I funerali del ministro Bhatti. Il vescovo di Faisalabad: la sua voce non sarà mai
ridotta al silenzio
La comunità cristiana in Pakistan ha vissuto oggi a Islamabad una giornata di preghiera
e raccoglimento in occasione dei funerali del ministro per le minoranze, il cattolico
Shahbaz Bhatti, ucciso mercoledì scorso nella capitale, in seguito ad un agguato teso
da un commando di fondamentalisti islamici. A Kushphur, paese natale del ministro,
si è tenuta una celebrazione ecumenica di preghiera, accompagnata dalla sepoltura
della salma. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La
voce della verità non sarà mai ridotta al silenzio. Non permetteremo che l’oscurità
prenda il sopravvento sulla luce. Questo l'auspicio espresso dal vescovo di Faisalabad,
mons. Joseph Coutts, e condiviso da quanti hanno partecipato alla celebrazione ecumenica
che ha accompagnato la sepoltura. La speranza levata durante la preghiera è che il
lavoro del ministro Bhatti non si fermerà con la sua morte. Questa mattina la salma
è stata esposta nella chiesa di Nostra Signora di Fatima ad Islamabad. Qui, durante
i funerali, il vescovo di Islamabad, mons. Antony Rufin, ha ricordato il ministro
Bhatti e la sua profonda fede. “Era un uomo – ha detto il presule - che ha seguito
il piano di Dio. Era un uomo che ha fatto la volontà di Dio, con fede, obbedienza,
speranza, certezza del Regno del Signore”. Nell’omelia il vescovo di Islamabad ha
ricordato anche il villaggio di Kushphur, dove è nato il minsitro Bhatti e dove la
convivenza “è in perfetta armonia, all’insegna del dialogo”. Quell’esempio – ha detto
il presule – il ministro Bhatti lo ha portato con sé come modello. Lasciato il villaggio
– ha concluso – si è scontrato con la dura realtà delle condizioni di vita dei cristiani
in Pakistan, segnate da sofferenza, discriminazione, indigenza”.
Alla celebrazione
ecumenica e interreligiosa per il ministro Bhatti nel villaggio di Kushphur hanno
partecipato autorità civili, leader religiosi cristiani, indù e musulmani e anche
una delegazione della comunità di Sant’Egidio. Ascoltiamo Roberto Pietrolucci,
della Comunità di Sant’Egidio, raggiunto telefonicamente da Amedeo Lomonaco
ad Islamabad:
R. - Io
faccio parte di una delegazione della Comunità di Sant’Egidio; abbiamo incontrato
il ministro proprio la sera prima dell’uccisione, abbiamo parlato molto di questo
discorso del dialogo con le altre fedi, con le altre Chiese e comunità e lui era molto
impegnato in questo dialogo. Lui si sentiva uno della Comunità di Sant’Egidio proprio
perché viveva lo stesso spirito, lo spirito del dialogo, lo spirito dell’amicizia
nella ricerca di questo dialogo con tutti: per noi è stata una grande perdita. Io
personalmente ci ho parlato al telefono mezz’ora prima che fosse ucciso, perché mi
stava dando il nome e l’indirizzo di un Imam di una grande moschea per incontrarlo
e mi ha detto che mi avrebbe mandato un messaggio, ma questo, purtroppo, non è mai
arrivato. Pochi minuti dopo lo hanno ucciso. Però, anche le sue ultime parole, le
sue ultime volontà erano quelle di far conoscere questo mondo dell’islam, proprio
perché era per il dialogo, era una voce che dava fastidio per questo motivo. Una
delle poche voci che si alzavano nella difesa dei diritti umani, dei diritti dei cristiani,
ma non solo dei cristiani, ma anche delle altre minoranze, di tutti i pakistani senza
distinzione di religione, di cultura e di razza… Ora c’è un senso di vuoto, lasciato
da questa persona, da un giusto. Molti ne parlano già come di un martire, anche giustamente.
D.
- Oggi è una giornata particolare, una giornata di preghiera...
R. -
Hanno fatto già una prima celebrazione ad Islamabad questa mattina, nella Chiesa cattolica
di Islamabad, e già lì c'era molta gente, poi questa cerimonia nel villaggio natale
di Bhatti, che è un villaggio interamente cristiano.
D. - Oltre alla
comunità cattolica, sono presenti anche musulmani ed esponenti di altre religioni...
R.
- Sì, ma qui c’è la paura di molti musulmani di essere accomunati alla figura di Bhatti,
per le minacce ricevute, ma nonostante questo ci sono molti musulmani anche a titolo
personale.
D. - Quella di Bhatti è una voce in meno in difesa delle
aspirazioni dei cristiani e delle altre minoranze, quali sono adesso le speranze?
R.
- La speranza è che ci sia qualche altra voce che continui a parlare a nome dei cristiani,
a nome di tutte le minoranze per un Pakistan dove non ci sia uno Stato confessionale,
ma una democrazia dove ogni persona ha gli stessi diritti, anche se i cristiani sono
neanche il 2%. La speranza, è che qualcuno possa prendere l’eredità di questo ministro,
che effettivamente ha dedicato tutta la sua vita a quest’ideale, pur sapendo che
era sotto minaccia.
D. - La Chiesa locale pensa che nonostante la morte
di Bhatti qualcosa si possa fare per modificare la legge sulla blasfemia...
R.
- Loro lo stanno chiedendo con forza, ma io penso che sarà molto difficile, quantomeno
a breve, trovare una soluzione. C’è molta paura nel Paese: qualsiasi voce contraria
è stata già fatta fuori, come è stato un mese fa per il governatore del Punjab: adesso
è stata la volta del ministro Bhatti. (ma)