2011-03-03 15:25:27

Libia: bombardamenti a Brega. L’Ue blocca i beni di Gheddafi. il dramma dei profughi


Resta grave la situazione in Libia: questa mattina un nuovo bombardamento aereo ha raggiunto la città di Brega, terminal petrolifero nella parte orientale del Paese dove gli insorti si stanno rafforzando. Intanto l’Ue ha bloccato con effetto immediato i beni della famiglia Gheddafi e di altri vertici del regime e la Corte penale internazionale dell’Aja ha aperto un’inchiesta contro il raìs per crimini contro l’umanità. I particolari nel servizio di Roberta Barbi:RealAudioMP3

In Libia si continua a combattere: dopo gli scontri di ieri in Cirenaica, il cui bilancio provvisorio è di 12 morti, oggi un nuovo bombardamento aereo è stato condotto su Marsa el Brega, centro petrolifero dell’area, da ieri al centro della battaglia tra le milizie fedeli al regime e i ribelli che stanno rafforzando le proprie posizioni sulla costa orientale e ad Adjabiya. Il Consiglio nazionale libico formato a Bengasi dagli insorti, intanto, fa sapere di non essere disposto a trattare con Gheddafi e di non essere a conoscenza del piano di pace proposto da Chavez e che, secondo la tv araba al Jazeera, il colonnello starebbe per accettare. Il piano del presidente venezuelano prevede l’invio di una missione internazionale per mediare tra dirigenti libici e ribelli e risolvere così il conflitto escludendo qualsiasi intervento militare straniero. L’Unione europea, intanto, ha ordinato con effetto immediato il congelamento dei beni di Gheddafi, della sua famiglia e dei suoi più stretti collaboratori: in tutto 26 persone fisiche, ma potrebbe essere esteso anche alle persone giuridiche, mentre per il 10 marzo è convocata a Bruxelles una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri dell’Ue sulla Libia. La Procura della Corte penale internazionale dell’Aja, intanto, ha aperto un’inchiesta per crimini contro l’umanità contro il leader libico e altre 10-15 persone ritenute i maggiori responsabili del massacro, mentre la Nato per ora non prevede alcun intervento militare nell’area, ma si tiene pronta a ogni eventualità. Il Consiglio dei ministri italiano, dopo quella in Tunisia, ha approvato oggi una missione umanitaria in Libia: entro 24 ore partirà una nave diretta a Bengasi, mentre per parlare della situazione nell’area, il Presidente Napolitano ha convocato per la prossima settimana il Consiglio Supremo di Difesa. Infine, il governo olandese ha fatto sapere che è stato aperto il dialogo con le autorità libiche per il rilascio dei tre soldati catturati ieri durante un’operazione di soccorso.

L’organizzazione non governativa, Medici Senza Frontiere, lancia l’allarme per la Libia. Oltre a richiedere alle milizie di Tripoli e ai ribelli l’accesso alle aree colpite dalla violenza per portare assistenza, si chiede di rispettare le strutture mediche e di tutelare, soprattutto, il diritto della popolazione di poter cercare e ricevere cure mediche in modo sicuro. Intanto, un’altra delle zone calde rimane il confine libico-tunisino, dove sino a ieri si sono ammassate decine di migliaia di persone che cercano di entrare in Tunisia. Giancarlo La Vella ha contattato telefonicamente Barbara Schiavulli, che da diversi giorni si trova in quella zona:RealAudioMP3

R. – Quello che sta succedendo oggi è qualcosa di molto strano, perché si è praticamente quasi fermato l’arrivo dei profughi. Noi sapevamo che c’erano code chilometriche dall’altra parte, ma da quando si comincia a parlare molto di Tunisia, praticamente i soldati libici non fanno più entrare persone in Tunisia, forse per dimostrare che in realtà non c’è la fuga. Però, di fatto, sono già entrate 85 mila persone.

D. – Il sostentamento di queste persone come procede?

R. – Quelli che sono riusciti ad entrare, sono stati accolti da una Tunisia abbastanza organizzata nonostante i problemi interni. Sta di fatto che comunque non è facile assorbire all’improvviso decine di migliaia di persone. Comunque, le stesse organizzazioni umanitarie, le Nazioni Unite in testa, hanno sottolineato in questi giorni che questa è un’emergenza transitoria, perché tutte queste persone vogliono rientrare a casa. Altro problema è la presenza in Libia – di cui non si sa più niente – di circa 8mila rifugiati, persone che avevano chiesto asilo politico in Libia perché arrivavano da altre guerre. Di queste persone, che tra l’altro sono per lo più africani e senza documenti, non si sa più niente.

