Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale
Si celebra oggi la Giornata internazionale delle Nazioni Unite per l'eliminazione
della discriminazione razziale, in ricordo delle circa 70 vittime, uccise dalla polizia
sudafricana nella città di Sharpeville nel 1960, durante una manifestazione pacifica
contro l'apartheid. Il 21 marzo è dunque una giornata di mobilitazione generale per
ribadire le conseguenze negative della discriminazione razziale sulle società e per
ricordare che è necessario l’impegno di tutti - cittadini e governi - per combatterla.
Il Centro Benny Nato, che custodisce la memoria storica del movimento antirazzista
italiano, propone per l'occasione il seminario "Uniti contro le Nuove e Vecchie discriminazioni".
Ma in che modo le società di tutto il mondo hanno contribuito alla caduta del regime
di segregazione razziale in Sudafrica e chi era Benny Nato? Silvia Koch lo
ha chiesto a Vincenzo Curatola, presidente del Centro:
R. – L’apartheid
si è vinto grazie al lavoro che è stato fatto per 20 anni, in varie parti del mondo,
da persone, ma anche organizzazioni, Stati, dalle stesse Nazioni Unite, che hanno
proclamato poi l’apartheid come crimine verso l’umanità. Benny Nato ha contribuito
a far crescere la coscienza degli italiani rispetto alla dignità dell’uomo e alla
necessità di difenderla giorno per giorno. Benny Nato è venuto in Italia, rappresentando
l’African National Congress, che cercava appunto di opporsi all’apartheid, da rifugiato
politico e quindi in esilio. Qui ha svolto un lavoro di sensibilizzazione contro il
razzismo e ha fatto conoscere il Sudafrica all’Italia.
D. – La lotta
del Sudafrica di ieri è importante per i cittadini italiani e per gli stranieri in
Italia di oggi. Quali sono le sfide attuali e perché è importante riportare alla memoria
certe esperienze storiche?
R. – Esistono ancora situazioni in cui non
tutte le persone sono uguali e non tutti hanno le stesse possibilità. Ci troviamo,
anzi, indietro rispetto al Sudafrica stesso, che abbiamo aiutato, perché nella Costituzione
sudafricana è scritto che il Sudafrica è di chi lo abita e nella Costituzione italiana
ancora no: la cittadinanza non viene data a tutti coloro che abitano in Italia. Quindi,
c’è bisogno di ricordare, far tesoro dell’esperienza che si è avuta per cercare di
migliorare anche la realtà attuale. Tutte le società del mondo hanno questo problema
di rapporto fra diversi, fra persone diverse. Quindi, questo grosso problema ha bisogno
di grandi strumenti e noi ne abbiamo uno e lo mettiamo a disposizione.
D.
– Nel giugno del 1990, Nelson Mandela è stato ricevuto da Papa Giovanni Paolo II che
ha benedetto tutte le azioni di solidarietà alla lotta contro il razzismo...
R.
– I valori dell’antirazzismo, dell’eguaglianza, della dignità dell’uomo sono valori
da sempre della Chiesa. Quando, però, questi valori si incarnano in una persona come
Mandela, che per 30 anni li ha visti calpestati e ne è uscito fuori, questi valori
riprendono forza. Quindi, questa forza che viene anche poi consacrata in un incontro
con il Papa dà proprio l’idea che effettivamente sia quella la strada giusta da perseguire.
E l’appoggio che la Chiesa ha sempre dato al popolo sudafricano si racchiude in un
incontro che è l’epilogo di questa storia, il successo. (ap)