore è cambiato e c’è una forte
preoccupazione per quello che potrebbe succedere.
D. – Il capo tribù
ha invitato il presidente ad uscire di scena con onore e senza spargimento di sangue.
Secondo te è possibile una fase di questo genere, così indolore?
R.
– Io sinceramente non so dire se sia possibile. Sicuramente è quello che si augurano
tutti, a dire il vero, per evitare che il Paese possa poi trovarsi ad affrontare una
situazione molto, molto critica come è già successo in passato. Purtroppo, nella sua
storia, lo Yemen non sarebbe nuovo ad eventi e conflitti interni anche molto violenti.(ap)
Manifestazioni
nel sud della Siria Migliaia di persone stanno manifestando a Deraa, nel sud
del Paese, constatano le agenzie Afp e Reuters. I manifestanti protestano per l'uccisione
di cinque civili nelle dimostrazioni sedate con la forza dalla polizia e dall'esercito.
Stamani, l’Organizzazione nazionale per la difesa dei diritti umani in Siria (Ondus)
ha denunciato che quattro giovani studenti siriani sono stati arrestati nei pressi
di Damasco per aver scritto slogan proibiti sui muri della loro aula scolastica e
che non si hanno ancora conferme del rilascio, annunciato ieri dal governo di Damasco,
dei circa 20 bambini, di età compresa tra gli otto e i dieci anni, arrestati alla
fine di febbraio a Daraa, perchè sorpresi durante la ricreazione a scandire gli slogan
delle rivolte in corso nel mondo arabo.
Il sovrano del Bahrein parla di
complotto straniero fallito nel Paese In Bahrein il sovrano, re bin Isa Al
Khalifa, ha affermato che un complotto straniero contro il suo Paese “è fallito” e
ha ringraziato le forze messe a disposizione dai Paesi vicini per contrastare i crescenti
disordini dopo settimane di proteste.
Ancora disordini e morti a Karachi
per scontri tra gruppi politici rivali Almeno 14 persone sono state uccise
nelle ultime 24 ore in diverse sparatorie a Karachi, la più grande metropoli pachistana,
dove non si ferma la violenza tra gruppi politici rivali. Intanto, nel Pakistan meridionale,
dopo il ritrovamento di nuovi corpi senza vita da parte dei soccorritori, è salito
ad almeno 45 il bilancio delle vittime dell'incidente avvenuto in una miniera di carbone
del Baluchistan. Al momento dell'incidente, oltre 50 operai erano al lavoro a 1.200
metri di profondità nella miniera che sorge nei pressi del capoluogo Quetta e che
appartiene a una società statale.
Episodi di violenza tra palestinesi e
coloni Un giovane palestinese di 25 anni è stato aggredito e accoltellato oggi
non lontano da Hebron, in Cisgiordania (Territori palestinesi occupati), in un agguato
che la polizia israeliana ritiene “di stampo nazionalista” e quindi riconducibile
all'ala ultrà del movimento dei coloni. Dopo qualche ora due palestinesi sono stati
feriti dagli spari di un colono israeliano trovatosi in pericolo di vita dopo che
la sua automobile era stata attaccata a sassate da dimostranti presso il villaggio
arabo di Beit Umar, nella provincia di Hebron (Cisgiordania).
Amministrative
francesi: socialisti in testa, netta affermazione dell’estrema destra Nelle
cantonali, le elezioni amministrative francesi equivalenti alle provinciali, in testa
i socialisti e netta affermazione dell’estrema destra mentre la destra di governo
conferma l’annunciata sconfitta. Secondo le prime proiezioni, in testa i socialisti
con il 25%, seguiti dall'Ump del presidente Nicolas Sarkozy con il 16% e dal Fronte
nazionale che lo tallona con quasi il 14%. Pochi dei 21,4 milioni di elettori chiamati
a votare per rinnovare a metà le assemblee dei dipartimenti, una consultazione che
dopo la riforma territoriale non esisterà più, si sono recati alle urne. L'astensionismo
è attorno al 56%, una cifra record, e l'unica a gioire è la neopresidente del Fronte
nazionale e figlia del fondatore Jean-Marie Le Pen, che parla di successo “storico”
e invita i francesi ad amplificare quello che ormai è da tutti definito “effetto bleu-Marine”.
