2011-03-04 15:09:00

I funerali del ministro Bhatti. Il vescovo di Faisalabad: la sua voce non sarà mai ridotta al silenzio


La comunità cristiana in Pakistan ha vissuto oggi a Islamabad una giornata di preghiera e raccoglimento in occasione dei funerali del ministro per le minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso mercoledì scorso nella capitale, in seguito ad un agguato teso da un commando di fondamentalisti islamici. A Kushphur, paese natale del ministro, si è tenuta una celebrazione ecumenica di preghiera, accompagnata dalla sepoltura della salma. Il servizio di Amedeo Lomonaco: RealAudioMP3

La voce della verità non sarà mai ridotta al silenzio. Non permetteremo che l’oscurità prenda il sopravvento sulla luce. Questo l'auspicio espresso dal vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, e condiviso da quanti hanno partecipato alla celebrazione ecumenica che ha accompagnato la sepoltura. La speranza levata durante la preghiera è che il lavoro del ministro Bhatti non si fermerà con la sua morte. Questa mattina la salma è stata esposta nella chiesa di Nostra Signora di Fatima ad Islamabad. Qui, durante i funerali, il vescovo di Islamabad, mons. Antony Rufin, ha ricordato il ministro Bhatti e la sua profonda fede. “Era un uomo – ha detto il presule - che ha seguito il piano di Dio. Era un uomo che ha fatto la volontà di Dio, con fede, obbedienza, speranza, certezza del Regno del Signore”. Nell’omelia il vescovo di Islamabad ha ricordato anche il villaggio di Kushphur, dove è nato il minsitro Bhatti e dove la convivenza “è in perfetta armonia, all’insegna del dialogo”. Quell’esempio – ha detto il presule – il ministro Bhatti lo ha portato con sé come modello. Lasciato il villaggio – ha concluso – si è scontrato con la dura realtà delle condizioni di vita dei cristiani in Pakistan, segnate da sofferenza, discriminazione, indigenza”.

Alla celebrazione ecumenica e interreligiosa per il ministro Bhatti nel villaggio di Kushphur hanno partecipato autorità civili, leader religiosi cristiani, indù e musulmani e anche una delegazione della comunità di Sant’Egidio. Ascoltiamo Roberto Pietrolucci, della Comunità di Sant’Egidio, raggiunto telefonicamente da Amedeo Lomonaco ad Islamabad: RealAudioMP3

R. - Io faccio parte di una delegazione della Comunità di Sant’Egidio; abbiamo incontrato il ministro proprio la sera prima dell’uccisione, abbiamo parlato molto di questo discorso del dialogo con le altre fedi, con le altre Chiese e comunità e lui era molto impegnato in questo dialogo. Lui si sentiva uno della Comunità di Sant’Egidio proprio perché viveva lo stesso spirito, lo spirito del dialogo, lo spirito dell’amicizia nella ricerca di questo dialogo con tutti: per noi è stata una grande perdita. Io personalmente ci ho parlato al telefono mezz’ora prima che fosse ucciso, perché mi stava dando il nome e l’indirizzo di un Imam di una grande moschea per incontrarlo e mi ha detto che mi avrebbe mandato un messaggio, ma questo, purtroppo, non è mai arrivato. Pochi minuti dopo lo hanno ucciso. Però, anche le sue ultime parole, le sue ultime volontà erano quelle di far conoscere questo mondo dell’islam, proprio perché era per il dialogo, era una voce che dava fastidio per questo motivo. Una delle poche voci che si alzavano nella difesa dei diritti umani, dei diritti dei cristiani, ma non solo dei cristiani, ma anche delle altre minoranze, di tutti i pakistani senza distinzione di religione, di cultura e di razza… Ora c’è un senso di vuoto, lasciato da questa persona, da un giusto. Molti ne parlano già come di un martire, anche giustamente.

D. - Oggi è una giornata particolare, una giornata di preghiera...

R. - Hanno fatto già una prima celebrazione ad Islamabad questa mattina, nella Chiesa cattolica di Islamabad, e già lì c'era molta gente, poi questa cerimonia nel villaggio natale di Bhatti, che è un villaggio interamente cristiano.

D. - Oltre alla comunità cattolica, sono presenti anche musulmani ed esponenti di altre religioni...

R. - Sì, ma qui c’è la paura di molti musulmani di essere accomunati alla figura di Bhatti, per le minacce ricevute, ma nonostante questo ci sono molti musulmani anche a titolo personale.

D. - Quella di Bhatti è una voce in meno in difesa delle aspirazioni dei cristiani e delle altre minoranze, quali sono adesso le speranze?

R. - La speranza è che ci sia qualche altra voce che continui a parlare a nome dei cristiani, a nome di tutte le minoranze per un Pakistan dove non ci sia uno Stato confessionale, ma una democrazia dove ogni persona ha gli stessi diritti, anche se i cristiani sono neanche il 2%. La speranza, è che qualcuno possa prendere l’eredità di questo ministro, che effettivamente ha dedicato tutta la sua vita a quest’ideale, pur sapendo che era sotto minaccia.

D. - La Chiesa locale pensa che nonostante la morte di Bhatti qualcosa si possa fare per modificare la legge sulla blasfemia...

R. - Loro lo stanno chiedendo con forza, ma io penso che sarà molto difficile, quantomeno a breve, trovare una soluzione. C’è molta paura nel Paese: qualsiasi voce contraria è stata già fatta fuori, come è stato un mese fa per il governatore del Punjab: adesso è stata la volta del ministro Bhatti. (ma)







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