La nostalgia di Dio nella cultura contemporanea al centro dei Dialoghi in cattedrale
La Basilica di San Giovanni in Laterano è stata teatro ieri sera del primo dei “Dialoghi
in cattedrale”, una serie di incontri e dibattiti che vedranno confrontarsi esponenti
del clero e del mondo accademico su temi di cultura e spiritualità. Il primo incontro,
organizzato dall'ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato, ha avuto per
tema: “La nostalgia di Dio nella cultura contemporanea”. C’era per noi Michele
Raviart.
L’uomo cerca
Dio, sente la nostalgia della sua presenza, perché senza di Lui l’uomo della società
globalizzata cammina a tentoni e la sua esistenza gli appare svuotarsi di senso. Con
queste parole il cardinale vicario Agostino Vallini ha inaugurato
il primo dei “Dialoghi in cattedrale”, sottolineando come questa nostalgia sia una
diretta conseguenza delle proposte culturali insoddisfacenti del nostro tempo:
“L’uomo
è alla ricerca del senso della vita e della felicità. Questa fame di senso e di felicità
l’uomo non può trovarla al di fuori di Dio. Ricordiamoci di Sant’Agostino: ‘O Signore,
tu ci hai fatto per te ed inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te. Io ti
cercavo fuori di me, mentre tu eri dentro di me’. Certamente, il rapporto libero tra
Dio e l’uomo è misterioso e quindi ha i suoi percorsi personali, però certamente,
da parte dei credenti e della stessa comunità cristiana, c'è una grande responsabilità
di offrire una testimonianza autentica ed un messaggio credibile”.
Testimonianze
come quelle del ministro cattolico pakistano Shahbaz Bhatti, barbaramente ucciso perché
contrario alla legge sulla blasfemia e più volte ricordato da mons. Bruno
Forte, arcivescovo di Chieti e Vasto. Nel suo contributo il presule ha
cercato nel pensiero contemporaneo le voci che maggiormente hanno sentito la mancanza
della divinità, prendendo le mosse dal nichilismo post-moderno e dalla presunzione
totalizzante di un eccessivo razionalismo:
“Voci che vanno dal rifiuto,
per esempio la voce di Andrea Emo, con la sua inquietudine, il suo rifiuto, la sua
negazione che, in fondo, è un’invocazione rovesciata. Oppure una figura come Cacciari,
che lotta con Dio, come Vitiello che arriva al Dio possibile e lo invoca. In queste
voci io rintraccio, appunto, i segnali di questa nostalgia, che più diffusamente si
manifesta nel bisogno dell’altro, di riscoprire ‘le visage d'autrui’ – come direbbe
Lévinas -, il volto degli altri anche come rivelazione di Dio. Un Dio che risponda
a quest’ansia del cuore di poter approdare ad un abbraccio benedicente. Un Dio paterno-materno,
il Dio-amore di Gesù”.
L’edonismo cognitivo e l’illuminismo tecnologico,
che spersonalizzano le relazioni umane in una realtà virtuale ed anestetica, sono
i mali del mondo moderno. Una condizione di miseria, che tuttavia può fornire l’opportunità
di un riavvicinamento al Dio cristiano. Questo il senso dell’intervento del professor
Pietro Barcellona, già ordinario di Filosofia del diritto in diversi atenei,
che ribadisce:
“La nostra idea si può manifestare soltanto se ci si
rende conto di trovarsi in una situazione molto brutta. E’ nella miseria che si ricorda
il tempo felice e, secondo me, si può ritrovare la nostra via attraverso questo senso
di devastazione, di distruzione ed anche di fine, che attraversa il sentire comune
e che può appunto spingerci a cercare - nella nostra stessa povertà e nella nostra
stessa condizione miserevole - un rapporto con il messaggio di Gesù Cristo, che ha
posto la Croce e non la gloria alla base del suo annuncio”. (vv)