I sondaggi che da mesi danno Sarkozy ai minimi storici e il suo partito fortemente
penalizzato dagli elettori, sono stati confermati dal voto. In testa, sempre il Partito
socialista.
In Sassonia-Anhalt, la Cdu della Merkel perde terreno ma resta
il partito più forte La Cdu della cancelliera Angela Merkel ha perso terreno
nella Sassonia-Anhalt (nordest), dove ieri si sono tenute le elezioni per il rinnovo
del Parlamento, ma si è comunque confermato il partito più forte della regione dell'ex
Germania dell'Est, dove probabilmente si va adesso verso una Grande Coalizione bis
con i socialdemocratici della Spd. I conservatori del Land hanno ottenuto, secondo
i primi exit poll, il 32,9% dei voti, pari a 3,3 punti in meno rispetto al 36,2% delle
elezioni precedenti, nel marzo 2006. Un risultato, questo, che sommato al 21,5% messo
a segno dalla Spd (21,4% nel 2006) dà all'attuale coalizione di governo la maggioranza
del 54,4% (57,6% nel 2005). Per il partito della Merkel, tuttavia, si tratta pur sempre
di una battuta d'arresto, che segue la pesante sconfitta del 20 febbraio scorso nella
città-Land di Amburgo (nord), dove governava insieme ai Verdi e dove è stata spazzata
via dopo 10 anni dalla Spd. Le elezioni odierne, quindi, anche se meno importanti
di quelle di domenica prossima nel Baden-Wuerttemberg (sud), confermano il momento
negativo per i conservatori tedeschi.
Ad Haiti il secondo voto presidenziale:
i risultati del ballottaggio tra 10 giorni Ballottaggio per le presidenziali
ieri ad Haiti, un voto col quale il Paese caraibico cerca di tornare alla normalità
dopo il devastante terremoto dell’anno scorso e la conseguente epidemia di colera.
Candidati per la più alta carica dello Stato, l'ex first lady Mirlande Manigat e il
popolare cantante Michel Martelly. L'esito preliminare del voto sarà annunciato il
31 marzo, quello definitivo il 16 aprile. Il servizio di Francesca Ambrogetti:
Ultimo atto
elettorale ieri ad Haiti, ma per i risultati ci vorranno ancora vari giorni: il 31
marzo, quelli provvisori, il 16 aprile, i definitivi. Ancora un periodo di attesa,
quindi, per sapere se a guidare il Paese più povero dell’America Latina sarà l’ex
prima dama, Mirlande Manigat, o Michel Martelly, un popolare cantante di rap: i due
candidati più votati al controverso primo turno. Il ballottaggio si è svolto in un
clima di relativa calma, ma con alcuni incidenti: il bilancio è di due morti in diversi
episodi. Numerosi gli osservatori internazionali e rigorosi i controlli del Consiglio
elettorale. Gli ultimi sondaggi attribuiscono al populista Martelly un leggero vantaggio
sulla più moderata conservatrice rivale che si era imposta al primo turno. Pesantissima
la sfida per il vincitore: dovrà affrontare la ricostruzione delle regioni devastate
dal terremoto dell’anno scorso, controllare l’epidemia di colera e lottare contro
l’estrema povertà nella quale è sommersa la maggior parte della popolazione, tutto
questo in un clima di caos, confusione politica dal quale Haiti non riesce ad emergere.
La comunità internazionale è preoccupata: lo hanno ricordato a New York il segretario
generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e dal Brasile, prima tappa del sua visita in America
Latina, Barack Obama. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 80