Il cardinale Tauran: Shahbaz Bhatti è un martire, da lui mai una parola d’odio
contro i suoi nemici
Migliaia di persone tra cui il premier pakistano Gilani, leader religiosi e diplomatici
stranieri hanno partecipato ieri ai funerali del ministro per le Minoranze, il cattolico
Shahbaz Bhatti, ucciso brutalmente il due marzo scorso da un commando di fondamentalisti
islamici. La Messa si è tenuta nella chiesa cattolica di Islamabad, mentre tantissime
persone manifestavano con cartelli e striscioni contro il terrorismo. Dal canto loro,
i vescovi pakistani affermano che Bhatti è morto come un martire e si impegnano a
proseguire sulla via del dialogo e della riconciliazione da lui tracciata. Intanto,
ha destato grande emozione uno scritto di Shahbaz Bhatti, pubblicato sul sito web
della Fondazione Oasis del cardinale Angelo Scola, che appare come un vero
e proprio testamento spirituale del ministro pakistano. Nel servizio di Alessandro
Gisotti, proponiamo alcuni passaggi di questo documento:
“Mi sono
state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia
battaglia – scrive Shahbaz Bhatti – ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della
mia stessa vita”. La mia risposta, si legge in questo testo pubblicato da “Marcianum
Press”, “è sempre stata la stessa: ‘No, io voglio servire Gesù da uomo comune’. Questa
devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere.
Voglio solo un posto ai piedi di Gesù”. Voglio, scrive ancora il ministro cattolico,
“che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto
seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato
qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi,
i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio
della mia vita”. E ribadisce con parole commuoventi: “Voglio vivere per Cristo e per
Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti
hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e
hanno terrorizzato la mia famiglia”. Gli estremisti, racconta poi Bhatti, “qualche
anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi
dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti
mi avrebbero perso. Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato”. Io, conclude, “ dico
che, finché avrò vita, fino all’ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa
povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri”.
La straordinaria
testimonianza di Shabbaz Bhatti verrà ricordata, domani pomeriggio alle 16.30, al
Pontificio Collegio San Pietro Apostolo in Roma, dove verrà celebrata una Messa in
suffragio del ministro pakistano ucciso mercoledì scorso. La celebrazione, promossa
dall’Associazione pakistani cristiani in Italia, verrà presieduta dal cardinale
Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Al microfono di Alessandro Gisotti, il porporato si sofferma con parole commosse
sulla figura di Shahbaz Bhatti:
R. – Devo
dire che mi sono commosso profondamente leggendo il testamento spirituale che – secondo
me – è all’altezza di un testo di uno dei Padri della Chiesa: “Non ho più alcuna paura,
dedico la mia vita a Gesù. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere:
voglio solo un posto ai piedi di Gesù”. Sono frasi che realmente colpiscono. Io l’avevo
incontrato a Roma e poi, alla fine di novembre, in Pakistan. L’ultima volta che ci
siamo incontrati all’aeroporto di Lahore, verso mezzanotte, prima che io mi imbarcassi
sul volo per Roma, quando ci siamo separati, mi disse: “So che morirò assassinato,
ma do la mia vita come testimonianza per Gesù e per il dialogo interreligioso”. Lui
sapeva, ed aveva già offerto la sua vita. Penso che sia un vero martire.
D.
– Anche i vescovi del Pakistan dicono che quest’uomo è un martire …
R.
– Sì, lo penso anch’io, perché è stato ucciso perché cristiano. Era un uomo, un cristiano
autentico.
D. – E questo essere cristiano autentico si vede anche dal
fatto che non odiava i suoi nemici …
R. - … mai una parola d’odio: mai!
Aveva assimilato il Vangelo in maniera esimia!
D. – Ogni volta che succedono
tragedie come questa, ci si chiede cosa avrebbe potuto fare la comunità internazionale
…
R. – Certo: si dovrebbe avere una risposta corale. Ma io devo dire
che ricevo lettere di ambasciatori musulmani, che dicono che ovviamente questo non
è l'islam: sono persone che usano l’islam e compiono questi atti che sono aberranti.
D.
– Forse questa testimonianza straordinaria aiuta anche noi cristiani dell’Occidente,
a volte un po’ indifferenti e un po’ stanchi …
R. – Ah, certo: siamo
piccoli piccoli di fronte a questo grande esempio. Un uomo di 42 anni – giovanissimo!
– che viveva un po’ come un consacrato, senza esserlo. Sono rimasto molto impressionato
perché si percepiva l’intensità della sua vita interiore. (gf)