Libia. Non si arrestano gli scontri. L’Interpol ha diffonde l'allerta su Gheddafi
Non si arrestano le violenze in Libia. Scontri tra i fedeli di Muammar Gheddafi e
gli oppositori al regime si registrano anche oggi in diverse città della Cirenaica.
Contrastanti le notizie sugli esiti, mentre a Tripoli le forze dell’ordine hanno disperso
una manifestazione con l’uso di gas lacrimogeni. In questo scenario la comunità internazionale
continua a premere per la fine delle violenze e l’Interpol, ha diffuso un'allerta
alle polizie mondiali riguardante Gheddafi e altre 15 personalità libiche. Massimiliano
Menichetti 00:01:18:94
Se da un lato l’emergenza umanitaria
provocata dal conflitto interno alla Libia rischia di destabilizzare l’intero contesto
nordafricano, dall’altro resta alta l’incognita della reale situazione militare sul
terreno, dove la forza bellica concentrata nelle mani di Gheddafi appare tutt’ora
devastante. Ad Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali,
Stefano Leszczynski ha chiesto come mai le forze filogovernative libiche abbiano
ancora la forza di contrattaccare gli insorti:00:02:18:74
R.
– La realtà dei fatti è che l’esercito libico è sempre stato un esercito con una forte
impronta tribale e quindi le tribù della Tripolitania, in particolare le tribù khadafa,
che sono vicine a Gheddafi, naturalmente stanno tenendo duro perché per loro cedere
vuol dire perdere potere e perdere il Paese. Quindi, non se ne andranno in silenzio.
D.
– Quanto può incidere sulla pianificazione di un eventuale intervento esterno contrario
a Gheddafi l’effettivo controllo del territorio da parte dei ribelli?
R.
– Nella realtà dei fatti, se venisse implementata una zona di interdizione aerea Gheddafi
perderebbe moltissimo delle sue capacità proprio perché è con l’aeronautica a lui
fedele che sta colpendo in maniera durissima le opposizioni. Quindi, la capacità occidentale
di azzerare questa capacità di offesa ridurrebbe al lumicino le speranze di Gheddafi
di rimanere al potere.
D. – Possiamo dire che, da un punto di vista
militare, sul campo non è affatto scontata la vittoria dei ribelli?
R.
– Da una parte ci sono i fucili e dall’altra parte ci sono i carri armati! Ma il punto
è un altro: Gheddafi si è posto fuori dal contesto della società civile e quindi il
problema non è chi vince militarmente ma quanto l’Occidente sia disposto ad accettare
un sanguinoso dittatore - che bombarda la propria popolazione e che si è messo sullo
stesso piano morale di Milosevic e di Saddam Hussein - come un interlocutore per il
futuro.
D. – Quindi Gheddafi deve cadere … Adesso il punto cruciale
è come intervenire perché questo accada?
R. – Esattamente. Non è neanche
particolarmente necessario un intervento diretto; ma potrebbe bastare che lui non
potesse fare alcune cose.
D. - Abbiamo imparato in tutti questi anni
che le guerre vengono combattute con i mezzi più disparati. I flussi di migranti che
si ammassano alla frontiera con la Tunisia possono essere considerati parte di questa
strategia?
R. – Direi di no. Il vero problema è che ai confini con la
Libia ci sono Paesi instabili, alcuni dei quali hanno da poco una nuova forma di governo,
ammesso e non concesso che ce l’abbiano. Quindi, questo flusso di clandestini non
fa altro che aumentare in maniera esponenziale instabilità dell’intera area. (bf)