Libia: le truppe di Gheddafi avanzano verso Bengasi
Se i governi occidentali ''si comporteranno come in Iraq, ci alleiamo con al Qaeda
e dichiariamo la guerra santa''. È la minaccia di Gheddafi contenuta in un’intervista
pubblicata su Il Giornale. Le truppe governative oggi hanno intanto riconquistato
la città di Adjabiya, estrema difesa dei ribelli prima della loro roccaforte, Bengasi.
Si contano due morti e almeno 3 feriti. E in serata un gruppo armato ha attaccato
il quartier generale del consiglio transitorio libico nella stessa Bengasi, uccidendo
alcuni sui membri e mettendone in fuga altri: lo ha detto all'ANSA una fonte ufficiale
del governo libico, precisando che "altre sollevazioni popolari pro-Gheddafi sono
scoppiate a Tobruk. Il servizio di Debora Donnini.
Dunque,
davanti all’empasse della comunità internazionale Gheddafi usa la minaccia terroristica.
È un avvertimento da prendere sul serio o siamo al colpo di coda del regime? Federico
Piana lo ha chiesto a Adname Mokrani, teologo musulmano e docente di islamistica
all’Università Gregoriana:
R. - Lui è ben
armato; ha gli aerei e quindi uno strumento tecnicamente molto efficace, ma questo
non significa, però, che si possa tornare indietro. E’ molto difficile tornare indietro:
è solo una questione di tempo; è una morte lenta per il regime. L’unificazione della
Libia, dopo questa guerra, è assai difficile. Vedo una fine, ma una fine drammatica
e sanguinosa.
D. - Gheddafi ha lanciato le sue minacce all'occidente: “Io
mi alleo con al Qaeda, perché è quella che poi vincerà se cado io...”. Questa è propaganda
o no?
R. - Gheddafi ed anche suo figlio Saif al-Islam ne hanno dette di tutti
i colori: hanno detto che "questo è un popolo drogato; questi sono di al Qaeda, questi
sono pagati dall’estero; sono traditori e delinquenti". Sono state usate parole di
offesa e di disprezzo del loro popolo. Dunque non sono discorsi credibili. In questo
vedo una mera propaganda. Non è da oggi, perché Gheddafi è abituato a parlare in questa
maniera.
D. - Però non c’è il rischio che, col vuoto di potere, prenda in mano
la situazione una sorta di estremismo islamico oppure altre situazioni di questo tipo
legate ad al Qaeda?
R. - No. Non vedo seriamente questo rischio. I dittatori,
per lunghi anni, hanno cercato di presentarsi come quelli che difendono l’Occidente
contro la minaccia terroristica ed islamistica, mentre essi stessi sono le vere cause
dell’estremismo. La dittatura produce questo e spesso l’estremismo serve alla dittatura
per presentarsi come l’unica garante della stabilità. (mg)