La riflessione del prof. Cardia sul Messaggio di Benedetto XVI per i 150 anni dell'Unità
d'Italia
Per un commento sul Messaggio del Papa a Napolitano per i 150 anni dell’Unità d’Italia,
Sergio Centofanti ha intervistato il prof. Carlo Cardia, docente di
diritto ecclesiastico all’Università Roma Tre:
R. – A me
è sembrato, nel leggerlo, quasi un affresco di “storia patria” o di storia nazionale.
Infatti, Benedetto XVI si richiama all’essere Nazione dell’Italia, all’essere Nazione
che si è costruito nei secoli. E un aspetto molto bello è che lui richiama i diversi
apporti, culturali, religiosi, di cultura giuridica, di cultura artistica … cioè un
respiro storico molto ampio che dà fondamento alla Nazione che “poi” si fa Stato.
Questo, forse, da parte di un Pontefice è l’aspetto più bello che viene per noi italiani:
nel farci sentire questo sentimento nazionale più profondo, radicato non solo in un
singolo momento storico importante – il Risorgimento – al quale il Papa dedica parole
molto belle, ma anche di una Nazione che è il frutto di una coralità di voci, di esperienze
e di sentimenti.
D. – Il Papa ha sottolineato come il cristianesimo
abbia contribuito in modo fondamentale alla formazione di una identità nazionale …
R.
– Il cristianesimo ha contribuito all’identità nazionale e io direi anche alla polifonia
di questa identità. Il cristianesimo ha posto quelle radici di civiltà che conosciamo
tutti e che, diciamo la verità, non riguardano solo l’Italia: riguardano l’Europa,
l’Occidente e tante altre parti del mondo. Però, per l’Italia vi è stata questa identità
che si è mantenuta solida nel tempo, nei secoli e questo è un elemento caratteristico
nostro. E’ passato il Medio Evo, è passato il Rinascimento, è passato l’Ottocento,
sempre animati da un cristianesimo che ha vissuto anche dei conflitti: questo bisogna
dirlo con franchezza, ma la storia è anche conflitto. Quindi, ha ricordato questo
aspetto del cristianesimo che ha animato e che anima la polifonia della Nazione italiana.
D.
– Ci sono state parole interessanti sul Risorgimento …
R. – Ci sono
state parole interessanti sul Risorgimento, sa da quale punto di vista? Della piena
legittimità della Nazione italiana a farsi Stato. E il Papa ha ricordato che il dissenso
di Pio IX non riguardava lo Stato che si faceva unitario in sé, ma le modalità, anche
per motivi storici: più di mille anni, millecinquecento anni di presenza del Papato
creavano momenti di conflitto. La classe dirigente liberale, in alcuni aspetti, è
stata aspra. Però, ecco, tutto questo non portava a negare lo Stato unitario in sé,
ma il modo in cui non si erano risolti determinati problemi.
D. – E
ha ricordato il contributo degli stessi cattolici al Risorgimento …
R.
– Guardi, il Risorgimento ha avuto due anime: quella liberale e quella – come si chiamava
– “neoguelfa”, ovvero quella cattolica. Da lì sono partiti poi altri filoni: quello
mazziniano, quello repubblicano, quello liberale-radicale. Ma quello cattolico non
è mai venuto meno! Poi si è espresso – come ricorda il Papa – anche a livello delle
più grandi personalità del mondo artistico e culturale. L’Italia è indissociabile
dalla sua cultura!
D. – C’è stato poi un riferimento anche alla partecipazione
dei cattolici all’elaborazione della Costituzione repubblicana del 1947 …
R.
– Qui il discorso è anche più ampio, perché il Papa dice che anche nel conflitto risorgimentale
dell’Ottocento, i cattolici non hanno mai smesso di agire per l’unità, per la coesione
sociale. Lui ricorda, ad un certo punto, che le più grandi organizzazioni a livello
associativo – le prime! – sono state quelle cattoliche, anche se in quel momento in
uno spirito di polemica. Dopo, questo potenziale cattolico si è espresso al massimo
livello nel mantenimento dell’autonomia nei confronti del regime e poi nella Costituzione
e nella direzione dello Stato democratico.
D. – Che dire dei rapporti
odierni tra Stato e Chiesa?
R. – Noi siamo un Paese che abbiamo mille
qualità, ma qualche difettuccio ce l’abbiamo … Fra questi difettucci io metterei quello
di tenere alta una polemica che non ha più ragione storica essenziale. Oggi si parla
di attriti tra Stato e Chiesa, tra cultura cattolica e cultura laica … Se noi scremiamo
gli aspetti polemici che ci sono un po’ connaturati, noi vediamo che non c’è stata
– forse – fase storica in cui le relazioni istituzionali, giuridiche e sociali tra
Stato e Chiesa sono forse al massimo livello. Non c’è forse Paese in cui esista questa
armonia, che fra l’altro si esprime anche in un rapporto molto bello tra il presidente
della Repubblica e il Pontefice: un rapporto molto stretto, che si è manifestato in
tanti modi; non ultimo l’invio di questo messaggio del Papa per i 150 anni dell’Unità,
che io penso possa fare piacere un po’ a tutti … (gf)