2011-03-01 16:14:59

Proteste nel mondo arabo, le opinioni degli esperti


In molte zone della Libia gli insorti hanno sostituito il vessillo verde voluto dal colonnello Gheddafi con la bandiera monarchica dei tempi di re Idris. Pagine della storia recente potrebbero dunque convergere nel futuro del Paese. Ma a questa eredità del passato si aggiunge, come in altri Paesi del Nord Africa e del mondo arabo, anche una significativa pluralità di voci, come ricorda il prof. Paolo Branca, docente di Lingua araba e islamistica alla Cattolica di Milano:

R. – Un’ondata del genere ovviamente cercheranno di cavalcarla un po’ tutti, tra cui i rappresentanti dei vecchi regimi, che tenteranno alla maniera del “Gattopardo” di far cambiare tutto affinché tutto rimanga come prima. Ma cercheranno di cavalcarla anche i movimenti islamici, che certamente non sono scomparsi. Di colpo giocheranno il loro ruolo. Però, il fatto che ci siano più voci e che il dibattito sia aperto e si sia comunque impostato tutto su obiettivi condivisi, non marcatamente religiosi, è già un buon inizio che non dovremmo congelare per nostra pigrizia e indifferenza.

D. – C’è, secondo lei, un insegnamento che arriva ai governi europei da quello che sta accadendo nel Maghreb e nei Paesi arabi?

R. – Ai governi sicuramente quello di guardare di più a obiettivi di medio e lungo periodo. E all’Europa intera - che sta invecchiando in fretta e male, piena di paure, aggrappata ai suoi peraltro sempre più fragili privilegi - la forza di queste nuove generazioni. (gf)

L’ondata di proteste, nel Nord Africa e nel mondo arabo, è alimentata in gran parte dai giovani che manifestano, soprattutto, per il mancato rispetto della dignità umana. E’ quanto sottolinea, al microfono di Fabio Colagrande, la teologa musulmana Sharzad Housmand, docente di Studi islamici presso l’Istituto di Studi interdisciplinari su Religioni e Culture della Pontificia Università Gregoriana:

R. – Sono giovani stanchi non solo di una forma stretta di visione religiosa, ma soprattutto dell’ingiustizia, della violenza, dell’oppressione, di essere derubati nei loro averi e nei loro tesori sia materiali sia spirituali. Sappiamo, ad esempio, che quel giovane tunisino che si è dato fuoco non lo ha fatto per una questione economica, ma soprattutto per rivendicare il diritto alla dignità umana. Quello che oggi sta succedendo in quei Paesi è esattamente questo: sono umiliati nella loro dignità umana.

D. – In molti, però, sottolineano il rischio che questi movimenti giovanili non abbiano dei veri e propri leader…

R. – Non c’è bisogno nemmeno di un leader. Sono giovani e sono le masse che fanno i leader. I pensatori e i maestri di queste società, con l’aiuto del mondo occidentale, possono prendere meglio la parola per il bene comune di tutti, musulmani e non, del nostro unico pianeta! (gf)

E l’onda delle proteste, dopo il Maghreb, diventa sempre più imponente in diversi Paesi arabi. Nello Yemen, migliaia di manifestanti hanno protestato stamani nel centro di San’a. I dimostranti hanno chiesto a gran voce le dimissioni del presidente, Ali Abdullah Saleh. Almeno due persone sono morte in seguito agli scontri.







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