La Giornata internazionale della donna, occasione per riflettere sulle troppe discriminazioni
che ancora colpiscono l'universo femminile
Oggi, 8 marzo, è la Giornata internazionale della donna: diverse le iniziative in
programma per discutere del ruolo politico, sociale ed economico che le donne svolgono
in tutto il mondo. Rivolgendo un appello ai Paesi emergenti, la Fao ha sottolineato
ieri quanto le donne siano un’arma cruciale per vincere il problema della fame. “L’uguaglianza
- ha detto il direttore generale, Jaques Diouf - non è soltanto un nobile ideale,
ma una condizione decisiva per lo sviluppo e la sicurezza alimentare”. Maria Cristina
Montagnaro ne ha parlato con Simona Lanzoni, responsabile dei progetti
Pangea Onlus:
R. - Le donne
al mondo sono il 70 per cento dei poveri: non solo sono coloro che producono a livello
agricolo la maggioranza dei prodotti per il fabbisogno familiare, ma sono anche coloro
che a causa di discriminazioni vengono meno nutrite, hanno meno accesso all’alfabetizzazione,
alla proprietà. E’ chiaro che cambiare questo vuol dire cambiare tutti.
D.
- Quali sono i Paesi in cui queste condizioni sono peggiori?
R. - Purtroppo
l’Afghanistan è uno dei Paesi più famigerati in Asia, ma anche in Africa queste condizioni
non sono migliorate.
D. - Quali sono gli strumenti migliori per contrastare
questo stato di cose?
R. - Fondazione Pangea - nei diversi progetti
che ha in Afghanistan, in India, in Nepal, ma anche in Sudafrica ed ora anche in Italia
- ha individuato nell’accesso al credito una delle componenti importanti perché le
donne possano cambiare e migliorare la loro vita. Accanto a questo - visto che i soldi
non fanno le persone, ma sono solo una componente importante - ha affiancato tutti
quegli strumenti che sono l’alfabetizzazione e la consapevolezza dei propri diritti
e della salute. Questo permette di migliorare sensibilmente la loro vita e non soltanto
per loro, ma anche per il loro nucleo familiare.
D. - In India, che
è il Paese del futuro, come agite per le donne di Koppal? E in Afghanistan con il
progetto “Jamila”?
R. - A Koppal, nella provincia di Bangalore, che
è una delle province più desertiche di questa area, lavoriamo moltissimo con le donne
che si organizzano in gruppi di risparmio. E visto che questo risparmio, purtroppo,
non riesce a essere sufficiente per fare degli investimenti, noi garantiamo loro un
fondo di garanzia e sulla base di tali garanzie queste donne hanno investito, hanno
creato delle piccole imprese e si sono ora costituite in federazioni. Hanno cercato
cioè di crescere per poter diventare delle clienti appetibili per le banca e questo
permetterebbe loro di essere completamente autonome. Queste piccole imprenditrici
fanno, parallelamente, dei corsi di alfabetizzazione per imparare a scrivere, per
imparare a leggere e, contemporaneamente, partecipano a corsi di leadership
per capire anche come non essere indecise, come non sentirsi inadeguate.
D.
- In Afghanistan, il ruolo della donna può essere fondamentale per costruire la pace?
R.
- Lo è, decisamente lo è. Non si può pensare di costruire la pace in un Paese in cui
la metà della popolazione resta chiusa dentro casa. Il progetto “Jamila” in Afghanistan,
in realtà, aiuta le donne a restare in contatto con le situazioni della vita attraverso
piccole imprese. Inoltre, si cerca attraverso l’informazione di riuscire a educarle
al fatto che posseggono equivalenti diritti rispetto anche agli uomini.
D.
- Quest’anno, la festa della donna compie 10 anni: cosa augurarsi per il futuro?
R.
- Che nell’arco di pochissimo le discriminazioni possano diventare un ricordo lontano
del passato. (mg)