D. – C’è invece parte di questa gente che tenta il viaggio via mare verso le coste nord del Mediterraneo…

R. – Di solito i barconi partono la notte. Per il momento sono sempre e solo tunisini, quelli che si spostano verso Lampedusa, in quella che per molti ragazzi è la ricerca di una vita migliore. Noi sappiamo che oggi si prepara la partenza di uno di questi barconi che dovrebbe o starebbe arrivando sulle rive di Lampedusa.

D. – Tu sicuramente hai avuto modo di parlare con i libici che cercano di attraversare il confine con la Tunisia. Qual è il loro stato d’animo?

R. – Chi è riuscito a portare fuori la famiglia racconta di una situazione molto difficile: magari mette in salvo la famiglia per tornare dentro ed unirsi ai rivoltosi. Il problema è che questa zona, la Tripolitania, la zona ovest del Paese, ancora regge, anche se le città spesso sono nelle mani dei ribelli, la periferia resta ancora in mano alle milizie di Gheddafi. Quindi, chi arriva racconta di rapine, posto di blocco, di violenze e anche per questo i Medici senza Frontiere stanno preparando un presidio psicologico per chi arriva: persone che non solo hanno vissuto lo stress di avere abbandonato casa, di essere stato qua per giorni senza avere – magari – un posto per dormire, ma anche quello di aver subito il trauma della fuga. (gf)

Intanto il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha annunciato che in Italia i prefetti stanno predisponendo un piano per l'accoglienza degli immigrati che dovessero arrivare dal Nord Africa. Il ministro ha citato, come esempio, la struttura di Mineo. E secondo un rapporto Censis-Ocse a gennaio e febbraio 6.333 immigrati sono sbarcati sulle coste italiane, un numero imponente se si pensa che in tutto il 2010 ne erano arrivati 4.406. Alessandro Guarasci ha intervistato Natale Forlani, Direttore Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro.RealAudioMP3

R. - E’ una situazione di emergenza verso la quale l’Italia, come la Comunità internazionale si deve attrezzare. Lo sta facendo la Tunisia con uno sforzo enorme, in un Paese già problematico e in difficoltà anche in termini di Governo, e lo dovremmo fare anche noi.

D. – L’Europa del nord dice: noi abbiamo accolto gli immigrati durante la guerra dei Balcani e anche dopo la caduta del Muro di Berlino, voi ora accogliete appunto chi viene dal Nord Africa. Lei è d’accordo?

R. – I problemi di natura politica di equilibrio internazionale posti dal tema Nordafricano e il potenziale di movimento, le caratteristiche di questo movimento sono del tutto anomale rispetto a quello dei Paesi dell’est, sia per la natura delle popolazioni che si sono mosse, per il loro carattere non stanziale e perché era più facile l’integrazione. Noi abbiamo chiesto all’Europa di intervenire in maniera solidale, perché pur cercando di contenere le dinamiche di flusso - come ha deciso il Governo di fare, aiutando anche nei Paesi di origine – ci si deve attrezzare ad una destabilizzazione che produce effetti su persone che sono già in Libia come rifugiati e che con tutta probabilità hanno il problema di, o ritornare nei Paesi di provenienza, o trovare soluzioni alla loro condizione lavorativa e sociale.

D. – Lei ha parlato di richiedenti asilo, l’Italia ne ha molto pochi rispetto a grandi Paesi come Germania, Francia, Gran Bretagna, c’è qualcosa che non va secondo lei?

R. – Ogni tanto a mio avviso ci sono delle critiche sproporzionate rispetto al lavoro fatto dallo Stato italiano, ma soprattutto dalle Comunità italiane per favorire l’integrazione di persone che non sono venute per motivi di lavoro in senso stretto. I numeri storicamente sono abbastanza simili in questi 20 anni a quelli degli altri Paesi al netto della condizione specifica che ha avuto la Germania con la caduta del Muro di Berlino. (ma)







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