2011-03-07 14:46:22

Sudan: oltre 60 morti negli scontri tra etnie rivali nella regione dell’Abyei



Potrebbero essere oltre 60 le vittime dei combattimenti nella regione contesa dell’Abyei, in Sudan. Secondo un'organizzazione americana che si occupa di diritti umani, Enough Project, sarebbero almeno 300 le case incendiate dalle milizie filogovernative. Sulla situazione in questa particolare regione, Stefano Leszczynski ha intervistato Enrico Casale, giornalista esperto di questioni africane della rivista dei Gesuiti, ‘Popoli’:RealAudioMP3

R. - E’ una regione per la quale era previsto, negli accordi di pace del 2005, che venisse indetto un referendum per l’autodeterminazione: questo referendum non solo non è ancora stato tenuto, ma non è neanche stata fissata la data della consultazione. E’ una regione ricchissima di petrolio: ma oltre alla questione delle risorse petrolifere, si aggiungono anche i problemi legati al rapporto tra le etnie di coltivatori e le etnie nomadi di allevatori, legate al regime di Khartoum.

D. - Questa è una regione che per il fatto di essere zona contesa potrebbe rischiare anche di compromettere gli equilibri, che si sono finora raggiunti tra nord e sud?

R. - Certo può creare dissidi tra nord e sud, perché gli allevatori - sostenuti da Khartoum - e gli agricoltori - sostenuti dal Sud del Sudan - potrebbero scontrarsi nuovamente e potrebbero creare ulteriori problemi nei rapporti diplomatici tra il neonato Stato del Sud del Sudan e il Nord del Sudan.

D. - Tuttavia il referendum per la secessione del sud non è, di per sé, una garanzia di pace nella regione…

R. - No, perché la creazione del Sud del Sudan rappresenta certamente un fatto positivo, ma non ha certo risorto tutti i problemi del Sud del Sudan, che è un Paese anzitutto in poverissimo; in secondo luogo, senza infrastrutture; e, in terzo luogo, un Paese nel quale convivono etnie diverse, che negli anni scorsi hanno ottenuto pochissimo spazio per esprimersi, anche perché all’interno del Sud del Sudan era prevalsa un’etnia sulle altre. Questa egemonia politico-culturale dell’etnia dinka, che è quella maggioritaria, non so quanto riuscirà ancora a durare e ad affermarsi nel nuovo Stato che si è creato dopo l’indipendenza. (mg)

Proteste mondo arabo
Nuova giornata di manifestazioni in Algeria. Nella capitale Algeri migliaia di guardie municipali hanno forzato i cordoni della polizia, marciando verso l’Assemblea nazionale e chiedendo l’aumento dei salari. Sono intanto giunte al nono giorno le manifestazioni antigovernative nel sultanato dell'Oman. Alcuni dimostranti si sono ritrovati davanti al Consiglio consultivo di Mascate: al centro delle proteste la richiesta di dimissioni di alcuni ministri per presunta corruzione. Ventiduesimo giorno di protesta invece in Bahrein, dove decine di attivisti si sono radunate davanti all'ambasciata statunitense a Manàma, chiedendo il sostegno di Washington per la fine del regime della dinastia sunnita Khalifa, da oltre due secoli al potere.

Egitto: cristiani copti chiedono messa in sicurezza luoghi di culto
Per il terzo giorno consecutivo circa mille fedeli copti hanno tenuto una protesta davanti alla sede della Televisione pubblica al Cairo, in seguito all'incendio di una chiesa nella regione di Helwan a sud della capitale. Gli attivisti copti hanno detto che non se ne andranno fino a che non verranno accolte le loro richieste e cioè la ricostruzione della chiesa data alle fiamme, la punizione dei responsabili e la messa in sicurezza di tutti i luoghi di culto cristiani in Egitto. Ieri il capo del Consiglio supremo delle Forze armate HusseinTantawi ha promesso che l'edificio verrà ricostruito entro l'anno.

