Per la prima volta il premier cinese Wen Jabao ha riconosciuto che nel Paese c’è un
certo malcontento popolare dovuto all’aumento dei prezzi e al crescente divario tra
ricchi e poveri. Parlando all’Assemblea Nazionale del Popolo - il Parlamento cinese
- ha annunciato che l’obiettivo per quest’anno è mantenere bassa l’inflazione e anche
la crescita economica. Ma come valutare queste preoccupazioni? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente de La Stampa a Pechino:
R. – Sono
molto importanti e hanno vari aspetti. Un primo aspetto ovvio è che la realtà è complicata:
c’è il divario tra ricchi e poveri che porta anche insoddisfazione sociale e possibili
proteste. Ma un secondo aspetto, meno ovvio ma più profondo, è il fatto che se il
premier dichiara che ci sono scontenti sociali vuol dire che la situazione è sotto
controllo e che attraverso un’espressione maggiore di scontento popolare, in qualche
modo tiene sotto controllo la stabilità complessiva della società.
D.
– Le proteste nel mondo arabo e musulmano hanno avuto delle eco anche in Cina. Quanto
questa situazione preoccupa i vertici di Pechino?
R. – Le eco sono state
minime: non dobbiamo dimenticarci che la rivoluzione dei Gelsomini in Tunisia, in
Egitto e negli altri Paesi sono state accese ed alimentate dall’inflazione sui prezzi
alimentari, che è il vero grande motore: questa inflazione dei prezzi alimentari,
la fame diffusa tra ampie fasce della popolazione semplicemente non c’è. C’è un dissenso
limitato ad un gruppo di intellettuali. Il fatto, però, che il governo sia estremamente
preoccupato dimostra – a mio avviso – l’estrema fragilità di questo sistema politico
che si preoccupa molto solo per qualche decina di manifestanti che vuole fare una
rivoluzione davanti a McDonald!
D. - Wen Jabao ha anche annunciato che
la spesa militare aumenterà del 12 per cento promettendo che il Paese continuerà a
costruire un potente esercito. Questa attenzione alla difesa può essere interpretata
come una strategia destinata ad imporsi sulla scena internazionale come potenza non
solo economica?
R. – L’aumento della spesa militare da un certo punto
di vista è naturale e ovvio perché le spese militari procedono di pari passo con la
crescita economica però creano nel lungo termine una potenza militare che è in grado
di torreggiare rispetto alle forze militari dei Paesi vicini. Questo sul lungo termine
è un elemento che potrebbe essere di grave instabilità, di grande preoccupazione,
ed è forse il singolo elemento più pericoloso della sua attuale situazione cinese.
(gf)