L’Illinois festeggia l’abolizione della pena di morte. Vicina la meta di una moratoria
universale
Abolita la pena di morte nell’Illinois. La proposta di legge – già approvata in gennaio
da Camera e Senato – è stata firmata ieri dal governatore Pat Quinn, dopo 11 anni
di moratoria delle esecuzioni capitali. E’ il 16.mo Stato negli Usa “dove non si ucciderà
più per legge”, sottolinea la Comunità di Sant’Egidio in prima fila sulla scena internazionale
tra le organizzazioni più impegnate sul fronte abolizionista in tutto il mondo. Roberta
Gisotti ha intervistato Mario Marazziti, portavoce della Comunità:
D. – Come
avete accolto la notizia, e come si è arrivati a questo nuovo traguardo?
R.
– Dopo dieci anni che lavori ad un sogno, è un sogno che si avvera! Noi ci auguriamo
di poter fare una grande celebrazione a Roma, al Colosseo, che è diventato il simbolo
di questa campagna per la vita internazionale, senza eccezioni.
D.
– Il governatore Pat Queen ha detto di avere firmato il provvedimento perché non ha
trovato nessuna prova credibile dell’effetto deterrente della pena di morte sul crimine
…
R. – Non esiste, in nessun Paese del mondo, alcuna prova che dimostri
che dove c’è la pena di morte diminuiscano i crimini gravi; addirittura, ci sono prove
del contrario. Oppure ancora, quando si abolisce, come è accaduto in Canada nell’arco
di alcuni anni questa nuova cultura della vita contribuisce anche a ridurre i crimini
gravi.
D. – Queen si è detto pure convinto che sia meglio prevenire
la criminalità piuttosto che spendere enormi somme per mantenere il sistema della
pena capitale. Quindi è un sistema costoso?
R. – E’ un sistema molto
costoso, perché in un Paese democratico ci sono anche delle garanzie: quindi ricorsi,
appelli, la Corte d’Appello, la Corte Suprema … Questo a volte rischia anche di bloccare
il funzionamento della giustizia. Il caso più clamoroso è la California: lì abbiamo
il più grande braccio della morte del mondo, con 700 persone; praticamente una esecuzione
ogni due anni; una grande possibilità, quindi, di non essere mai uccisi, che per un
terzo del tempo intasa, con i ricorsi, le Corti superiori fino alla Corte Suprema
dello Stato. Quindi è un sistema costoso ma soprattutto è un sistema malato, perché
è comunque una 'scorciatoia' a problemi sociali che non si sanno risolvere. E’ come
per la prigione: quando non si investe in scuola, in educazione, in sostegno alle
famiglie in difficoltà e in lotta alla povertà e si arriva solo al momento finale,
quindi al momento di reprimere il crimine, quella società fallisce.
D.
– Quanti Stati al mondo hanno ancora nel loro Ordinamento la pena di morte, e tra
questi quanti la praticano?
R. – Partiamo dal voto alle Nazioni Unite
per una moratoria universale: siamo arrivati a 109 voti favorevoli, poi ci sono gli
astenuti e gli assenti e una cinquantina di Stati che vota contro. Ma, in realtà,
i Paesi che compiono tutte le esecuzioni nel mondo sono sei o sette. Tra questi
è certamente la Cina, ma la Cina è un Paese che sta cambiando rapidamente: sono già
quattro gli interventi della Corte Suprema e delle autorità cinesi che riducono i
casi in cui la pena di morte può essere applicata, e questo nell’arco degli ultimi
due anni. Direi che, paradossalmente, la Cina è il Paese che sta cambiando più in
fretta. Poi, purtroppo, vi è l’Iran che esibisce la pena di morte; abbiamo inoltre
alcuni Paesi arabi, Iraq ed Egitto … Ma, per esempio, nel Maghreb e nel Mediterraneo,
il vento di cambiamento ha dato un primo segnale: il governo provvisorio tunisino
ha fermato la pena capitale! Io credo che ci troviamo veramente in un momento di svolta
epocale. (gf)