Costa d’Avorio, si acuisce lo scontro tra i due presidenti in carica
La comunità internazionale è preoccupata anche per quanto sta accadendo in Costa d’Avorio, sempre più sull’orlo di una guerra civile. Il Paese si trova, di fatto, con due presidenti in carica: Ouattara, che è stato riconosciuto dalla comunità internazionale, e Gbagbo, che uscito perdente dal ballottaggio delle presidenziali, non vuole lasciare il potere. Giulio Albanese:RealAudioMP3

Mentre le cancellerie africane temporeggiano, ormai è guerra in Costa D’Avorio. Ieri, le forze fedeli ad Alessane Ouattara, internazionalmente riconosciuto come presidente eletto, hanno occupato Tous le Plunes, nel settore orientale dell’ex colonia francese. Si tratta di una cittadina al confine con la Liberia, finora controllata dai fedelissimi di Laurent Gbagbo, il capo di Stato uscente, che non vuole ammettere la sconfitta al ballottaggio per le presidenziali del 28 novembre scorso. Fonti delle forze fedeli a Gbagbo, avevano in precedenza ammesso che la cittadina nella giornata di ieri era teatro di violenti scontri. Anche in altre regioni della Costa D’Avorio vengono segnalate sporadiche violenze da quando il Paese si trova - di fatto - con due presidenti in carica. Un braccio di ferro che sta facendo sprofondare la Costa D’Avorio nel caos.

Afghanistan: duplice attentato a Jalalabad
Almeno 2 poliziotti afghani sono rimasti uccisi e altre 25 persone ferite nel duplice attentato rivendicato dai talebani, avvenuto oggi davanti ad una moschea a Jalalabad, nell'est dell’Afghanistan. Al momento dell’esplosione, nel tempio era in corso un incontro fra amministratori locali e religiosi. L'attentato è avvenuto nel giorno della visita a Kabul del ministro della Difesa americano, Robert Gates, per esaminare, insieme al presidente Karzai, le prospettive della sicurezza nel Paese e definire il piano di ritiro delle truppe statunitensi a partire da luglio. L’incontro arriva in un momento molto delicato nelle relazioni tra Washington e Kabul, dopo che la scorsa settimana, in un ennesimo raid Usa, sono rimasti uccisi nove bambini afghani.

Iran: pena di morte per stupro, tre afghani impiccati
Tre cittadini afghani sono stati impiccati a Teheran per avere violentato, nel maggio dello scorso anno, una donna incinta. La donna viveva insieme al marito e ad un figlio, in un condominio di Varamin, vicino a Teheran, di cui l'uomo era guardiano. Secondo la stampa locale, sono almeno 92 il numero delle esecuzioni capitali in Iran dall'inizio dell'anno. Nel 2010 sono state 179. Ma per Human Rights Watch non sono meno di 388.

Estonia
La coalizione di centro-destra al governo ha vinto le elezioni legislative in Estonia: i due partiti che sostengono il premier uscente Andrus Ansip si sono aggiudicati 56 seggi sui 101 del Parlamento mentre il centro sinistra ne ha conquistati 45. Secondo gli analisti, il governo è stato premiato per la politica di rigore finanziario, che ha permesso alla piccola Estonia - 1,3 milioni di abitanti in tutto - il primo gennaio scorso di diventare il 17.mo Paese ad adottare l'euro, con il debito pubblico più leggero dell'Ue anche se l'economia è in forte recessione. Ricordiamo che queste sono state le prime consultazioni al mondo svolte via internet.

Colloqui Serbia-Kosovo
Ripartono domani a Bruxelles i colloqui tra Pristina e Belgrado, dopo tre anni di gelo seguiti alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, nel 2008. Al centro degli incontri, gli accordi commerciali e doganali dei due Paesi. Lo scorso settembre una risoluzione dell'Assemblea generale dell'Onu aveva sollecitato la ripresa del dialogo tra le due parti, che hanno accettato di avvalersi della mediazione dell'Unione europea.

Grecia debito
L'agenzia di valutazione Moody's ha tagliato il rating della Grecia, riducendo di ben tre livelli il giudizio su Atene - da Ba1 a B1 - e ponendo un outlook negativo sul debito del Paese. La Grecia ha subito criticato il provvedimento, definendolo “completamente ingiustificato”.

Francia
Al via oggi a Parigi il processo contro l’ex presidente Chirac anche se sul procedimento pende una questione di costituzionalità che potrebbe far rinviare l’udienza. Chirac, 78 anni, deve rispondere di appropriazione indebita di fondi pubblici e abuso di potere: accuse risalenti al periodo nel quale era sindaco della capitale francese.

Giappone: superindice economico a +0,9 punti a Gennaio
Segnali di miglioramento nell'economia nipponica. É salito di + 0.9 punti il superindice economico di gennaio, segnando il terzo rialzo di fila su base mensile. Lo ha reso noto l'Ufficio di gabinetto, secondo cui l'indicatore relativo all'evoluzione dello scenario economico dei prossimi mesi si è portato a quota 106,2. Per la prima volta in 15 mesi, la valutazione generale dell’economia passa da “ferma” a in “pausa con segnali di miglioramento”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 66







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