2011-03-14 20:21:59

Giappone, rischio fusione alla centrale di Fukushima.Tokyo chiede aiuto agli Usa e all’Aiea. Il Nunzio: la Chiesa in prima linea nei soccorsi


Il Giappone lotta per evitare la catastrofe nucleare dopo i gravissimi danni agli impianti generati dal terremoto e dal successivo tsunami di venerdì scorso. Gli occhi sono puntati sul reattore numero due della centrale di Fukushima per evitare un processo di fusione a seguito del surriscaldamento. Chiesta la collaborazione degli Stati Uniti e dell’Aiea. E di nucleare discuterà domani a Bruxelles l’Unione europea, mentre si è avviata la macchina dei soccorsi per la popolazione: migliaia i morti e i dispersi. Ingenti i danni e le ripercussioni anche economiche. Il servizio è di Gabriella CerasoRealAudioMP3

Dunque cresce la paura sulla situazione delle centrali nucleare giapponesi. Ma cosa esattamente sta succedendo in queste ore nell’impianto di Fukushima in cui potrebbe iniziare una fusione del nucleo? Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Luciano Maiani presidente del CNR RealAudioMP3

E la popolazione giapponese è la prima a seguire con grande apprensione le notizie sull’emergenza nucleare e sul bilancio delle vittime. come racconta al microfonbo di Amedeo Lomonaco il collega e collaboratore della Radio Vaticana, Stefano Vecchia raggiunto telefonicamente a Tokyo RealAudioMP3

R. – E' un Paese certamente intimorito e un Paese che da questa sera è anche sotto una specie di black-out per la necessità di conservare energia. I giapponesi si sono in qualche modo auto-limitati: la stessa capitale Tokyo oggi ha spento i suoi monumenti più famosi. E’ un Paese che teme fortemente la possibilità di una drammatica emissione di radiazioni dalle centrali, in particolare quella di Fukushima due, con sistemi che in questo momento sembrano sfuggire al controllo.

D. – Dunque, resta sempre alto l’allarme nucleare. Quali informazioni arrivano dai media locali?

R. – Le informazioni date dalla televisione sono puntuali e frequenti. Evidentemente, sono informazioni ufficiali che i giapponesi, un po’ per abitudine ma un po’ anche per fiducia nelle autorità, prendono per affidabili. C’è però un forte timore, nel momento in cui le stesse autorità hanno dichiarato che per la centrale numero due di Fukushima, in particolare, un reattore non è controllabile con i sistemi tradizionali. Domani, probabilmente, ci sarà l’ultimo tentativo di alleggerire la pressione e di abbassare la temperatura prelevando acqua marina e inserendola, appunto, nel reattore.

D. – Dunque, è alto l’allarme nucleare e sempre più pesante il bilancio delle vittime; emblematico in questo senso è lo scenario della città di Minamisanriku, ormai deserta e muta…

R. – Questa, in realtà, è una delle città più colpite, ma è una. Il problema è che per un Paese importante, noto proprio per la facilità di comunicazione, in questo momento ci sono molte aree che sono praticamente isolate. Da oggi, le ferrovie giapponesi che da Tokyo vanno verso Nord sono sostanzialmente bloccate e funziona soltanto il servizio di autobus. Questo problema vale in parte anche per le strade che vanno verso il nord. Quindi, è un Paese molto isolato. E quando vengono raggiunte le zone isolate, si scopre la vastità del dramma.

D. – Il Giappone è un Paese che ha comunque bisogno dell’aiuto internazionale, anche se ha uno stato tecnologico molto avanzato…

R. – Assolutamente sì, proprio perché questa è una situazione che nessun Paese si è mai trovato ad affrontare. E il fatto che sia successo in Giappone e che abbia messo in ginocchio questo Paese, fa capire proprio la drammaticità della situazione. Continuano ad arrivare squadre di soccorso che sono assolutamente benvenute. Vengono organizzate come forse soltanto i giapponesi riescono a fare.

