2011-03-14 15:19:31

Tra notizie di offensive e contro offensive, le truppe di Gheddafi avanzano contro Bengasi


In Libia, continuano in modo cruento i combattimenti tra insorti ed esercito fedele a Gheddafi. I militari di Tripoli stanno riconquistando posizioni importanti, come la città di Brega, ed ora puntano a riprendere Bengasi. Intanto, la diplomazia internazionale prosegue le consultazioni sulla crisi libica, per giungere ad un cessate-il-fuoco immediato o all’imposizione di una “no fly zone” sul Paese nord africano. Ma quali conseguenze avrebbe, a livello interno ed internazionale, una ripresa del controllo totale della Libia da parte di Gheddafi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Enrico Casale, della rivista dei Gesuiti “Popoli”:RealAudioMP3

R. - Credo che alla ripresa, soprattutto della Cirenaica, seguirebbe subito una durissima repressione da parte di Gheddafi, che non tarderebbe a regolare i conti con gli oppositori. Dal punto di vista internazionale, la politica di Gheddafi, che negli ultimi anni si era indirizzata soprattutto verso l’Europa e in particolare verso l’Italia, potrebbe spostare il suo asse verso Oriente. Gheddafi ha già annunciato che, nel caso dovesse riprendere il controllo dell’intero Paese, i contratti commerciali legati soprattutto al petrolio, al gas, verrebbero rescissi con l’Italia e verrebbero affidati a società russe o a società cinesi. I contratti principali sono con l’Italia, con l’Irlanda e con altri Paesi europei. Questo dal punto di vista commerciale. Poi c’è tutta la partita dell’immigrazione: Gheddafi ha già annunciato che qualora dovesse riprendere il controllo non rispetterebbe gli accordi per il contenimento dell’immigrazione africana che ha siglato nel 2008 con l’Italia.

D. - Alla luce del fatto che da questi rivolgimenti potrebbe derivare una divisione della Libia attuale in Tripolitania e Cirenaica, la decisione di alcuni Paesi europei di riconoscere immediatamente il governo degli insorti, risulterebbe lungimirante?

R. - Se guardiamo in modo cinico dal punto di vista economico, potrebbe essere lungimirante soprattutto se questo Stato della Cirenaica controllasse i pozzi petroliferi e i giacimenti di gas naturale. In questo caso, potrebbe essere conveniente, però non è detto che questa Cirenaica autonoma riesca a prendere il controllo su questi giacimenti.

D. - In questa situazione è opportuno che rimanga in una fase di stallo la decisione di intervento militare o la creazione di una “no fly zone” sulla Libia?

R. - Probabilmente sarebbe opportuna una “no fly zone” in modo tale da tarpare le ali all’aviazione libica, che è l’elemento tattico-strategico in più, che l’esercito di Gheddafi ha nei confronti delle altre milizie. Tutto sta a vedere se effettivamente può essere instaurata questa “no fly zone”, perché non è detto che nel Consiglio di Sicurezza la Cina e la Russia, che hanno il diritto di veto, votino a favore di questo provvedimento o comunque magari votano a favore, ma ponendo tanti e tali limiti, che di fatto risulta inapplicata. (ma)

Barroso in Italia: parla di crisi libica, emergenza Giappone e economia
Per affrontare la crisi libica “è molto importante che sia chiaro che noi non invieremo le truppe contro le persone”. Lo ha dichiarato il presidente della Commissione europea, Barroso, che all'inaugurazione dell'anno accademico della Luiss ha ricevuto una Laurea Honoris Causa. L’Ue lavora per valutare tutte le opzioni, ha assicurato. Della tragedia in Giappone, Barroso ha detto che l’Ue è impegnata per limitare le conseguenze da un punto di vista umanitario e sta inviando aiuti. Per quanto riguarda le conseguenze economiche, "non sono buone notizie e c'è molta preoccupazione”. In generale sul fronte economia il presidente della Commissione europea, ha parlato di ripresa fragile e difforme tra i vari Stati membri, di "incertezza" e "di un tasso di disoccupazione troppo alto, per poi spiegare però che sembra si stia arrivando a un livello di stabilizzazione".

Crisi libica al centro del vertice dei ministri degli Esteri del G8
Il tema della crisi libica è al centro del vertice dei ministri degli Esteri del G8 in programma in Francia. Nell’ottica del sostegno all’opposizione libica, oggi a Parigi il segretario di Stato americano Clinton incontrerà un membro del movimento anti regime e il rappresentante di Tripoli all’Onu, che ha abbandonato il colonnello Gheddafi.

