Libia: partiti altri 50 rifugiati africani, ma per la Chiesa "occorre fare di più”
“Sono partite altre 50 persone tra eritrei ed etiopici, grazie alla generosità dell’Italia.
Ma siamo immersi in una sfida apparentemente infinita, perché partite cinquanta persone
se ne presentano altre duemila. Ieri avevamo la chiesa invasa dai rifugiati africani
che sperano di trovare un posto su un aereo o su una nave per lasciare il Paese” dice
all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli,
in Libia. “Il mio più grande desiderio - continua Mons. Martinelli - è che si trovi
il modo di imbarcare tutte queste persone su una nave diretta verso un Paese che decida
di accoglierli. Non è giusto farli partire a piccoli gruppi e lasciare la gran parte
di loro in un’attesa spasmodica, perché sono soprattutto donne e bambini. Ieri sono
rimasti a terra un gruppo numeroso di donne e bambini, alcuni di pochi mesi. Purtroppo
non tutti avevano i documenti in regola e quindi sono stati lasciati a terra. Rinnovo
l’appello perché queste persone possano essere accolte al più presto da qualche Paese”.
“Noi come Chiesa possiamo fare da tramite, ma le nostre forze sono molto ridotte.
Aiutiamo queste persone a pagare l’affitto delle case e a comprarsi da mangiare, grazie
all’aiuto di alcuni benefattori e della Caritas italiana. Il problema è che i generi
alimentari iniziano a scarseggiare sul mercato” afferma il vicario apostolico di Tripoli.
Per quel che concerne la comunità cattolica mons. Martinelli loda “le circa 2mila
infermiere filippine che sono rimaste. Le loro famiglie, mariti e figli, sono partite,
ma loro, donne e ragazze, sono rimaste, dimostrando così un alto senso di professionalità
e di coscienza umana, perché altrimenti senza di loro gli ospedali sarebbero sguarniti
di qualsiasi assistenza medica”. Inoltre “vi sono ancora diversi africani. Il mercoledì
delle Ceneri la chiesa era piena – racconta mons. Martinelli -, i fedeli vengono perché
trovano coraggio nella preghiera”. “Torno a ripetere che la pace è ancora possibile
e che la due parti possono riconciliarsi – conclude il vicario apostolico -. Ci vorrebbe
l’intervento di un’alta autorità morale araba o africana, del livello di Nelson Mandela
per intenderci, per avvicinare le due parti. Forse anche qualche autorità ecclesiastica
del mondo arabo potrebbe tentare una mediazione. Lo stesso popolo libico non vuole
la guerra. La Libia deve ritrovare l’unità. Vi sono diverse persone originarie di
Bengasi che vivono a Tripoli, non penso che sia possibile separare il Paese”. (R.P.)