Libia: proseguono i combattimenti. Obama a Gheddafi: è l'ora di andare via
Si continua a combattere in Libia, da dove arrivano notizie drammatiche di bombardamenti
dei fedelissimi di Gheddafi sui rivoltosi, che hanno conquistato gran parte del Paese.
Intanto, nella notte è giunto un altro severo monito da parte della Casa Bianca. Obama,
senza mezzi termini, ha detto che “Gheddafi deve andarsene”, e che giunti a questo
punto non è esclusa un’azione militare. Le agenzie riferiscono inoltre di scontri
nella Piazza Verde a Tripoli tra manifestanti e forze governative. Per il punto della
situazione, il servizio di Marco Guerra:
I combattimenti
tra i governativi e gli insorti stanno imperversando in diversi centri ad est e ovest
di Tripoli. Aerei militari, secondo varie fonti, hanno bombardato stamani Brega
e Ajdabiyah all'Est e Misurata all'Ovest, città controllate dai ribelli. Si combatte
anche a pochi chilometri dalla capitale nei centri di Zawia e Ras Lanuf. In mattinata,
a Tripoli, la situazione era calma ma con il passare delle ore centinaia di dimostranti
anti-regime hanno iniziato a manifestare nel quartiere di Tajoura. Le forze di sicurezza
sono intervenute disperdendo la folla con gas lacrimogeni. E scontri tra manifestanti
e forze del regime si registrano in Piazza Verde, nel centro della città. La determinazione
degli insorti emerge dalle parole leader del consiglio dei ribelli, Abdel Jalil, che
parlando ai suoi sostenitori ha detto ha gridato “Vittoria o morte... non ci fermeremo
finché non avremo liberato questo Paese”. Gli esponenti del regime invece puntano
il dito contro la comunità internazionale. Il sottosegretario agli Esteri ha detto
che “la posizione presa dalle Nazioni Unite, da un punto di vista legale, non è valida”.
Intanto, due unità della marina statunitense sono arrivate stamani alla base Usa sull'isola
di Creta nel quadro del riposizionamento della flotta in relazione alla crisi libica.
La portaerei Kearsage, secondo gli esperti, sarebbe l'ammiraglia per un'eventuale
operazione navale americana in Libia. Infine non si placa l’allarme per l’emergenza
profughi. L'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati teme che si stia impedendo ai civili
di fuggire dalla Libia verso la Tunisia, il che spiegherebbe perché il flusso che
attraversa la frontiera sia crollato da 10mila, 15mila persone al giorno fino a meno
di 2mila di ieri. Oggi secondo fonti giornalistiche il flusso dei profughi si è interrotto.
Se
da un lato l’emergenza umanitaria provocata dal conflitto interno alla Libia rischia
di destabilizzare l’intero contesto nordafricano, dall’altro resta alta l’incognita
della reale situazione militare sul terreno, dove la forza bellica concentrata nelle
mani di Gheddafi appare tutt’ora devastante. Ad Andrea Margelletti, presidente
del Centro Studi Internazionali, Stefano Leszczynski ha chiesto come mai le
forze filogovernative libiche abbiano ancora la forza di contrattaccare gli insorti:
R. – La realtà
dei fatti è che l’esercito libico è sempre stato un esercito con una forte impronta
tribale e quindi le tribù della Tripolitania, in particolare le tribù khadafa, che
sono vicine a Gheddafi, naturalmente stanno tenendo duro perché per loro cedere vuol
dire perdere potere e perdere il Paese. Quindi, non se ne andranno in silenzio.
D.
– Quanto può incidere sulla pianificazione di un eventuale intervento esterno contrario
a Gheddafi l’effettivo controllo del territorio da parte dei ribelli?
R.
– Nella realtà dei fatti, se venisse implementata una zona di interdizione aerea Gheddafi
perderebbe moltissimo delle sue capacità proprio perché è con l’aeronautica a lui
fedele che sta colpendo in maniera durissima le opposizioni. Quindi, la capacità occidentale
di azzerare questa capacità di offesa ridurrebbe al lumicino le speranze di Gheddafi
di rimanere al potere.
D. – Possiamo dire che, da un punto di vista
militare, sul campo non è affatto scontata la vittoria dei ribelli?
R.
– Da una parte ci sono i fucili e dall’altra parte ci sono i carri armati! Ma il punto
è un altro: Gheddafi si è posto fuori dal contesto della società civile e quindi il
problema non è chi vince militarmente ma quanto l’Occidente sia disposto ad accettare
un sanguinoso dittatore - che bombarda la propria popolazione e che si è messo sullo
stesso piano morale di Milosevic e di Saddam Hussein - come un interlocutore per il
futuro.
D. – Quindi Gheddafi deve cadere … Adesso il punto cruciale
è come intervenire perché questo accada?
R. – Esattamente. Non è neanche
particolarmente necessario un intervento diretto; ma potrebbe bastare che lui non
potesse fare alcune cose.
D. - Abbiamo imparato in tutti questi anni
che le guerre vengono combattute con i mezzi più disparati. I flussi di migranti che
si ammassano alla frontiera con la Tunisia possono essere considerati parte di questa
strategia?
R. – Direi di no. Il vero problema è che ai confini con la
Libia ci sono Paesi instabili, alcuni dei quali hanno da poco una nuova forma di governo,
ammesso e non concesso che ce l’abbiano. Quindi, questo flusso di clandestini non
fa altro che aumentare in maniera esponenziale instabilità dell’intera area. (bf)