Malaysia: cristiani contestano il governo per il blocco di 30 mila Bibbie in lingua
malay
“Sembrerebbe che le autorità stiano portando avanti un programma continuo, surrettizio
e sistematico contro i cristiani in Malaysia, negando loro l’accesso alla Bibbia in
lingua malay”. Questa la dichiarazione della Federazione dei cristiani della Malaysia,
che in un comunicato stampa - riferisce l’agenzia AsiaNews - esprime la disillusione,
l’ira e lo sconforto dei cristiani e parla di un affronto alla libertà religiosa.
È una protesta piuttosto rara, quella portata avanti dall’organizzazione cristiana
della Malaysia, un Paese a maggioranza musulmana. Ma è anche un segnale della crescente
impazienza, fra le minoranze religiose, per la disputa, ormai vecchia di anni, sulla
proibizione da parte del governo di usare la parola “Allah” come traduzione del termine
“Dio” nella Bibbia e nei testi religiosi cristiani in lingua malay. Il presidente
della Federazione, il vescovo Ng Moon Hing, ha dichiarato che le autorità stanno bloccando
30mila copie della Bibbia in Malay in un porto dell’isola del Borneo. Il ministero
dell’Interno non ha reagito alla protesta. In realtà, il problema nasce dalla posizione
del governo, secondo cui l’uso del termine “Allah” in testi non musulmani, potrebbe
confondere i musulmani e addirittura condurli alla conversione al cristianesimo. Quasi
due terzi dei 28 milioni di cittadini sono musulmani malay, mentre il 25% sono cinesi
e l’8% sono indiani. Le minoranze etniche sono in grande maggioranza cristiani, buddisti
e induisti. Nel dicembre 2009, il tribunale ha deciso che i cristiani hanno il diritto
costituzione di usare il termine “Allah”. Questa decisione, ha causato, nel gennaio
2010, tensioni momentanee e l’ira degli estremisti musulmani. Undici chiese erano
state attaccate. Intanto, la Chiesa cattolica ha ristampato un dizionario latino-malese,
vecchio di 400 anni, per dimostrare l’antico uso del termine “Allah” in senso cristiano
nel Paese. (M.I.)