2011-03-04 19:52:14

Libia. Non si arrestano gli scontri. L’Interpol ha diffonde l'allerta su Gheddafi


Non si arrestano le violenze in Libia. Scontri tra i fedeli di Muammar Gheddafi e gli oppositori al regime si registrano anche oggi in diverse città della Cirenaica. Contrastanti le notizie sugli esiti, mentre a Tripoli le forze dell’ordine hanno disperso una manifestazione con l’uso di gas lacrimogeni. In questo scenario la comunità internazionale continua a premere per la fine delle violenze e l’Interpol, ha diffuso un'allerta alle polizie mondiali riguardante Gheddafi e altre 15 personalità libiche. Massimiliano Menichetti 00:01:18:94


Se da un lato l’emergenza umanitaria provocata dal conflitto interno alla Libia rischia di destabilizzare l’intero contesto nordafricano, dall’altro resta alta l’incognita della reale situazione militare sul terreno, dove la forza bellica concentrata nelle mani di Gheddafi appare tutt’ora devastante. Ad Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali, Stefano Leszczynski ha chiesto come mai le forze filogovernative libiche abbiano ancora la forza di contrattaccare gli insorti: 00:02:18:74

R. – La realtà dei fatti è che l’esercito libico è sempre stato un esercito con una forte impronta tribale e quindi le tribù della Tripolitania, in particolare le tribù khadafa, che sono vicine a Gheddafi, naturalmente stanno tenendo duro perché per loro cedere vuol dire perdere potere e perdere il Paese. Quindi, non se ne andranno in silenzio.

D. – Quanto può incidere sulla pianificazione di un eventuale intervento esterno contrario a Gheddafi l’effettivo controllo del territorio da parte dei ribelli?

R. – Nella realtà dei fatti, se venisse implementata una zona di interdizione aerea Gheddafi perderebbe moltissimo delle sue capacità proprio perché è con l’aeronautica a lui fedele che sta colpendo in maniera durissima le opposizioni. Quindi, la capacità occidentale di azzerare questa capacità di offesa ridurrebbe al lumicino le speranze di Gheddafi di rimanere al potere.

D. – Possiamo dire che, da un punto di vista militare, sul campo non è affatto scontata la vittoria dei ribelli?

R. – Da una parte ci sono i fucili e dall’altra parte ci sono i carri armati! Ma il punto è un altro: Gheddafi si è posto fuori dal contesto della società civile e quindi il problema non è chi vince militarmente ma quanto l’Occidente sia disposto ad accettare un sanguinoso dittatore - che bombarda la propria popolazione e che si è messo sullo stesso piano morale di Milosevic e di Saddam Hussein - come un interlocutore per il futuro.

D. – Quindi Gheddafi deve cadere … Adesso il punto cruciale è come intervenire perché questo accada?

R. – Esattamente. Non è neanche particolarmente necessario un intervento diretto; ma potrebbe bastare che lui non potesse fare alcune cose.

D. - Abbiamo imparato in tutti questi anni che le guerre vengono combattute con i mezzi più disparati. I flussi di migranti che si ammassano alla frontiera con la Tunisia possono essere considerati parte di questa strategia?

R. – Direi di no. Il vero problema è che ai confini con la Libia ci sono Paesi instabili, alcuni dei quali hanno da poco una nuova forma di governo, ammesso e non concesso che ce l’abbiano. Quindi, questo flusso di clandestini non fa altro che aumentare in maniera esponenziale instabilità dell’intera area. (bf)








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