L'impegno del Papa e della Chiesa per il Burundi: intervista con il cardinale Sarah
Il Papa ha ricevuto in udienza il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio
Consiglio “Cor Unum”: il porporato è appena rientrato a Roma dal Burundi, dove sabato
scorso ha inaugurato a Muyaga, nella diocesi di Ruyigi, una scuola elementare intitolata
proprio a Benedetto XVI e la cui costruzione è stata finanziata dallo stesso Pontefice.
Il ministro dell’Istruzione del Burundi nel ringraziare il Papa e il cardinale Sarah,
ha sottolineato che il dono è di importanza capitale perché offre un sostegno concreto
alla decisione presidenziale di rendere gratuito e obbligatorio l’insegnamento elementare
per tutti i bambini di età scolare. Roberto Piermarini ha chiesto al cardinale
Sarah quale significato riveste la costruzione della scuola a Muyaga realizzata grazie
al sostegno di Benedetto XVI:
R. – Questa
scuola è molto importante perché il 40% della popolazione burundese è analfabeta.
L’impegno, oggi, del Burundi è di costruire molte scuole ma non hanno la capacità
di farlo. Questa scuola è stata veramente un dono della Provvidenza per la provincia
del Cankuzo: infatti, lì c’erano almeno 500 mila ragazzi che non potevano andare a
scuola e per questo il dono è stato molto apprezzato. Io stesso ho potuto vedere la
contentezza della popolazione, dei ragazzi. La struttura è molto bella, ben realizzata.
D.
– In quali campi è impegnata, l’opera caritativa della Chiesa in Burundi?
R.
– Sono rimasto molto colpito da quello che ho visto. Prima, rifare la società, che
era distrutta dopo la guerra tra tutsi e hutu: questo è un impegno di carità, di comunione.
Ho visto anche un Centro che si chiama “Espérance” dove sono in cura i malati di Aids:
la guerra ha causato anche questo, la diffusione della malattia. Ho visto anche molti
ragazzi disabili perché feriti durante la guerra o perché nati così, assistiti in
un’istituzione gestita da suore indigene. Ho visto anche la casa delle suore della
beata Madre Teresa di Calcutta che hanno una grande struttura per accogliere bambini
abbandonati, anziani soli, ammalati … Ho visto veramente tante belle opere della Chiesa
che esprime la sua prossimità ai poveri. Si vede che l’evangelizzazione è proprio
questo: portare l’amore di Dio agli uomini.
D. – Lei ha incontrato anche
il presidente della Repubblica del Burundi Pierre Nkurunziza…
R. – Lui
stesso mi ha detto quanto è stato contento del lavoro della Chiesa in Burundi sia
in campo educativo, sia in campo sanitario, sia anche nell’ambito dello sviluppo,
insieme con la Caritas Burundi; ha ringraziato la Chiesa, i vescovi ed il Santo Padre
per questo impegno e mi ha detto che forse a breve firmerà un accordo tra la Santa
Sede ed il Burundi. Questo potrebbe dare delle garanzie al lavoro della Chiesa. Il
presidente, comunque, è molto contento del lavoro della Chiesa nel campo educativo
e nel campo sanitario.
D. – Dopo anni di guerra civile, che situazione
politica ha trovato, in Burundi? Che impressione ha avuto?
R. – Anche
se rimangono alcune tensioni politiche, io ho notato comunque la volontà di cancellare
ogni antagonismo fra hutu e tutsi. Si cerca veramente con determinazione di ricreare
un popolo unico, una famiglia unica. E’ vero che ci sono ancora problemi, però posso
affermare che la volontà di tutti è di dimenticare il passato tra hutu e tutsi e di
creare un popolo unico, di insistere sullo sviluppo economico, sociale e sulla comunione
tra i due popoli. La strada è lunga, ma posso dire che i vescovi danno l’esempio,
perché non c’è antagonismo tra vescovi tutsi o vescovi hutu: hanno cercato di creare
una Conferenza episcopale unica e parlano ad una sola voce, e questo dà alla Chiesa
una credibilità molto forte.
D. – E’ ancora molto vivo nella Chiesa
del Burundi il ricordo di mons. Courtney, il nunzio apostolico che fu ucciso in Burundi
nel dicembre del 2003?
R. – Sì: io l’avevo incontrato due volte, nel
2002, e il suo ricordo è ancora molto vivo, tutti lo ricordano con gratitudine. Il
suo è stato un martirio per creare la pace e la comunione tra questi due popoli. Ho
anche visto un suo ricordo in nunziatura; sono andato a Gitega e a Bujumbura: tutti
parlano di questo nunzio che è stato “un chicco di grano che morendo”, potrebbe portare
frutto per la pace in questo Paese. (gf)