Messaggio del Papa per l’Unità d’Italia: la Chiesa e i cattolici hanno rafforzato
l’identità nazionale
L’identità nazionale italiana è radicata nella tradizione cattolica: è quanto sottolinea
Benedetto XVI in un messaggio al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
in occasione del 150.mo anniversario dell'Unità d'Italia, che ricorre domani. Il testo
è stato consegnato, stamani, al presidente italiano dal cardinale segretario di Stato,
Tarcisio Bertone, in visita al Quirinale. Nel messaggio, il Papa rammenta che, anche
durante il Risorgimento, i cattolici offrirono un significativo contributo alla costruzione
dell’identità italiana. E indica negli attuali rapporti tra Chiesa e Stato italiano
un esempio di sana laicità. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Un’intensa
e appassionata riflessione sul contributo che il cristianesimo ha dato all’identità
della nazione italiana: è questa la cifra dell’ampio messaggio di Benedetto XVI al
presidente Napolitano per il 150.mo dell’Unità d’Italia. Il Papa ricorda innanzitutto
l’apporto offerto dalla Chiesa alla costruzione dell’identità italiana, fin dal medioevo,
con l’educazione, le attività assistenziali, l’arte e l’esempio di grandi Santi quali
San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena. Del resto, rileva come l’apporto
della Chiesa e dei credenti prosegua anche quando parti della penisola “furono assoggettate
alla sovranità di potenze straniere”. Anzi, sottolinea come, proprio grazie a tale
identità, la nazione italiana “poté continuare a sussistere e ad essere consapevole
di sé”. Per questo, afferma il Papa, l’unità d’Italia realizzatasi nella seconda metà
dell’Ottocento rappresenta il “naturale sbocco politico di una identità nazionale
forte e radicata”.
Il Papa rivolge poi il pensiero al Risorgimento.
Quest’ultimo, riconosce, “è passato come un moto contrario alla Chiesa” e al Cattolicesimo.
Il Pontefice non nega “il ruolo di tradizioni di pensiero” anche marcate da venature
laiciste. E tuttavia, osserva, “non si può sottacere l’apporto di pensiero – e talora
di azione – dei cattolici alla formazione dello Stato unitario”. Benedetto XVI ricorda
tra gli altri le figure di Gioberti, Rosmini, Manzoni e San Giovanni Bosco. Il messaggio
affronta così il delicato tema della “Questione romana” e dei suoi “effetti dilaceranti
nella coscienza individuale e collettiva dei cattolici italiani”, divisi tra gli opposti
sentimenti di fedeltà alla nazione nascente e all’appartenenza ecclesiale. Il documento
annota che, se pure vi fu conflitto tra Stato e Chiesa, in seguito al processo di
unificazione, nessun conflitto si verificò nel corpo sociale, giacché la società italiana
era caratterizzata da una “profonda amicizia tra comunità civile e comunità ecclesiale”.
E ciò perché l’identità nazionale italiana “è fortemente radicata nelle tradizioni
cattoliche”. Del resto, rammenta che in seguito al “non expedit” e dunque all’astensione
dalla vita politica, i cattolici si rivolsero verso una grande assunzione di responsabilità
nel sociale a beneficio di una società coesa e solidale.
Il Papa prosegue
ricordando che la vertenza apertasi tra Stato e Chiesa con la proclamazione di Roma,
capitale d’Italia, è un caso tutto italiano. E che la Santa Sede, “pur reclamando
la più piena libertà e la sovranità che le spetta”, ha “sempre rifiutato la possibilità
di una soluzione della ‘Questione romana’, attraverso imposizioni dall’esterno”. Nota,
dunque, come con la firma dei Patti Lateranensi, si apre per il papato una nuova e
più feconda stagione di ministero universale. E non manca di rammentare l’apporto
fondamentale dei cattolici all’elaborazione della nuova Costituzione repubblicana
del 1947. Da lì, soggiunge, prende avvio “un impegno molto significativo dei cattolici
italiani” nella vita politica, economica e sociale che offre “un contributo assai
rilevante alla crescita del Paese”. Benedetto XVI cita così con parole commosse le
“testimonianze di sangue” di Aldo Moro e Vittorio Bachelet, quale simbolo dell’ “assoluta
fedeltà allo Stato e di dedizione al bene comune” da parte dei cattolici italiani.
Guardando all’oggi, il Papa ribadisce il fattivo contributo della Chiesa al bene comune,
in particolare intervenendo a sostegno delle persone più emarginate e alimentando
il corpo sociale di quei valori morali essenziali “per la vita di una società democratica,
giusta, ordinata”. Ancora, il Pontefice constata come l’Accordo di revisione del Concordato
del 1984 abbia contribuito largamente “alla delineazione di quella sana laicità che
denota lo Stato italiano e il suo ordinamento giuridico”. Un laicità che, come evidenzia
il Concilio Vaticano II, esorta la Chiesa e la comunità politica, pur nella distinzione
dei loro ambiti, a collaborare per il bene della società civile.
La
Chiesa, scrive ancora il Papa, “è consapevole non solo del contributo che essa offre
alla società civile per il bene comune, ma anche di ciò che riceve dalla società civile”.
Riconosce infine che la nazione italiana “ha sempre avvertito l’onore, ma al tempo
stesso il singolare privilegio dato dalla situazione peculiare” per cui la Sede del
Successore di Pietro si trova a Roma, in Italia. Conclude, dunque, benedicendo il
popolo italiano e ringraziando lo Stato per la preziosa collaborazione che continua
ad offrire alla Santa Sede.