2011-03-05 14:10:56

Il cardinale Tauran: Shahbaz Bhatti è un martire, da lui mai una parola d’odio contro i suoi nemici


Migliaia di persone tra cui il premier pakistano Gilani, leader religiosi e diplomatici stranieri hanno partecipato ieri ai funerali del ministro per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso brutalmente il due marzo scorso da un commando di fondamentalisti islamici. La Messa si è tenuta nella chiesa cattolica di Islamabad, mentre tantissime persone manifestavano con cartelli e striscioni contro il terrorismo. Dal canto loro, i vescovi pakistani affermano che Bhatti è morto come un martire e si impegnano a proseguire sulla via del dialogo e della riconciliazione da lui tracciata. Intanto, ha destato grande emozione uno scritto di Shahbaz Bhatti, pubblicato sul sito web della Fondazione Oasis del cardinale Angelo Scola, che appare come un vero e proprio testamento spirituale del ministro pakistano. Nel servizio di Alessandro Gisotti, proponiamo alcuni passaggi di questo documento:RealAudioMP3

“Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia – scrive Shahbaz Bhatti – ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita”. La mia risposta, si legge in questo testo pubblicato da “Marcianum Press”, “è sempre stata la stessa: ‘No, io voglio servire Gesù da uomo comune’. Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù”. Voglio, scrive ancora il ministro cattolico, “che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita”. E ribadisce con parole commuoventi: “Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia”. Gli estremisti, racconta poi Bhatti, “qualche anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti mi avrebbero perso. Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato”. Io, conclude, “ dico che, finché avrò vita, fino all’ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri”.

La straordinaria testimonianza di Shabbaz Bhatti verrà ricordata, domani pomeriggio alle 16.30, al Pontificio Collegio San Pietro Apostolo in Roma, dove verrà celebrata una Messa in suffragio del ministro pakistano ucciso mercoledì scorso. La celebrazione, promossa dall’Associazione pakistani cristiani in Italia, verrà presieduta dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Al microfono di Alessandro Gisotti, il porporato si sofferma con parole commosse sulla figura di Shahbaz Bhatti:RealAudioMP3

R. – Devo dire che mi sono commosso profondamente leggendo il testamento spirituale che – secondo me – è all’altezza di un testo di uno dei Padri della Chiesa: “Non ho più alcuna paura, dedico la mia vita a Gesù. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere: voglio solo un posto ai piedi di Gesù”. Sono frasi che realmente colpiscono. Io l’avevo incontrato a Roma e poi, alla fine di novembre, in Pakistan. L’ultima volta che ci siamo incontrati all’aeroporto di Lahore, verso mezzanotte, prima che io mi imbarcassi sul volo per Roma, quando ci siamo separati, mi disse: “So che morirò assassinato, ma do la mia vita come testimonianza per Gesù e per il dialogo interreligioso”. Lui sapeva, ed aveva già offerto la sua vita. Penso che sia un vero martire.

D. – Anche i vescovi del Pakistan dicono che quest’uomo è un martire …

R. – Sì, lo penso anch’io, perché è stato ucciso perché cristiano. Era un uomo, un cristiano autentico.

D. – E questo essere cristiano autentico si vede anche dal fatto che non odiava i suoi nemici …

R. - … mai una parola d’odio: mai! Aveva assimilato il Vangelo in maniera esimia!

D. – Ogni volta che succedono tragedie come questa, ci si chiede cosa avrebbe potuto fare la comunità internazionale …

R. – Certo: si dovrebbe avere una risposta corale. Ma io devo dire che ricevo lettere di ambasciatori musulmani, che dicono che ovviamente questo non è l'islam: sono persone che usano l’islam e compiono questi atti che sono aberranti.

D. – Forse questa testimonianza straordinaria aiuta anche noi cristiani dell’Occidente, a volte un po’ indifferenti e un po’ stanchi …

R. – Ah, certo: siamo piccoli piccoli di fronte a questo grande esempio. Un uomo di 42 anni – giovanissimo! – che viveva un po’ come un consacrato, senza esserlo. Sono rimasto molto impressionato perché si percepiva l’intensità della sua vita interiore. (gf)







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