Libia: violenti combattimenti a Ras Lanuf. L'Ue a Gheddafi: lasci il potere
In Libia si combatte ancora attorno alla città orientale di Ras Lanuf, che sarebbe
finita ormai sotto il controllo delle forze leali a Gheddafi. Intanto il Consiglio
europeo straordinario sulla crisi libica, in corso a Bruxelles, ha elaborato una prima
bozza d’accordo in cui si afferma che “il colonnello Gheddafi deve abbandonare immediatamente
il potere”. Per l’Ue “la sicurezza della popolazione deve essere assicurata con tutti
i mezzi necessari" e i responsabili devono essere messi di fronte alle loro azioni
“con pesanti conseguenze”. L’Ue è inoltre “pronta a dialogare con le nuove autorità
libiche” per aiutare il Paese a sviluppare lo Stato di diritto. Il servizio di Stefano
Leszczynski:
L’Unione
Europea disconosce il ruolo di Gheddafi in seguito alle violenze perpetrate dal regime
libico per soffocare l’opposizione interna. Restano tuttavia una molteplicità di posizioni
sul modo di affrontare la crisi libica in atto. Netta appare la posizione della Francia,
il cui presidente Nicolas Sarkozy preme per un riconoscimento formale dell’opposizione
che combatte contro il regime libico e propone interventi armati mirati a sostegno
dei ribelli. Una posizione condivisa dal premier britannico David Cameron. “Gheddafi
- dichiara - se ne deve andare”, ma auspica un’azione sotto il cappello delle Nazioni
Unite. Per la Cancelliera tedesca Angela Mekel, il rais non è più un interlocutore
valido per la comunità internazionale, anche se la Germania dissente da un possibile
intervento armato. Intanto, dall’Ue sono scattate nuove sanzioni, mirate al congelamento
degli asset delle società libiche produttrici ed esportatrici di petrolio e gas. Una
decisione cui si è uniformata anche UniCredit che ha congelato l'esercizio dei diritti
relativi alle azioni possedute dagli azionisti libici. Per quanto riguarda la situazione
sul terreno, si combatte ancora intorno al polo petrolifero di Ras Lanuf. Nella tarda
mattinata i miliziani del fronte rivoluzionario hanno lanciato una controffensiva
dopo essere stati attaccati nella notte dalle truppe lealiste. In risposta alla presa
di posizione europea nei suoi confronti, Gheddafi ha minacciato l'Unione Europea di
far venir meno il suo sostegno nella lotta contro il terrorismo e l'immigrazione clandestina.
La
Libia, come gran parte del mondo arabo e islamico, dunque, in fermento e in cambiamento.
Come ci dobbiamo porre di fronte a questi mutamenti epocali? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a don Renato Sacco, di Pax Christi:
R. – Il primo
pensiero deve andare a tutte le vittime innocenti di questi giorni, a chi paga il
conto alto anche con la propria vita. Cosa sarà, credo sia difficile saperlo. Siamo
chiamati ad essere dalla parte dei più deboli, di chi anche in modo non violento ha
alzato la testa chiedendo non solo pane, ma dignità. Dobbiamo vincere tutte le paure
di un islam che può diventare pericoloso, come dice qualcuno, e anche la paura di
invasioni che non può essere l’unica chiave di lettura. Convertirci all’attenzione
maggiore ai popoli e non ai governi, e non stringere alleanze pericolose con i capi
potenti, ricchi e anche – magari – armati da noi!
D. – In che modo come
occidentali, come cristiani possiamo entrare in dialogo con questi Paesi in cambiamento?
R.
– Mettendoci in ascolto: perché forse conosciamo davvero poco. Metterci in ascolto
non in modo euro-centrico, ma mettendoci accanto: allora si scoprono risorse, non
tanto economiche ma umane, si scopre anche che l’islam può avere delle derive integraliste
ma può essere, invece, una forza interiore importante con cui dialogare. Io credo
che dobbiamo incontrare questi popoli e non cercare lo scontro. Certo, questo ci richiede
una conversione: se noi pretendiamo di avere il nostro stile di vita, i nostri consumi,
di rubare le materie prime, di essere quelli che decidono i prezzi, non andiamo da
nessuna parte. Se ci mettiamo anche noi a camminare con fatica, forse c’è speranza
per tutti, perché o ci si salva tutti insieme, o la barca affonda per tutti.
D.
– Queste crisi stanno causando lo spostamento di popolazioni intere verso l’Europa.
Deve prevalere l’accoglienza o la sicurezza, secondo lei?
R. – Credo
che quando c’è un’accoglienza vera, che guardi nel volto, questa sia poi anche la
maggiore sicurezza. Quando ci si conosce, quando si capisce perché uno ha preso la
barca ed è fuggito, si ha meno paura e lui stesso diventa meno preoccupato e viene
qui da noi con meno paura, meno aggressivo. Credo che l’accoglienza disarmi la sicurezza
che certo, ci deve essere; ma se diventa l’unico valore, non c’è speranza. E quindi
direi anche per un motivo egoistico, se ci chiudiamo solo sulla sicurezza, periamo
tutti; l’accoglienza è quella che da vita a noi e agli altri … (gf)