Osservatore Romano: Intervista a Josette Sheeran, direttore esecutivo del Pam, di
ritorno dai campi profughi al confine tra Libia e Tunisia
Le rivoluzioni della fame. I venti di cambiamento sono straordinari quando le persone
prendono in mano il proprio destino di GIUSEPPE FIORENTINO
Quando le persone
non hanno da mangiare, hanno soltanto tre scelte: ribellarsi, migrare o morire. In
un’intervista esclusiva al nostro giornale il direttore esecutivo del Programma alimentare
mondiale delle Nazioni Unite (Pam), Josette Sheeran — di ritorno da una missione nei
campi profughi al confine tra Libia e Tunisia — spiega quali sono a suo avviso le
motivazioni delle rivolte nei Paesi arabi.
D - Lei si è appena recata al confine
fra la Libia e la Tunisia per verificare in prima persona la condizione dei profughi.
Può offrirci una testimonianza sulla tragedia di quelle persone?
R - Ho visto
decine di migliaia di persone ammassarsi al confine, fuggendo da una situazione pericolosa
e instabile. Molte di loro avevano attraversato un territorio inospitale con nient’altro
che gli abiti e avevano un disperato bisogno di acqua e di cibo. All’inizio di questa
settimana, mentre mi trovavo sul posto, più di 2.000 persone all’ora hanno attraversato
il confine e a causa di un sistema incapace di gestire quel flusso più di 20.000 persone
provenienti dalla Libia sono rimaste senza nemmeno l’acqua. La comunità locale ha
svolto un lavoro incredibile distribuendo cibo e acqua, ma le necessità erano enormi
e impossibili da soddisfare. Mi trovavo sul posto quando sono arrivate per via aerea
80 tonnellate di biscotti energetici del Pam e abbiamo collaborato con la Mezzaluna
rossa tunisina per garantire che tutti i nuovi arrivati ricevessero cibo mentre attraversavano
il confine. Sebbene l’ondata di rifugiati sia diminuita e la coda di persone non sia
più allarmante, dobbiamo essere preparati a un eventuale deteriorarsi della situazione
in Libia.
D - Di che cosa hanno maggiore bisogno i rifugiati intrappolati lungo
il confine?
R - La comunità internazionale è già mobilitata per offrire riparo,
servizi igienici, coperte, acqua, cibo e mezzi di trasporto per ricondurre le persone
alle loro case. Il Pam ha inviato in siti strategici navi che trasportano altri alimenti,
se necessari, per la popolazione all’interno della Libia. A questo punto, è importante
non solo prepararsi per le necessità di quanti sono al confine, ma ricordare anche
coloro che sono intrappolati dalla violenza o dalla paura all’interno del Paese. Sono
particolarmente preoccupata per i più vulnerabili, come i bambini, in particolare
quelli al di sotto dei due anni — che possono subire danni irreparabili se denutriti
anche solo per pochi mesi — per le donne in gravidanza e che allattano, per i malati
e per gli anziani.
D - La comunità internazionale sta facendo qualcosa per
agevolare la situazione di quel popolo, oltre a rilasciare dichiarazioni d’intenti?
R - È assolutamente importante che il mondo ci garantisca l’accesso umanitario
alla Libia cosicché le comunità vulnerabili possano ricevere cibo. Questa settimana
una nave con mille tonnellate di farina, sufficienti a nutrire centomila persone per
due, tre settimane, è dovuta tornare indietro a causa del bombardamento della zona
portuale. Non possiamo abbandonare queste persone in questo momento difficile. Il
Pam ha inviato alimenti nelle zone di confine e interne della Libia. Abbiamo avviato
un’operazione regionale da trentanove milioni di dollari. Altre agenzie delle Nazioni
Unite, come l’Unchr e l’Oim (l’Organizzazione mondiale per le migrazioni, ndr), hanno
contribuito a organizzare massicce operazioni di soccorso.
D - Molti rifugiati
provengono da Paesi africani e non ricevono alcuna assistenza dai loro Governi. Come
pensa sarà il loro futuro?
R - La stragrande maggioranza di coloro che adesso
lasciano la Libia vi si erano recati alla ricerca di opportunità economiche. Lontani
dalle proprie famiglie, inviavano rimesse, sostenendo in tal modo molte persone. Ora
vogliono tornare a casa, in Egitto, in Tunisia e in altri Paesi. Tuttavia, quando
lo faranno ci saranno meno soldi e più bocche da sfamare. Questo è anche un periodo
di instabilità e di mutamento in molti Paesi limitrofi con i prezzi dei generi alimentari
e del carburante in aumento e le famiglie che incontrano sempre più difficoltà a comprare
il cibo di cui hanno bisogno. Per questo motivo il Pam contribuisce a realizzare programmi
a breve termine, ma anche con una prospettiva più lunga. Abbiamo in programma anche
di acquistare cibo prodotto nella regione per garantire che la ripresa possa cominciare
subito.
D - Quanto ha contribuito l’aumento dei prezzi e dei generi alimentari
alle proteste in molti Paesi arabi?
R - Queste rivoluzioni mostrano con evidenza
che la voce del popolo, le sue necessità e le sue preoccupazioni, non si possono ignorare.
I prezzi dei generi alimentari hanno raggiunto il loro massimo e ciò può essere devastante
per le persone più vulnerabili del mondo, per le quali il costo degli alimenti può
essere superiore al 60 per cento del loro reddito totale. È evidente che gli elevati
prezzi dei generi alimentari hanno contribuito alla conflittualità che imperversa
in Medio Oriente e in Nordafrica visto che nel 2008 hanno scatenato tumulti in più
di 35 Paesi. Più dell’80 per cento della popolazione mondiale non ha una rete di sicurezza
alimentare per far fronte a tali aumenti e quindi può trovarsi di fronte alla malnutrizione
e perfino alla morte quando i prezzi aumentano e l’accesso al cibo è interdetto.
D
- Dopo le ribellioni nei Paesi arabi, ha la percezione che il mondo si trovi di fronte
a un cambiamento storico?
R - Questo è un momento storico, paragonabile alla
caduta del Muro di Berlino. Come ha affermato il segretario generale delle Nazioni
Unite, questi venti di cambiamento sono straordinari, quando le persone prendono in
mano il proprio destino. È un periodo di grande speranza con il mondo intero che parteggia
affinché quel movimento nato dal desiderio di libertà e di nuove opportunità possa
radicarsi in Governi democratici, capaci di garantire anche ai più poveri e ai più
affamati sviluppo e possibilità. Il Pam è lì per aiutare questi Governi a realizzare
programmi di sicurezza alimentare.
D - Molte persone temono una nuova ondata
di immigrazione dal Nordafrica verso l’Europa. Pensa che si tratti di un problema
reale? E secondo lei, cosa dovrebbe fare l’Europa per affrontare questa emergenza?
R
- Quando le persone non hanno da mangiare, hanno soltanto tre scelte: ribellarsi,
migrare o morire. La scarsa disponibilità di generi alimentari è stata sicuramente
uno dei fattori di questi cambiamenti in Medio Oriente, anche se non l’unico. Per
questo è importante garantire che le persone, ovunque si trovino, abbiano accesso
al cibo. Se aiuteremo la ricostruzione di quelle Nazioni, garantendo delle reti di
sicurezza capaci di salvaguardare le fonti di sussistenza, riprenderanno gli investimenti
interni e non ci sarà più bisogno di migrare.