Crocifisso-Ue, una sentenza che fa storia: così la Santa Sede sulla decisione della
Corte Europea
Soddisfazione della Santa Sede e di tanti esponenti del mondo politico e civile per
la sentenza con la quale la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo
ha assolto ieri l’Italia per la questione del crocifisso nelle aule scolastiche. 15
voti favorevoli e due contrari. La sentenza di ieri è il risultato dell’appello fatto
dall’Italia dopo la prima sentenza del 2009 che dava sostanzialmente ragione alla
signora Lautsi, che lamentava la presenza del crocifisso nelle aule come incompatibile
con il diritto ad un'educazione conforme alle convinzioni dei genitori non credenti.
Dell’importante pronunciamento che chiude il "caso Lautsi", Fausta Speranza
ha parlato con mons. Aldo Giordano, Osservatore Permanente della Santa Sede
presso il Consiglio d’Europa:
R. - Il fatto
che l’Europa abbia scritto questa pagina e abbia riconosciuto una grande tradizione,
un grande tesoro che viene dal Cristianesimo ci dà fiducia per il futuro. Un’Europa
che non ha più un’identità spaventerebbe in qualche maniera, ci interrogherebbe sulla
possibilità dei rapporti con gli altri continenti, con le altre culture, davanti ai
grandi problemi che l’umanità deve affrontare. Invece, un’Europa consapevole della
propria vocazione, del tesoro che porta avanti nei secoli, è un’Europa che certamente
può dare un grande contributo per la storia attuale, per il mondo.
D.
– In prima istanza, l’Italia era stata accusata di violare un presunto diritto a un’educazione
da non credente, ma la Chiesa in nome del crocifisso difende e si spende per la libertà
religiosa concependo la libertà religiosa come diritto alla trascendenza ma anche
come libertà di non credere… La libertà religiosa è un bene non solo per i credenti,
è così?
R. - Certamente. Proprio il Crocifisso esprime un culmine della
concezione della libertà: cioè, una persona - che per noi credenti è il Figlio di
Dio - che è talmente libera che può decidere di donare la sua vita per ridonare libertà
all’umanità. Quindi, già nel Crocifisso è proprio inscritto il fatto che la libertà
è una libertà per tutti: Gesù Cristo dà la vita per tutti, non solo per qualcuno.
Credo che sia molto importante, a questo punto, dire che la libertà è dentro il Cristianesimo:
il Cristianesimo è una religione di libertà e quando sosteniamo la libertà religiosa
significa proprio sostenere che l’essere umano stesso ha questa libertà che è inscritta
nella sua dignità e che appartiene a tutti.
D. - La Grande Camera della
Corte di Strasburgo ha negato che ci fossero violazioni di diritti umani da parte
dell’Italia e poi ha anche ribadito alcuni punti importanti. Ce ne parla?
R.
- La Corte ha affermato, appunto, che la presenza del Crocifisso non viola in nessun
punto la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare non viola l’articolo
2 del protocollo 1 alla Convenzione, che è l’articolo che parla del diritto all’istruzione
nel rispetto delle convinzioni dei genitori. La sentenza sottolinea questi aspetti:
innanzitutto il diritto dei genitori nel campo dell’educazione e dell’insegnamento
per i loro figli. L’obbligo che lo Stato rispetti i genitori vale per il contenuto
e il metodo dell’istruzione ma comprende anche l’allestimento degli ambienti scolastici
e quindi riguarda anche gli oggetti che si vogliono mettere negli ambienti scolastici.
Un secondo punto: la Corte ha affermato che non si può dimostrare che la presenza
del Crocifisso abbia un’influenza problematica sugli alunni e che non basta una sensazione
di tipo personale, individuale, per giustificare che il Crocifisso avrebbe un influsso
deleterio. Inoltre, nella sentenza è affermato che gli Stati hanno diritto alle loro
tradizioni. In particolare, la Corte ha detto che gli Stati hanno discrezionalità,
un margine di apprezzamento nel campo dell’educazione, dell’insegnamento. E ancora
una volta si dice che i genitori hanno il diritto di garantire l’educazione e l’insegnamento
secondo le proprie convinzioni religiose. Inoltre, ha constatato che, di fatto, la
presenza del Crocifisso in Italia non significa per nulla che ci sia un insegnamento
che vorrebbe indottrinare o un insegnamento che non rispetti il pluralismo.
D.
