Pubblicata la seconda parte del “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI
Nelle librerie, da oggi, la seconda parte del “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger-Benedetto
XVI. L’opera, che illustra figura e messaggio di Gesù dall’ingresso in Gerusalemme
fino alla Risurrezione, è pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana e viene presentata
oggi alle 17.00 presso la Sala Stampa della Santa Sede dal cardinale Marc Ouellet,
prefetto della Congregazione per i Vescovi, e dal prof. Claudio Magris, scrittore
e germanista. Il servizio di Sergio Centofanti:
Il Papa ha
voluto scrivere quest’opera “in un modo che possa essere utile a tutti i lettori che
vogliono incontrare Gesù e credergli”. Il libro inizia dall’ingresso
di Gesù in Gerusalemme, come “un re della pace”. Non è un rivoluzionario
politico, “non si fonda sulla violenza”. La violenza è “uno strumento preferito dall’anticristo”.
Nel discorso escatologico, Gesù parla della
distruzione del tempio e di Gerusalemme, del Giudizio finale e della fine del mondo.
“Dio – afferma il Papa - lascia una misura grande – stragrande secondo la nostra impressione
– di libertà al male e ai cattivi; ciononostante la storia non gli sfugge dalle mani”.
Con Gesù “è superata l’epoca del tempio di pietra”. “E’ iniziato qualcosa di nuovo”.
“Gesù stesso ha preso il posto del tempio, è Lui il nuovo tempio”, in Lui “Dio e il
mondo sono in contatto”.
Con la lavanda dei piedi
Gesù si spoglia del suo splendore divino per purificarci dalla nostra sporcizia. Attua
“una svolta radicale” nella storia della religione: davanti a Dio “non sono azioni
rituali che purificano”, ma è “la fede che purifica il cuore”. Secondo l’esegesi liberale
“Gesù avrebbe sostituito la concezione rituale della purità con quella morale”, ma
“allora - nota il Papa - il cristianesimo sarebbe essenzialmente una morale”. “La
nuova Legge – invece - è la grazia dello Spirito Santo, non una nuova norma, ma l’interiorità
nuova donata dallo stesso Spirito di Dio”. L’essere cristiani è un dono che “si sviluppa
nella dinamica del vivere ed agire insieme con questo dono”.
Pietro
e Giuda sono due modi diversi di reagire a questo dono. Entrambi lo
accolgono, ma poi uno rinnega, l’altro tradisce. Pietro, pentitosi, crede nel perdono.
Anche Giuda si pente, ma non “riesce più a credere ad un perdono. Il suo pentimento
diventa disperazione”. “In Giuda incontriamo il pericolo che pervade tutti i tempi”,
il pericolo che anche chi è stato una volta illuminato, “attraverso una serie di forme
apparentemente minute di infedeltà, decada spiritualmente … e non sia più capace di
conversione”. Con Giuda, la rottura dell’amicizia con Gesù “giunge fin nella comunità
sacramentale della Chiesa, dove sempre di nuovo ci sono persone che prendono ‘il suo
pane’ e lo tradiscono”.
Commentando la preghiera sacerdotale
di Gesù, il Papa afferma che l’innalzamento del Signore sulla Croce
costituisce “il giorno dell’Espiazione del mondo” in cui l’intera storia “trova il
suo senso”: quello di riconciliarsi con Dio.
Il Papa affronta quindi
la questione della diversa datazione dell’Ultima Cena
nei Sinottici e in Giovanni, optando per la versione giovannea: l’Ultima Cena avviene
nell'antivigilia della Pasqua e Gesù viene crocifisso non nel giorno della festa,
ma nella sua vigilia. “Ciò significa che Gesù è morto nell’ora in cui nel tempio venivano
immolati gli agnelli pasquali”: Gesù in quella cena dona se stesso “come il vero Agnello,
istituendo così la sua Pasqua”.
Nel Getsèmani
Gesù sperimenta “l’abisso del peccato”. Si affida alla volontà del Padre. Pietro è
contrario alla croce: un atteggiamento – scrive il Papa - che rispecchia “la tentazione
continua dei cristiani, anzi anche della Chiesa: senza la croce arrivare al successo”.
