Rapiti per alcune ore dipendenti Onu in Costa d’Avorio: nel Paese situazione allarmante
Due dipendenti della missione Onu in Costa d'Avorio, l'Onuci, sono stati rapiti oggi
ad Abidjan da giovani sostenitori del presidente uscente Laurent Gbagbo e rilasciati
alcune ore più tardi. Ieri, erano stati feriti tre caschi blu in un'imboscata perpetrata
nella zona di Abobo. In due quartieri della capitale ivoriana è stato imposto un coprifuoco
di tre giorni. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha chiesto una riunione
d'urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull'attuale situazione nel
Paese africano, dove la crisi politica in atto nel Paese sta causando scontri sanguinosi
e l'esodo dei civili. Della situazione in Costa d’Avorio, Bernard Decottignies
ha parlato con mons. Alexis Touabli Youlo, vescovo di Agboville:
R. – C’est
vrai que la situation est troublée… È vero c’è molta agitazione. È una situazione
che ci preoccupa, ma io spero che il popolo non perda la speranza. Il popolo sta reggendo
il colpo e ritengo abbia molte risorse morali per affrontare questa situazione. Ma
è vero, la situazione non è assolutamente rosea…. Attendiamo ora che vengano resi
noti i risultati della missione di mediazione dei capi di Stato africani e speriamo
che risolvano la crisi… Nei villaggi, la gente ha eretto molte barricate per controllare
tutti i veicoli affinché non vi siano infiltrazioni di ribelli.
D. –
Ci sono nuove violenze sparse, ad Abidjan come a Yamoussoukro. Anche in altre province
ed anche dove siete voi, ci sono state ultimamente nuove violenze?
R.
– Non, non. Je suis a Agboville et il n’y a pas de violences. … No. Io
sono ad Agboville e non si registrano nuove violenze. Tuttavia, la gente ha molta
paura, poiché ci sono molte voci che dicono che potrebbero verificarsi degli attacchi,
non si sa bene dove… Tutto questo non fa che aumentare la paura tra la gente: la gente
ha paura, la gente non si muove. Ma dove mi trovo io, ringraziando Dio, non ci sono
ancora delle violenze.
D. – Soltanto qualche settimana fa, la Chiesa
ivoriana ha condotto un lavoro di riconciliazione e di mediazione: questo impegno
della Chiesa è ancora in corso?
R. – Ce travail est toujours en cours,
mais… Questo impegno è ancora in corso, ma il problema è che i vescovi non
sono riusciti più ad incontrarsi. Il lavoro è stato fatto. Oggi, nel momento in cui
vi parlo, la circolazione da una regione all’altra è diventata difficile e questo
rende difficoltoso un incontro.
D. – Secondo lei, quale sarebbe la soluzione
migliore per il Paese?
R. – Franchement, personnellement je ne saurais
vous répondre … Francamente, non saprei come risponderle, perché io non
vedo al momento una soluzione. È vero che come cristiano e come credente non perdo
la speranza, ma politicamente è davvero difficile. (mg)
Proteste dei
coloni in Cisgiordania per lo sgombero di insediamenti illegali Sale rapidamente
la tensione in Cisgiordania dopo il recente avvio di misure da parte del governo israeliano
contro alcuni avamposti illegali ebraici. Ieri, dopo la demolizione di tre edifici
nell'avamposto di Hawat Ghilad (Cisgiordania settentrionale), gruppi di coloni estremisti
si sono abbandonati a violenze sia in Cisgiordania, sia a Gerusalemme, dove hanno
bloccato due arterie. In alcuni insediamenti della Cisgiordania, sono stati affissi
poster in cui si attacca il premier Netanyahu per l’operazione condotta ieri a Hawat
Ghilad. In ogni caso, Netanyahu conferma la determinazione a sgomberare almeno tre
avamposti illegali nei quali vivono un centinaio di famiglie. Ieri, inoltre, Netanyahu
ha avvertito i compagni del Likud che alla luce del grande isolamento internazionale
di Israele non è possibile estendere la presenza ebraica in Cisgiordania, come molti
di loro invece desiderebbero.
