MADAGASCAR: La preoccupazione dei vescovi per la crisi politica
FARAFANGANA, 11 marzo 2011 Timidi passi avanti, in Madagascar, verso una soluzione
della crisi politica scoppiata due anni fa. Ieri, Il primo ministro Camille Vidal
ha presentato le dimissioni ad Andry Rajoelina, che guida l’autorità di transizione
insediatasi dopo il colpo di Stato che, nel 2009, ha esautorato il presidente Marc
Ravalomanana. Si tratta del primo passo per la realizzazione del piano concordato
sotto gli auspici della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) per condurre
il Paese fuori dalla crisi politica. Ma la situazione non è affatto tranquilla e desta
preoccupazione nella Chiesa locale. Come spiega mons. Benjamin Ramaroson, vescovo
di Farafangana, intervistato da “Secours catholique –Caritas Francia”, “il Paese è
ancora in una fase di transizione e più essa si prolunga, più le difficoltà aumentano”.
“I malgasci – spiega il presule – si trovano davanti a molti problemi quotidiani,
come la mancanza di accesso alle cure mediche o al lavoro. Inoltre, il Paese è stato
colpito ultimamente da calamità naturali, come il ciclone Bingiza che a febbraio ha
provocato 34 morti e oltre 200mila feriti”. Una situazione di povertà e violenza che
“genera violenza”, ribadisce mons. Ramaroson, tanto che “assistiamo anche all’indizione
di processi e tribunali popolari non conformi ad uno Stato di diritto”. Il presule,
poi, si sofferma sul taglio degli aiuti deciso dalla comunità internazionale dopo
l’ascesa al potere di Rajoelina: “Sono sanzioni che si ripercuotono gravemente sulla
vita della popolazione malgascia – dice – ed avvelenano la quotidianità. Come sempre,
è la popolazione a pagare. Certo: è vero anche che gli aiuti umanitari si sono quadruplicati
dopo la crisi politica. Ma questa non può essere la soluzione. È necessario che il
Madagascar si stabilizzi”. Quanto all’ipotesi di indire le elezioni entro il 2011,
mons. Ramaroson mostra cautela: “Abbiamo ancora molta strada da fare. Ogni giorno,
ci sono sconvolgimenti nella vita politica del Paese e la ricerca del consenso, dell’unione
nazionale non è ancora conclusa. Sì, è vero, sin dall’inizio noi vescovi abbiamo affermato
che la fine della crisi può passare solo attraverso le elezioni. Ma occorre che esse
siano trasparenti e giuste”. Allo stesso tempo, la Chiesa malgascia ribadisce la necessità
di un Consiglio elettorale nazionale davvero indipendente ed il bisogno di indire
prima le elezioni legislative e solo in un secondo momento quelle presidenziali. Questo
perché nel Paese si contano almeno 300 partiti; la tornata elettorale permetterà allora
di fare maggiore chiarezza tra gli schieramenti. Infine, mons. Ramaroson si sofferma
sul contributo della Chiesa alla soluzione della crisi politica: “È necessaria una
politica al servizio del bene comune e non dell’arricchimento personale. Ed è per
questo che la Chiesa insegna Scienze sociali all’Università cattolica di Antananarivo.
Vogliamo anche rafforzare la presenza delle Commissioni Giustizia e pace nelle diocesi,
in modo da favorire la diffusione della dottrina sociale della Chiesa”. (I.P.)