2011-03-18 15:07:31

Proteste nel mondo arabo. La polizia yemenita spara sui manifestanti: oltre 30 morti


É di almeno 32 morti e centinaia di feriti il bilancio della sparatoria avvenuta oggi nella centralissima piazza del Cambiamento a Sanaa, capitale dello Yemen. La polizia yemenita ha aperto il fuoco contro i manifestanti scesi in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh, al potere da 32 anni. Il sit-in va avanti da settimane: sono circa 300 i manifestanti e gli agenti di polizia rimasti feriti durante le proteste.

Bahrein
Continua la protesta antigovernativa in Bahrein dove, oggi, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Diraz, nel nord-est, nonostante i divieti imposti dal regime e anche a Manama il funerale di un attivista morto nei giorni scorsi è stato occasione di scontri. A dare man forte all’esecutivo, intanto, sono arrivate anche truppe provenienti dal Qatar, mentre Iran e Siria, riunite in un vertice a Teheran, esortano le autorità del Bahrein a intraprendere la via del dialogo.

Arabia Saudita
Centinaia di sciiti sauditi sono tornati in piazza, ieri sera, in solidarietà con le manifestazioni nel Bahrein che da un mese stanno protestando contro il governo sunnita dei Khalifa, alleato della casata sunnita dei Saud. La folla è stata poi dispersa dalle forze dell’ordine tramite l’utilizzo di lacrimogeni. Intanto oggi il re Abdullah, in una rara apparizione televisiva, si è rivolto alla nazione avvertendo che le forze di sicurezza colpiranno ogni sedizione e promettendo un pacchetto di aiuti per i cittadini.

Siria
È stata dispersa dalla polizia, oggi, una manifestazione a Damasco indetta contro il regime baatista al potere da quasi 50 anni. I manifestanti si erano riuniti nei pressi della Grande moschea degli Omayydadi.

Tunisia
La rivoluzione tunisina è stata “un evento storico” e “un esempio da seguire”. Così ieri il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, durante l’incontro a Tunisi con il presidente della Repubblica ad interim, Foued Mebazaa. Nel Paese, intanto, è stata abolita la festa nazionale del 7 novembre, istituita per celebrare la salita al potere dell’ex presidente, Ben Alì.

Algeria
Proteste ieri in Algeria, dove la gente è scesa in piazza nella città petrolifera di Hassi Messaoud per manifestare contro un ufficio di collocamento accusato di corruzione. La violenta repressione dei gendarmi ha causato una quindicina di feriti.

Costa D’Avorio
Resta alta la tensione in Costa d’Avorio, dove alcune zone della vasta area di Abidjan, roccaforte di Ouattara, riconosciuto a livello internazionale come il vero vincitore delle ultime elezioni, sono finite sotto il tiro dell'artiglieria pesante dell'esercito ancora fedele al presidente uscente Gbagbo. E mentre sale a 410 il numero delle vittime degli scontri tra le fazioni politiche, la Commissione europea ha aumentato da 5 a 30 milioni di Euro l'aiuto destinato alla popolazione. Secondo le ultime stime, sono circa 380 mila le persone che hanno dovuto abbandonare le loro case a causa delle violenze. Il servizio di Giulio Albanese:RealAudioMP3

Se due giorni fa Ouattara aveva manifestato la disponibilità a formare un governo di unità nazionale con Gbagbo, ieri ha fatto decisamente marcia indietro, riconoscendo gli ex ribelli delle forze nuove come il vero esercito ivoriano e dunque delegittimando i militari fedeli al suo avversario, che non vuole saperne di lasciare il potere. A questo punto, considerando gli effetti della crisi per l’ordine pubblico, la coesione sociale e la governabilità del Paese, è necessario non perdere tempo, anche perché la paralisi è pressochè totale. Al momento, è difficile avere un quadro della situazione sul campo, anche perché si combatte in varie zone della vasta area metropolitana di Abidjan, per non parlare degli scontri che si segnalano sul versante occidentale del Paese. E le divisioni non sono solo tra Gbagbo e Ouattara, ma anche interne, sia all’Unione africana che alle Nazioni Unite. Pechino in particolare, ha interessi commerciali importanti in Costa D’Avorio, e vorrebbe mantenere una posizione quanto meno di neutralità per evitare ripercussioni sugli affari legati al petrolio e al cacao, di cui è produttore la Costa d’Avorio.

Pakistan
É salito a 44 morti il bilancio delle vittime di civili del raid del drone americano avvenuto ieri nel Waziristan del Nord, in Pakistan. Il governo ha duramente condannato l’attacco e ha chiesto agli Stati Uniti una spiegazione sul grave incidente. Sempre oggi in Pakistan, almeno 5 militanti islamici sono stati uccisi nella valle di Swat in scontri con l'esercito. Altri 4 agenti paramilitari sono stati invece feriti nell'esplosione di un ordigno improvvisato led nel distretto di Khyber, vicino al confine afghano.

Immigrazione: nuovi sbarchi di immigrati a Lampedusa
Dopo una tregua durata poco meno di 48 ore sono ripresi gli sbarchi di immigrati sull’isola di Lampedusa. Sono tre le imbarcazioni arrivate sull’isola, tra la scorsa notte e questa mattina, l’ultima intorno alle 11 e 30. Oltre 100 gli immigrati nordafricani soccorsi dalla Guardia di Finanza, che si vanno ad aggiungere ai 2mila e 800 immigrati sbarcati a Lampedusa nei giorni scorsi. Intanto, un'altra motovedetta della Capitaneria di porto sta assistendo un barcone a 25 miglia dall'isola.

Italia
Manifestazioni in tutta Italia, ieri, per celebrare la Festa dei 150 anni dell’unità nazionale. Dopo l’omaggio all’Altare della Patria, il momento più importante nel pomeriggio, in Aula a Montecitorio, con il discorso solenne, davanti alle Camere riunite, del capo dello Stato Giorgio Napolitano. Ce ne parla Giampiero Guadagni:RealAudioMP3

“L’Italia è una sola”: è stato un appello all’orgoglio e alla fiducia quello inviato dal capo dello Stato, nel suo discorso a Montecitorio. Per Napolitano potranno essere superate tutte le prove, a condizione che operi nuovamente un forte cemento nazionale unitario. E a tal proposito il presidente della Repubblica ha parlato di federalismo, che potrà garantire maggiore autonomia e responsabilità alle istituzioni regionali e locali, rinnovando e rafforzando le basi dell’unità nazionale. Va poi superato il divario tra nord e sud, che - ha rimarcato ancora Napolitano - è uno dei problemi maggiori ereditati dall’unificazione. In aula la Lega era presente solo con un parlamentare e quattro ministri, fra i quali i quali il leader Umberto Bossi: una diserzione che ha provocato la dura reazione dell’opposizione. Ma il parlamento si è ritrovato unito nell’applauso finale al capo dello Stato, così come un forte applauso ha accompagnato il passaggio in cui Napolitano ha citato Papa Benedetto XVI e ha ricordato che il rapporto con la Chiesa cattolica rappresenta uno dei punti di forza su cui possiamo fare leva per il consolidamento della coesione ed unità nazionale. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 77







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