Ahmadinejad non vuole “interferenze”
sul caso di Mussavi e Karrubi Si tratta di “un affare interno e nessun Paese
ha il diritto di interferire”. Così il portavoce del Ministero degli esteri di Teheran
sul trasferimento in un carcere segreto dei due leader dell’opposizione iraniana,
Mussavi e Karrubi. Una vicenda, questa, che fa emergere una dicotomia del regime iraniano:
se da una parte, infatti, il presidente Ahmadinejad condanna le repressioni attuate
contro i manifestanti nei Paesi arabi, dall’altra cerca di eliminare le opposizioni
interne. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente
di Geopolitica presso l’Università Cattolica di Milano:
R. - Ahmadinejad
sta trasformando la Repubblica islamica dell’Iran in una dittatura totalitaria, molto
più di quanto lo fosse in passato, concentrando il potere nelle sue mani e nelle mani
dei pasdaran, che sono molto più violenti del clero religioso. Dall’altra parte, guarda
con favore alle recenti rivolte perché sono rivolte che hanno abbattuto regimi legati
all’Occidente, che quindi indeboliscono la posizione degli Stati Uniti e dell’occidente
stesso. E soprattutto, confida nel fatto che, dopo il cambio di regime, vi sia un’ascesa
dei movimenti islamisti che guarderebbero all’Iran con maggior simpatia.
D.
– Però si ha l’impressione che le proteste nei Paesi arabi non abbiano attecchito
del tutto in Iran, o almeno, non in maniera così forte come in altri Paesi. Perché?
R.
– Una prima risposta è perché in Iran le proteste già vi erano state quando Ahmadinejad
aveva rivinto le elezioni presidenziali truccando milioni di schede elettorali. Quindi,
l’afflato di protesta contro il governo in Iran c’è già stato e la repressione è stata
molto dura. Un secondo motivo è che la società civile iraniana, proprio perché è più
matura, ha dei movimenti politici di opposizione che sono non violenti, che sono pacifici.
I leader dell’opposizione Mussavi e Karrubi non hanno mai incitato la folla alla violenza,
alla rivolta, ma alla protesta.
D. – Proprio a proposito di Mussavi
e Karrubi leader dell’opposizione, la loro sorte resta incerta: pare che siano stati
arrestati e tra l’altro il portavoce del Ministero degli esteri di Teheran, ha detto
che si tratta di un affare interno e che nessun Paese ha il diritto di interferire
…
R. – Il fatto che sia un affare interno è ridicolo. Purtroppo, da
molto tempo in Occidente, anche nell’amministrazione Obama, vi è stata la linea di
tacere su quello che accadeva in Iran per cercare di ottenere un compromesso sul nucleare.
C’è stata una scelta nello stesso tempo cinica e velleitaria, che non ha pagato. (ma)
Ancora
bombe nella zona tribale nel Pakistan nord-occidentale Almeno due persone sono
morte per l'esplosione di una bomba nella Mohmand Agency, un territorio tribale
nel Pakistan nord-occidentale. Secondo l'emittente l'ordigno è stato attivato a distanza
da sconosciuti al passaggio di un veicolo. Ieri, scrive peraltro il quotidiano The
News International, tre militanti hanno perso la vita nello stesso territorio
per lo scoppio prematuro di un ordigno che stavano cercando di collocare vicino al
villaggio di Ghanam Shah.
Attentato in Afghanistan nella provincia di Logar Un
soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando
Nato) è morto oggi nell'Afghanistan meridionale, durante un attacco degli insorti.
I militari stranieri che hanno perso la vita in Afghanistan sono 2.351 dall'inizio
dell'Operazione "Enduring Freedom" nel 2001 e 69 dall'1 gennaio 2010. Intanto, nella
provincia centrale di Logar i talebani hanno rivendicato un attentato in cui sono
morti quattro soldati afghani ed un interprete.
Missione del Fmi a Islamabad
per un esame dello stato dell’economia Una missione del Fondo monetario internazionale
(Fmi) è attesa oggi ad Islamabad per un nuovo esame dello stato dell'economia del
Pakistan e per continuare le discussioni tese a sbloccare 1,7 miliardi di dollari,
seconda tranche di un Accordo stand by (Sba) raggiunto tempo fa. Oltre a un esame
della situazione economica, la delegazione, guidata da Adnan Mazarei, vicedirettore
del Dipartimento Medio Oriente e Asia centrale del Fmi, si tratterrà nella capitale
pakistana fino all'8 marzo per mettere a punto misure che permettano di restaurare
la stabilità macroeconomica ed introdurre riforme strutturali.