Gesù chiede ai discepoli di vegliare, ma invano. “La sonnolenza dei discepoli rimane
lungo i secoli l’occasione favorevole per il potere del male”.
Parlando
del processo a Gesù, il Papa sottolinea che a volere la
sua morte non è stato “il popolo” degli Ebrei come tale, anche perché Gesù e gli stessi
discepoli erano ebrei. Ad accusarlo era l’aristocrazia del tempio.
Durante
il processo, Pilato chiede: “Che cos’è la verità?”. E
come Pilato, in molti oggi accantonano la domanda sulla verità come “irrisolvibile”
o “per lo più si prova fastidio per essa. Ma senza la verità – ricorda Benedetto XVI
- l’uomo non coglie il senso della vita, lascia … il campo ai più forti” come dimostra
la storia di tutte le dittature. La verità “diventa riconoscibile in Gesù Cristo”.
Gesù
viene crocifisso: le sue prime parole sono parole di perdono per i
crocifissori, perché “non sanno quello che fanno”. Questa richiesta del Signore “rimane
una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini”, anche se l’ignoranza rivela
spesso un’ottusità del cuore e altre volte si mescola con erudizione e conoscenza
materiale.
Il buon ladrone “proprio sulla croce
ha capito che quest’uomo privo di potere è il vero re”. “Il buon ladrone è … la certezza
consolante che la misericordia di Dio può raggiungerci anche nell’ultimo istante;
la certezza, anzi, che dopo una vita sbagliata, la preghiera che implora la sua bontà
non è vana”.
“Nella passione di Gesù, tutto
lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro …Se di solito la cosa
impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario
… lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il
dolore dell’amore infinito”. Così il Papa può affermare che “ il bene è sempre infinitamente
più grande di tutta la massa del male, per quanto essa sia terribile”.
Gesù
risorge. Senza fede nella risurrezione “la fede cristiana è morta”.
“Solo se Gesù è risorto è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo
e la situazione dell’uomo”. Non è stato il miracolo di un cadavere rianimato. “La
risurrezione di Gesù … è una sorta di ‘mutazione decisiva’ … un salto di qualità …
una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per
gli uomini”. I discepoli, testimoni della risurrezione, furono sopraffatti da una
realtà che fino ad allora semplicemente non contemplavano. E “con un coraggio assolutamente
nuovo si presentarono davanti al mondo per annunciare: Cristo è veramente risorto”.
Nella risurrezione – scrive il Papa – “non può esserci alcun contrasto con ciò che
costituisce un chiaro dato scientifico”. Ci viene semplicemente detto che “esiste
un’ulteriore dimensione rispetto a quelle che finora conosciamo”. E ciò non è in contrasto
con la scienza.
Con Giuda Taddeo il Papa
si chiede perché Gesù si sia manifestato solo a pochi e non si sia opposto con tutta
la sua potenza ai nemici che lo hanno crocifisso. “E’ proprio del mistero di Dio agire
in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità
la sua storia … Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e,
se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di ‘vedere’”. E’ questo lo stile divino:
“non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore”.
Nel
capitolo conclusivo il Papa descrive la gioia dei discepoli che nonostante l’ascensione
di Gesù “non si sentono abbandonati … Sono sicuri che il Risorto … proprio ora è
presente in mezzo a loro in una maniera nuova e potente”. Eppure, spesso, i discepoli
di Gesù continuano ad aver paura, come gli apostoli sul Lago di Tiberiade durante
la tempesta: “Anche oggi – afferma il Papa - la barca della Chiesa, col vento contrario
della storia, naviga attraverso l’oceano agitato del tempo. Spesso si ha l’impressione
che debba affondare. Ma il Signore è presente e viene nel momento opportuno … è questa
– conclude Benedetto XVI - la fiducia dei cristiani, la ragione della nostra gioia”,
nell’attesa che Gesù di nuovo verrà nella gloria.