Il laboratorio Cei sulla cultura sportiva. Intervista con don Mario Lusek
Un laboratorio di pensiero e di ricerca aperto a tutti coloro che sono interessati
a rilanciare un progetto di cultura sportiva. L’iniziativa, promossa dall’Ufficio
Nazionale per la pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport della Cei, si inserisce
nel quadro degli orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 della Chiesa italiana,
con l’obiettivo di formare una nuova generazione di educatori sportivi che “non mettano
Dio in panchina”. Il laboratorio di cultura sportiva, iniziato nei giorni scorsi
presso il Centro San Lorenzo di Roma, vedrà fino al novembre prossimo, con incontri
a cadenza mensile, la partecipazione di una cinquantina di persone, tra dirigenti
sportivi, allenatori, insegnanti, formatori, universitari e seminaristi. Luca Collodi
ne ha parlato con don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio Nazionale per la
Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport:
R. – Abbiamo
pensato a una scuola di pensiero, che metta in rete e in collaborazione diverse realtà
ecclesiali, che si occupano di sport: la Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport,
il nostro ufficio e la cappellania universitaria dell’Istituto di scienze motorie
presso il Foro Italico. E vorremmo dimostrare anche che attraverso questa strategia
di rete è possibile agire poi nei territori locali delle nostre diocesi, delle nostre
Chiese locali, avviando quelle alleanze strategiche che possono, attraverso lo sport,
raggiungere i ragazzi che non solo lo praticano, ma che attraverso lo sport vogliono
crescere come persone e raggiungere anche un equilibrio, una maturità, che guarda
all’intera persona, alla totalità dell’essere.
D. – Lo sport, quindi,
diventa un elemento fondamentale per il progetto culturale dei vescovi italiani, che
riguarda proprio l’educazione...
R. - Esatto. Anche negli orientamenti
vengono indicati i luoghi del tempo libero, dello sport e della vita oratoriale come
luoghi propri per passare e veicolare un progetto educativo. Noi siamo convinti che
lo sport veicoli dei valori di per sé, e a volte i disvalori esterni lo condizionano
e lo inquinano. Con questa scuola di pensiero vorremmo fare emergere i valori positivi,
che possono poi diventare, attraverso la nostra azione, anche orientamenti di evangelizzazione
e catechesi nel mondo dello sport.
D. – Concretamente, di cosa si tratta?
R.
– Il progetto si basa su tre momenti. Il primo, è un itinerario formativo che procederà
mensilmente fino al mese di novembre, attraverso una serie di incontri che prevedono
un momento di riflessione e di Lectio divina, un confronto su alcune tematiche
che sono già in elenco, soprattutto il cristianesimo come motore di sviluppo dello
sport, per vedere come l’esperienza cristiana possa dare allo sport un’anima e un
suo significato, e i passi per entrare in questo mondo dello sport. Terzo momento,
da questa scuola di pensiero dovrebbero nascere degli orientamenti, degli atteggiamenti
che noi vorremmo veicolare attraverso una pubblicazione dallo stampo un po' catechetico
e arrivare poi a disseminare nei territori locali – nelle diocesi e nelle parrocchie
– ciò che è stato intuito e professato all’interno di questo percorso e quindi agire
con il mondo associativo. Le associazioni di ispirazione cristiana nel mondo dello
sport sono molto presenti nei territori – il Csi in modo particolare – e con loro
vorremmo poi attivare una rete di collaborazioni locali. (ap)