In Egitto e Tunisia, in missione la Clinton e la Ashton
Clinton si recherà anche in Egitto e Tunisia per la prima volta dopo le rivolte. E oggi al Cairo c’è l'Alto Rappresentante europeo per la politica estera e la sicurezza, Ashton. Anche in questo caso si tratta della prima missione ufficiale dopo i fatti degli ultimi mesi. In programma: faccia a faccia con esponenti del governo egiziano sulla politica interna e con la Lega Araba che verteranno invece sulla crisi libica.

Un kamikaze uccide 36 persone in Afghanistan
Almeno 36 morti e decine di feriti in un attentato suicida contro un centro di reclutamento dell’esercito locale avvenuto in queste ore a Kunduz, nel nord del Paese. E oggi il presidente americano Obama, incontra a Washington il generale Petraeus, comandante della forza internaizonale in Afghanistan e il segretario generale della Nato in merito alla richiesta del presidente Karzai di porre fine alle operazioni Isaf nel Paese per le continue morti di civili.

Attentato anche in Iraq: a nord est di Baghdad, almeno 9 morti
Una base militare è stata attaccata con un camion imbottito di esplosivo. Il bilancio provvisorio è di nove vittime e molti feriti. E’ successo a Dyala a nord est di Baghdad. Sul posto i soccorritori stanno scavando tra le macerie alla ricerca di altri cadaveri.

La condanna di Abu Mazen per la strage della famiglia di coloni israeliani
Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha espresso in un’intervista alla radio statale israeliana una dura condanna per l’uccisione di cinque israeliani - due genitori e tre dei loro figli, fra cui una bimba di pochi mesi – da parte di uno o più attentatori palestinesi nell'insediamento di Itamar, presso Nablus in Cisgiordania. Intanto, fa discutere la decisione senza precedenti in Israele del ministro per l’Informazione Yuli Edelstein (Likud) che ha ordinato la divulgazione alla stampa delle immagini dei membri della famiglia Fogel. Secondo la stampa l'assenso dei congiunti delle vittime è giunto la scorsa notte, durante un loro incontro con il premier Netanyahu. Edelstein ha affermato che si è voluto spiegare al mondo “la natura del terrorismo” con cui Israele deve cimentarsi. Anche oggi infuria sulla stampa il dibattito sull’opportunità o meno della pubblicazione di quelle immagini.

Ferma reazione in Bahrein delle autorità alle manifestazioni di questi giorni
In Bahrein sono arrivati soldati delle forze armate del Consiglio di Cooperazione del Golfo, organismo creato nel 2009 e composto da Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, ed Oman. L’obiettivo è di aiutare le forze del Bahrein a mantenere l’ordine pubblico dopo le giornate particolarmente violente che hanno scosso la capitale Manama. Ieri, ci sono state manifestazioni antigovernative represse dalla polizia anche in Yemen e Marocco.

Dedicata una piazza di Tunisi a uno dei primi oppositori a Ben Ali
Fu uno dei primi oppositori del regime di Ben Ali, subendo vessazioni e violenze, sino a morire, trentasettenne, per le loro conseguenze. La Tunisia del “dopo Ben Ali” ha deciso di rendergli omaggio, intitolandogli una delle piazze - quelle su cui s'affaccia la Casa della Cultura e la Galleria d'arte - di Ben Arous che da oggi porta il nome di Zouheir Yahyaoui. Nel corso della cerimonia di intitolazione, Chokri Letaief, membro dell'Organizzazione tunisina di lotta contro la tortura, citato alla Map, ha detto che in questo modo si è voluto rendere omaggio ad una delle figure emblematiche di lotta contro l'apparato politico e mediatico dittatoriale instaurato dall'ex presidente. Nato nel 1967, per la sua opposizione al regime fu arrestato nel giugno del 2002 e ottenne la libertà condizionale nel dicembre dell'anno successivo, solo dopo diversi scioperi della fame. Morì, nel 2005, a 37 anni per un attacco di cuore. Nel 2001 aveva fondato un giornale on line, “TUNeZINE”, nel quale pubblicava articoli molto critici nei confronti del regime di Ben Ali.

Il Parlamento in esilio tibetano discute le dimissioni presentate dal Dalai Lama
Il Parlamento in esilio tibetano ha cominciato oggi una cruciale riunione in cui dovrà esaminare la mozione del Dalai Lama contenente le sue dimissioni e la proposta di trasferimento dell'autorità politica ad un esponente “democraticamente eletto”. Lo riferiscono i media a New Delhi. Anticipata come una ipotesi in novembre, la decisione di dimettersi dal ruolo politico è stata formalizzata dalla Guida spirituale dei tibetani, che ha 75 anni, giovedì scorso. L'esito di questa richiesta è molto incerto perchè sia il premier tibetano in esilio Samdhong Rinpoche sia molti parlamentari si sono detti contrari ad un passo indietro del Dalai Lama. Quella cominciata oggi è l'ultima sessione del 14.mo Parlamento in esilio, che dovrà anche procedere al rinnovo dei suoi organi. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 73







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