Al via a Milano il Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina
S'inaugura questa seraall'Auditorium San Fedele di Milano il 21.mo Festival
del Cinema Africano, d'Asia e America Latina, in programma fino a domenica 27. Occasione
per conoscere registi, scrittori e interpreti che raccontano e si interrogano sui
loro Paesi, proponendo film originali e documentari di interesse storico, politico
e sociale, con particolare attenzione ai problemi e alle speranze dei popoli. Il servizio
di Luca Pellegrini:
Saranno storie
vere dell'Africa, metafore visive dal Medio Oriente, testimonianze tragiche dell'Asia,
denunce urgenti dell'America Latina: una parte di mondo che a diverso titolo si racconta,
si fa conoscere oltre i confini ovvii dell'aneddotica, del giornalismo urlato, del
luogo comune, cercando verità e condivisione, chiedendo ascolto e attenzione. Tutto
attraverso il cinema, la forza dell'immagine, il potere della parola, l'impegno degli
artisti. A Milano, per la ventunesima volta tre continenti si mettono in mostra con
proiezioni di lungometraggi e documentari in anteprima, scoperte di valore, mostre,
laboratori, incontri. Basti ricordare quello di giovedì 24 marzo con Jean-Marie
Lassausse, sacerdote che da dieci anni si occupa del monastero di Tibhirine, in Algeria,
ove nel 1996 avvenne il massacro di sette monaci trappisti, che sarà accompagnato
dalla proiezione del video "L’ultimo sopravvissuto", in cui fratel Jean-Pierre,
unico scampato, ricorda e racconta. Annamaria Gallone con entusiasmo
dirige il Festival: che apre delle finestre su quali realtà?
R. - Si
aprono soprattutto orizzonti sui fermenti che stanno agitando il mondo d’oggi; fermenti
che sono sorti soprattutto nel Mediterraneo, che - come sappiamo - brucia, proprio
durante la preparazione del Festival: già nei film si sente quest’ansia di libertà,
di democrazia e percorre un po’ - devo dire - tutte le sezioni del Festival, questo
bisogno-ricerca di democrazia. E’ l’elemento più forte: tra l’altro abbiamo due film
egiziani che - tutti e due - manifestano questo bisogno, così come anche in altri
film di altri continente: dalla Colombia, per esempio, “Retratos en un mar de mentiras”
ci parla del profondo disagio della Colombia, della delinquenza, delle lotte politiche…
Potrei fare ancora tantissimi esempi, perché sono tutti film che si riferiscono al
territorio, a problemi sociali e politici molto, molto sentiti.
D.
- Raccontare le difficoltà di questi continenti anche da una prospettiva completamente
diversa, quella della commedia, cui dedicate un’apposita sezione...
R.
- Devo dire anzitutto che è un fenomeno abbastanza recente. In tutta la storia dei
21 anni del Festival, abbiamo fatto una retrospettiva sulla commedia: quest’anno abbiamo
voluto allargarla ai tre continenti, perché con l’emergere del digitale, delle serie
televisive, la commedia sta diventando molto forte e molto presente. Si parla di problemi
attuali, con una satira graffiante; quelle che abbiamo scelto non sono mai commedie
fine a se stesse, perché anche se si ride emergono problemi esistenti. C’è satira,
ma una satira che ha ben presente - anche quando sembra demenziale - un soggetto importante.
(mg)