– Mons. Giordano, grazie a questa vicenda abbiamo tutti riflettuto sul Crocifisso,
un simbolo presente nelle aule, nelle stanze pubbliche, però a volte anche ignorato.
E’ stata un’occasione persino preziosa di riflessione per tutti…
R.
- Personalmente ritengo che questo elemento sia l’aspetto più prezioso di questo evento.
Oggi c’è una grande riscoperta della dimensione religiosa. La religione è ritornata
sulla scena pubblica, nei dibattiti politici, presso le istituzioni europee. Quasi
non passa giorno in cui non si tratti oggi di religione e questo non era così pochi
anni fa. Quindi, nel momento in cui si riscopre la religione come costitutiva delle
culture, degli atteggiamenti politici e sociali, è interessante approfondire questa
dimensione. La riflessione riguardo il Crocifisso ci ha aiutato a dare un volto e
un contenuto alla dimensione religiosa.
D. - Un’ultima riflessione.
Gesù ha insegnato: "Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di
Dio". Forse è l’insegnamento più laico che si possa avere ma c’è confusione tra laicità
e laicismo. La laicità è preziosa anche per la Chiesa: la Chiesa difende la laicità.
Un’altra cosa è il laicismo, che si distingue perché vorrebbe essere negazione di
ogni religiosità. Ci aiuta a chiarire questo concetto?
R. - La vera
laicità trova le sue radici proprio nella tradizione cristiana; distinguere tra Dio
e Cesare non significa né separare, né tantomeno opporre. La distinzione è potere
collaborare, la distinzione è poter dire che ogni ambito interviene nella costruzione
sociale e nella costruzione storica secondo le proprie regole, secondo la propria
vocazione, secondo le proprie strutture. E, quindi, si tratta di distinguere anche
per evitare un potere reciproco, interferenze reciproche, ma per collaborare. L’ambito
religioso e l’ambito pubblico hanno un bene, un soggetto in comune per cui lavorare:
questo soggetto è la persona umana. (bf)
E sulla importante sentenza della
Corte di Strasburgo, ecco la riflessione di padre Federico Lombardi, direttore
della Sala Stampa della Santa Sede:
La sentenza
della Corte Europea dei diritti dell’uomo sull’esposizione obbligatoria del crocifisso
nelle aule delle scuole pubbliche italiane è accolta con soddisfazione da parte della
Santa Sede.
Si tratta infatti di una sentenza assai impegnativa e che
fa storia, come dimostra il risultato a cui è pervenuta la “Grande Chambre” al termine
di un esame approfondito della questione. La “Grande Chambre” ha infatti capovolto
sotto tutti i profili una sentenza di primo grado, adottata all’unanimità da una Camera
della Corte, che aveva suscitato non solo il ricorso dello Stato italiano convenuto,
ma anche l’appoggio ad esso di numerosi altri Stati europei, in misura finora mai
avvenuta, e l’adesione di non poche organizzazioni non governative, espressione di
un vasto sentire delle popolazioni.
Si riconosce dunque, ad un livello
giuridico autorevolissimo ed internazionale, che la cultura dei diritti dell’uomo
non deve essere posta in contraddizione con i fondamenti religiosi della civiltà europea,
a cui il cristianesimo ha dato un contributo essenziale. Si riconosce inoltre che,
secondo il principio di sussidiarietà, è doveroso garantire ad ogni Paese un margine
di apprezzamento quanto al valore dei simboli religiosi nella propria storia culturale
e identità nazionale e quanto al luogo della loro esposizione (come è stato del resto
ribadito in questi giorni anche da sentenze di Corti supreme di alcuni Paesi europei).
In caso contrario, in nome della libertà religiosa si tenderebbe paradossalmente,
invece, a limitare o persino a negare questa libertà, finendo per escluderne dallo
spazio pubblico ogni espressione. E così facendo si violerebbe la libertà stessa,
oscurando le specifiche e legittime identità. La Corte dice quindi che l’esposizione
del crocifisso non è indottrinamento, ma espressione dell’identità culturale e religiosa
dei Paesi di tradizione cristiana.
La nuova sentenza della “Grande Chambre”
è benvenuta anche perché contribuisce efficacemente a ristabilire la fiducia nella
Corte Europea dei diritti dell’uomo da parte di una gran parte degli europei, convinti
e consapevoli del ruolo determinante dei valori cristiani nella loro propria storia,
ma anche nella costruzione unitaria europea e nella sua cultura di diritto e di libertà.