Commissario
Ue Affari economici: assicurare una ripresa forte “Nonostante l'attuale relativa
calma sui mercati finanziari, la situazione non è ancora pienamente normalizzata”:
è il monito del commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, che -
nel giorno delle nuove previsioni economiche di Bruxelles - ribadisce la necessità
di “assicurare una ripresa più forte”. Per questo - in vista degli importanti vertici
europei programmati per il mese di marzo - invita tutti i Paesi a “raggiungere un
accordo sul fronte del risanamento dei bilanci e del completamento delle riforme strutturali.
Per quanto riguarda l’Italia, Rehn ha ricordato la duplice sfida: "risanare i conti
riducendo l'elevato debito pubblico e assicurare una più rapida ripresa attraverso
riforme strutturali". Secondo Olli Rehn, l’Italia inoltre ha bisogno di una politica
di “moderazione salariale per evitare ulteriori perdite di competitivita”.
Sale
al 119% il debito pubblico italiano: dati Istat per il 2010 Sale nel 2010 il
rapporto debito-pil. Secondo l'Istat, si è attestato al 119% del pil. Si tratta di
circa tre punti in più rispetto all'ultima stima che dava il rapporto nel 2009 al
116,1%.
Lascia il ministro della Difesa tedesco accusato di aver copiato
la tesi di dottorato Il ministro della Difesa tedesco, Karl-Theodor zu Guttenberg
(Csu), ha annunciato le sue dimissioni dopo che da giorni è accusato di plagio della
sua tesi di dottorato. “Mi dimetto dai miei incarichi politici”, ha detto Guttenberg.
“Questa è la decisione più dolorosa della mia vita”, ha aggiunto. Guttenberg ha poi
ringraziato la cancelliera Angela Merkel per il suo appoggio e ha aggiunto: “Sono
sempre pronto a combattere, ma ho raggiunto i limiti della mia forza”. Il ministro
si è scusato di nuovo per la vicenda della tesi e ha spiegato di avere preso questa
decisione solo adesso perchè voleva studiare con attenzione le accuse a lui rivolte.
Inoltre, ha sottolineato, voleva aspettare i funerali dei soldati uccisi la settimana
scorsa in Afghanistan per non attirare su di sè tutta l'attenzione dei media.
Due
minuti di silenzio in Nuova Zelanda ad una settimana dal terremoto La nuova
Zelanda si è fermata oggi per osservare due minuti di silenzio in memoria delle vite
perdute nel terremoto che esattamente una settimana fa ha raso al suolo gran parte
di Christchurch, la pittoresca seconda città del Paese. Alle 12:51 (le 0:51 in Italia)
tutti si sono fermati per ricordare e per esprimere sostegno alle famiglie in lutto
per i loro cari uccisi nel sisma di magnitudo 6,3, particolarmente devastante perchè
di scarsa profondità e con epicentro vicino alla città. Il numero di morti e dispersi
è di circa 240, secondo il dipartimento di difesa civile, che ha aumentato la precedente
stima di oltre 200. Il numero ufficiale confermato di morti è di 154, ma continuerà
a salire mentre un contingente internazionale di oltre 600 soccorritori continua a
scavare fra le macerie. Nessun sopravvissuto è stato estratto dalle macerie da mercoledì
scorso.
La Corea del Sud chiede dialogo a Pyongyang Il presidente
sudcoreano Lee Myung-bak ha espresso la disponibilità di Seul per un dialogo “senza
pregiudizi” con il regime nordcoreano, ribadendo tuttavia la necessità che Pyongyang
si assuma la responsabilità per le provocazioni militari e rinunci alle ambizioni
nucleari. Lee ha parlato in occasione del 92.mo anniversario dai primi moti di rivolta
contro la dominazione coloniale nipponica della Corea. L'apertura arriva mentre tornano
a salire le tensioni tra i due Paesi, con Pyongyang di nuovo sul piede di guerra contro
le manovre militari congiunte Usa-Corea del Sud e le attività di propaganda anti-regime
condotte da Seul. Lo scorso anno la penisola coreana ha registrato alcune tra le crisi
più gravi dalla fine della guerra di Corea (1950-53). A marzo una corvetta del Sud
è affondata nel mar Giallo causando la morte di 46 marinai a causa - secondo Seul
- di un attacco attribuito a Pyongyang, mentre a novembre l'esercito nordcoreano ha
bombardato l'isola sudcoreana di Yeonpyeong, uccidendo due civili e due militari.
(Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 60