Le truppe di Gheddafi avanzano verso Bengasi. Il G8 esclude l’intervento militare
Se i governi occidentali ''si comporteranno come in Iraq, ci alleiamo con al Qaeda
e dichiariamo la guerra santa''. È quanto minacciato da Gheddafi in un’intervista
pubblicata oggi sul quotidiano italiano Il Giornale. Il monito del colonnello accompagna
l’avanzata in Libia delle truppe governative che hanno riconquistato anche la città
di Zuwarah, ultimo baluardo in Tripolitania dei ribelli. Intanto il G8 riunitosi a
Parigi allontana l'opzione militare sulla Libia, rinviando la discussione al Consiglio
di sicurezza dell'Onu. Il servizio di Marco Guerra:
Gheddafi
evoca il fantasma di una santa alleanza con al Qaeda qualora l’occidente decidesse
per un intervento militare in stile iracheno. Il leader libico usa anche la carta
del terrorismo internazionale per minacciare il fronte delle potenze occidentali ancora
indecise. Gheddafi afferma poi al giornale di essere “scioccato dall'atteggiamento
degli europei” e di sentirsi “tradito” da Berlusconi. Il colonnello afferma inoltre
che non c'è spazio di dialogo con i ribelli perché ''il popolo'' è dalla sua parte
e “la gente chiede di intervenire” contro le ''bande armate''. Il rais mostra dunque
sicurezza anche alla luce dell’avanzata delle sue truppe in cirenaica. Da ieri la
città di Ajdabiya, ultima roccaforte dei ribelli prima di Bengasi, è attaccata dalle
forze regolari libiche la cui offensiva avanza verso est. Fonti dei ribelli riferiscono
invece di scontri in corso nel centro petrolifero di Brega, che al momento non sarebbe
sotto il controllo di nessuna delle due fazioni. E’ invece completamente tornata nelle
mani delle milizie pro-Gheddafi la Tripolitania. L’esercito è entrato stamani nel
centro della città di Zuara, a pochi chilometri dal confine con la Tunisia. E i raid
dell’aviazione di Tripoli continueranno indisturbati dal momento che nelle conclusioni
del G8 dei ministri degli esteri a Parigi è stato eliminato ogni riferimento all'ipotesi
di no fly zone. Russia e Germania hanno fatto sparire qualsiasi accenno alla questione
nel documento conclusivo del vertice. Nel testo si ribadisce il sostegno della comunità
internazionale per le ''legittime aspirazioni'' del popolo libico su diritti fondamentali,
e si invita il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ad aumentare le pressioni su Gheddafi,
affinché lasci il potere. Ma da Parigi non è emerso niente di più per provare a bloccare
l'avanzata del rais.
Dunque, davanti all’empasse della comunità internazionale
Gheddafi usa la minaccia terroristica. È un avvertimento da prendere sul serio o
siamo al colpo di coda del regime? Federico Piana lo ha chiesto a Adname
Mokrani, teologo musulmano e docente di islamistica all’Università Gregoriana:
R. - Lui
è ben armato; ha gli aerei e quindi uno strumento tecnicamente molto efficace, ma
questo non significa, però, che si possa tornare indietro. E’ molto difficile tornare
indietro: è solo una questione di tempo; è una morte lenta per il regime. L’unificazione
della Libia, dopo questa guerra, è assai difficile. Vedo una fine, ma una fine drammatica
e sanguinosa.
D. - Gheddafi ha lanciato le sue minacce all'occidente:
“Io mi alleo con al Qaeda, perché è quella che poi vincerà se cado io...”. Questa
è propaganda o no?
R. - Gheddafi ed anche suo figlio Saif al-Islam ne
hanno dette di tutti i colori: hanno detto che "questo è un popolo drogato; questi
sono di al Qaeda, questi sono pagati dall’estero; sono traditori e delinquenti". Sono
state usate parole di offesa e di disprezzo del loro popolo. Dunque non sono discorsi
credibili. In questo vedo una mera propaganda. Non è da oggi, perché Gheddafi è abituato
a parlare in questa maniera.
D. - Però non c’è il rischio che, col vuoto
di potere, prenda in mano la situazione una sorta di estremismo islamico oppure altre
situazioni di questo tipo legate ad al Qaeda?
R. - No. Non vedo seriamente
questo rischio. I dittatori, per lunghi anni, hanno cercato di presentarsi come quelli
che difendono l’Occidente contro la minaccia terroristica ed islamistica, mentre essi
stessi sono le vere cause dell’estremismo. La dittatura produce questo e spesso l’estremismo
serve alla dittatura per presentarsi come l’unica garante della stabilità. (mg)