D. – E a tremare adesso è anche l’economia giapponese. Si teme un impatto a livello globale?

R. – Vi è una forte preoccupazione. Chiaramente è impossibile allo stato attuale quantificare i costi che saranno enormi, molto superiori al bilancio del terremoto di Kobe del 1995. Il Paese è praticamente diviso a metà. C’è un Paese “normale” è un Paese che manca di tutto. Uno stato dove mancano anche cibo e materie prime. Nella stessa Tokyo, negli scaffali di molti supermercati, ci sono spazi vuoti che prima non si erano mai visti.

D. – Parlando con la gente, cosa si percepisce?

R. – Una forte attesa. Sostanzialmente, la gente attende. Tenendo presente che Tokyo è al centro di un agglomerato urbano che conta 30 milioni di persone e le centrali a rischio sono a 200-250 chilometri, la gente è in attesa. In questo momento teme soprattutto le radiazioni anche se chiaramente è colpita e prostrata dalla vastità dei danni provocati dal terremoto e, soprattutto, dalla grande perdita di vite umane. Aspetta di sapere con certezza quale sia questo bilancio; chiaramente, piange i suoi morti. E’ un Paese molto unito, drammaticamente unito anche in questa circostanza. (gf)

Dalle Chiese cattoliche di vari Stati asiatici e da organizzazioni appartenenti a diverse confessioni religiose arrivano segni di solidarietà e vicinanza al Giappone. La Caritas ha inviato 100 mila euro e altri contributi sono stati messi a disposizione da Caritas Giappone e dall'arcidiocesi di Seoul, in Corea del Sud. Nel Paese asiatico, intanto, anche la comunità cattolica è stata drammaticamente colpita dal sisma. Ascoltiamo il nunzio apostolico in Giappone, mons. Alberto Bottari de Castello, intervistato da Federico Piana:RealAudioMP3

R. - Siamo molto preoccupati. Prima, vedendo le immagini di questi nostri fratelli che sono su al nord. Siamo riusciti a parlare con il vescovo di Sendai che è ancora isolato. Le comunicazioni qui a Tokyo sono ancora saltuarie. Quindi, stiamo partecipando un po’ tutti a questa situazione di gravità.

D. - Eccellenza, la Chiesa come sta vivendo questo momento drammatico?

R. - Partecipando in pieno. C’è impegno, c’è stata già ieri una prima apertura delle sottoscrizioni ed è stato diffuso il messaggio del Papa per animare e per sentirci in prima linea nella partecipazione spirituale e anche materiale. La Caritas sta già mandando qualcuno a Sendai per organizzare gli aiuti ed è ancora difficile andare lassù, le strade sono interrotte. Solo le autorità e l’esercito riescono ad andare ma per noi è anche sconsigliato a causa dei problemi che ci sono nella centrale atomica.

D. - Mons Bottari, lei ha parlato anche del vescovo di Sendai che è riuscito a contattare dopo tante difficoltà, sta bene?

R. - Ho parlato col vescovo e so che sta bene. Abbiamo ricevuto un messaggio fax con informazioni sulla situazione. Abbiamo saputo che un padre missionario canadese è tra le vittime e finora è la sola vittima tra i religiosi. Tra i sacerdoti locali e le religiose non ci sono altre segnalazioni.

D. - Per quanto riguarda i dispersi, avete notizia di sacerdoti missionari dispersi?

R. – Per questo, ci rimettiamo un po’ alle autorità. Ci sono persone che non si riescono a contattare già da tre giorni e non si hanno ancora notizie. Quindi si comincia ad avere paura. Anche sul posto si danno da fare; mi ricordo che abbiamo chiesto notizie di una persona che sarebbe di solito a mezz’ora di strada, però ci hanno detto: chiamate domani, vi daremo notizie. Anche per loro è difficile muoversi. (bf)









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