2011-03-07 14:56:23

Emergenza umanitaria in Libia: l'Onu chiede 160 milioni di dollari di aiuti. Ancora scontri sul terreno


Le Nazioni Unite si preparano ad assistere fino a 200 mila profughi che potrebbero ancora fuggire dalla Libia e che si sommerebbero ai 200 mila che hanno già abbandonato il Paese. Inoltre, circa 600 mila persone potrebbero aver bisogno di aiuti all'interno della Libia. L’Onu chiede fondi. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

Prima le minacciose parole del figlio di Gheddafi, Seif al Islam, sul rischio che la Libia “diventi la Somalia del Mediterraneo e l'Europa sia invasa da milioni di migranti'', ovviamente se non aiuta il regime. Poi un non ben precisato messaggio di apertura al dialogo con i ribelli che però non contiene nessuna possibile concessione da parte del colonnello. Si tratta del messaggio lanciato dalla Tv di Stato da Jadallah Azous al-Talhi, una nota personalità dell'establishment del regime libico che fu primo ministro negli anni '80. Chiede dialogo nazionale per fermare lo spargimento di sangue e il dilagare della presenza straniera. Il Consiglio nazionale libico costituito a Bengasi nell'Est risponde che non ci puo' essere dialogo se Gheddafi non lascia il potere. Questa la cronaca delle ultime ore dalla Libia insieme con la conferma di due raid sulla citta' portuale di Ras Lanuf, in apparenza ancora sotto il controllo dei rivoltosi. Secondo testimoni, gli oppositori hanno risposto con l'artiglieria anti aerea. Poi ci sono le dichiarazioni del quotidiano britannico Independent che sostiene che gli Stati Uniti hanno chiesto all'Arabia Saudita di fornire armi ai ribelli libici, per evitare un coinvolgimento diretto di Washington nella guerra civile, ma Gedda finora non ha risposto all'appello, presa anche da fatti interni. In tutto questo l’ONU chiede che si raccolgano 160 milioni di dollari per le attivita' umanitarie nei prossimi tre mesi.

Delle immediate necessità e dell’assistenza già in atto, Fausta Speranza ha parlato con Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana:RealAudioMP3

R. - Abbiamo appena contattato e ricevuto anche un rapporto dettagliato sia sul fronte tra la Libia e l’Egitto, sia sul fronte tra la Libia e la Tunisia e sia internamente alla Libia, oltre che qualcosa su quello che sta succedendo verso Sud e quindi soprattutto verso il Niger e in parte il Ciad. Complessivamente parlando, c’è molta preoccupazione riguardo ai migranti, cioè alle persone che lavoravano in Libia e che stanno scappando, ma che non sono però libici. In particolare ci sono migliaia di asiatici - soprattutto bengalesi, pachistani e filippini - che sono in condizioni molto difficili, perché sostanzialmente non sanno cosa fare e non sanno dove andare. Un secondo gruppo di persone problematico è rappresentato dei sub-sahariani, che vorrebbero tornare al loro Paese d’origine o comunque fuggire: anche lì i trasporti sono molto difficoltosi, perché c’è tutto il deserto verso Sud e quindi c’è anche il problema di ponti aerei che si vorrebbero fare per rimpatriarli e in particolare dal Mali e dal Sudan, dove la situazione è già difficile internamente. Queste persone sostanzialmente non sanno cosa fare, perché anche lì sul referendum che è stato appena fatto ci sono ancora dei dubbi. L’altro problema riguarda i diritti di tutte le persone che una volta che riescono ad uscire dal Paese - per esempio al confine con la Tunisia e con l’Egitto - non trovano rappresentanti consolari o dell’ambasciata che possono fornire loro indicazioni ed i visti per muoversi, anche solo per tornare nei loro Paesi di origine. Quello che si sta facendo è cercare di contattare i governi - e in particolare il governo del Bangladesh è già stato contattato - per mettere a disposizione personale dell’ambasciata e del consolato per dare risposte a queste persone.

D. - Possiamo dire che la Caritas sta in Libia?

R. - Sì, in Libia c’è una piccola Caritas che sta lavorando soprattutto a favore delle minoranze rifugiate ed immigrate in Libia e in particolare di una grande comunità di eritrei. Queste poche unità che stanno facendo questi interventi - ripeto certo non enormi rispetto ai bisogni, ma comunque siamo presenti un po’ su tutto il Paese e soprattutto a Tripoli - dove c’è questa grande comunità di eritrei in particolare che viene assistita dalla Caritas. Poi ci sono dei gruppi e delle missioni che stanno lavorando al confine tra Libia ed Egitto; in Egitto, soprattutto nel Nord; un’altra missione è in corso al confine tra Libia e Tunisia; in Tunisia e soprattutto nel Nord; e poi c’è una minima accoglienza rispetto al Sud: sappiamo in particolare di alcune centinaia di persone che stanno cercando di scappare verso Sud e che hanno già raggiunto il Niger. I bisogni sono enormi: si parla di circa 100 mila persone - minimo - che sono già fuggite verso Ovest; più o meno altrettante verso est e quindi verso l’Egitto. Assistiamo ad un’onda crescente verso Nord e non si parla affatto delle centinaia di persone che stanno scappando verso sud e molte delle quali - noi temiamo - possano anche vivere dei veri e propri drammi attraversando il deserto verso Sud. (mg)







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