Sugli schermi in Italia “Il gioiellino” di Andrea Molaioli
Esce oggi sugli schermi italiani “Il gioiellino”, un film di Andrea Molaioli, liberamente
ispirato alla vicenda della Parmalat e al suo tragico crack. Ce ne parla Luca Pellegrini:
(Clip audio:
“I soldi non ci sono, non ci sono più! Allora dove li troviamo? Li rubiamo? Facciamo
una rapina?” – “Inventiamoceli …”)
Leda è un’azienda che tiene d’occhio
i valori! Leda è un’azienda che, se manca il denaro, se lo inventa, lo crea dal nulla!
A scapito dei risparmiatori onesti e ad onta degli amministratori disonesti, che in
galera non vanno. Leda è il nome di finzione della Parmalat, inventato da Andrea Molaioli
per raccontare sullo schermo le tristi e tragiche vicende che agli inizi del 2000
investirono questa azienda “gioiellino”, con le quali si tentò di coprire da un lato
la voragine di debiti, inventando appunto soldi inesistenti, dall’altro le malefatte
fraudolente di un gruppo di amministratori senza scrupoli. Un crack di 14 miliardi
di euro che ha mandato in fumo i risparmi di centomila persone. Molaioli ricostruisce
la vicenda creando set pubblici e privati sui quali si esibiva una forza di cartapesta
e si tramava il danno per mantenerla. Un thriller economico con risvolto morale interpretato
benissimo da Toni Servillo (il ragionier Botta, nella realtà Fausto Tonna) e Remo
Girone (il patron Rastelli, nella realtà Calisto Tanzi). Abbiamo chiesto a Molaioli
perché si è interessato a questa triste vicenda italiana:
R. – Penso
che sia un film con personaggi interessanti, ricchi nella loro complessità, che si
muovono in un contesto socio-ambientale credo particolare, poco usitato, poco trattato
da qualsiasi tipo di finzione, e che spero possano in qualche modo diventare piccoli
emblemi di quella piccola corruzione che attraversa un po’ la nostra società attuale
D.
– Su quale aspetto ha voluto puntare il dito?
R. – Su quell’elemento
di micro-corruzione dalla quale dobbiamo guardarci bene tutti, perché è quell’asticella
che, colpevolmente, rischiamo di alzare tutti noi ogni qualvolta usciamo dalla liceità,
dal rispetto delle regole o dal giudicare le regole come qualcosa che dovrebbe aiutare
la convivenza di tutti noi. (gf)