Giappone: più grave l'allarme nucleare. Terza esplosione nell'impianto di Fukushima
Dal Giappone continuano ad arrivare allarmanti notizie sull’emergenza nucleare. Il
primo ministro Naoto Kan ha reso noto che “il livello radioattivo è notevolmente aumentato”
e non è scongiurato il rischio di fusione del nocciolo nell'impianto di Fukushima,
dove si è verificata una terza esplosione. L’Agenzia internazionale per l’energia
atomica (Aiea) ha aggiunto che l’incendio in un reattore della centrale, danneggiata
dal terremoto, ha provocato una fuoriuscita di materiale fissile ed un livello di
radioattività 10 volte “superiore al normale” è stato registrato anche a Tokyo. Quanto
sta avvenendo in Giappone ha riaperto il dibattito sul nucleare anche in Europa. Stefano
Leszczynski ha intervistato Matteo Mascia, coordinatore del progetto Etica
e Politica ambientale della Fondazione Lanza di Padova:
R. – Incidenti
di questo tipo inevitabilmente pongono un problema di riflessione, per capire se questa
tecnologia – così come oggi la conosciamo – rappresenta sicuramente una fonte, per
quanto pulita, effettiva e capace di risolvere i problemi energetici, o più che altro
– invece – non li risolve, per lo più mette a rischio la sicurezza della gente.
D.
– Una delle questioni che si sollevano anche in Giappone è – effettivamente – quanto
conosciamo il nucleare. Addirittura, si ha la sensazione che non tutta la verità venga
svelata, che qualcosa venga tenuto nascosto …
R. – In generale, siamo
di fronte a situazioni di questo tipo che sembrano porre resistenza ad offrire il
maggior numero di informazioni possibili, perché c’è la paura del panico che possa
prendere la popolazione locale e quelle che vivono intorno all’area in questione.
E qui, potrebbe essere in qualche modo comprensibile. Il problema di fondo è che però
molto spesso l’informazione è necessaria perché in democrazia le informazioni vanno
comunque comunicate il più velocemente e il più chiaramente possibile. Bisogna però
capire forse anche quanto si abbia conoscenza di quanto stia effettivamente avvenendo,
quanto anche i tecnici dentro la centrale conoscano e riescano a percepire il processo
che in questo momento sta avvenendo oppure rispondano a situazioni a loro volta emotive,
perché, per fortuna, non abbiamo avuto grandi incidenti, tolto Chernobyl e tolto Three
Mile Island in America; per cui queste sono situazioni che si presentano per la prima
volta e quindi c’è la difficoltà di capirne e prevederne anche le conseguenze.
D.
– Secondo lei, c’è bisogno di un ripensamento a livello internazionale del ruolo delle
agenzie? Le agenzie internazionali, insomma, con una maggiore capacità di ingerenza
e di intervento preventivo?
R. – Sì! Bisognerebbe, per esempio, che
venisse rispettata maggiormente la Convenzione di Basilea, che riguarda proprio gli
incidenti nucleari, che è stata sottoscritta alla fine degli anni Ottanta, nel 1989,
a seguito dell’incidente di Chernobyl e che prevede una serie di obblighi per gli
Stati per quanto riguarda la comunicazione dell’informazione in tempi molto stretti.
Non dimentichiamo però che il Giappone è un punto di riferimento, un esempio per tutti
i Paesi del mondo per quanto riguarda l’efficienza, l’attenzione alla modalità costruttiva,
alla modalità della verifica e del monitoraggio. E siamo di fronte ad un evento che
era imprevedibile e impensabile fino a quando tutto questo non è avvenuto. (gf)
In
questo contesto la Borsa di Tokyo ha subito un vero e proprio crollo con un -10.55.
In forte ribasso anche le borse europee e, in apertura, Wall Street. Ma quali effetti
può avere la tragedia che ha colpito il Giappone sull’economia mondiale. Luca Collodi
lo ha chiesto al prof. Giovanni Palmerio, docente di Economia politica alla
Lumsa di Roma:
R. - Io penso
che noi dovremmo distinguere il fenomeno finanziario dal fenomeno reale. La tragedia
per i giapponesi è rappresentata dal terremoto, dallo tsunami e dalle conseguenze
che si sono verificate sulle strutture nucleari. Secondo me non è un problema tanto
grave il fatto che le Borse stiano scendendo e quella di Tokyo in particolare sia
crollata. Le Borse reagiscono spesso, anzi quasi sempre, in modo emotivo e in alcuni
casi in modo addirittura isterico. Ora quelle persone che possiedono, ad esempio,
le azioni il cui prezzo è sceso, farebbero bene a non venderle, perché tra un po’
risaliranno. Il vero problema è questo: oltre alle perdite umane terribili, ci sono
delle gravi perdite nella struttura produttiva del sistema giapponese. Però da un
lato lo Stato potrà aiutare queste aziende per la costruzione e quindi per tante imprese
si aprono delle prospettiva di ricostruzione. Se sapranno gestire e se daranno le
strutture per gestire bene questa situazione, non temerei contraccolpi duraturi negativi
sull’economia giapponese: in un primo tempo, certo che sì, ma certamente non nel tempo
medio e lungo.
D. - Prof. Palmerio, però, dobbiamo anche dire che questa
crisi si aggiunge a crisi, perché la situazione del Giappone, ma anche dell’Europa,
non era positiva…
R. - Piove sul bagnato, perché c’era già una crisi
finanziaria che è poi diventata economica. Se noi guardiamo ai dati strutturali, non
vedo la situazione così negativa. La vedo negativa per quei Paesi che sono fortemente
indebitati: il Portogallo e la Grecia hanno dei problemi sicuramente. (mg)