Proteste nel mondo arabo, le opinioni degli esperti
In molte zone della Libia gli insorti hanno sostituito il vessillo verde voluto dal
colonnello Gheddafi con la bandiera monarchica dei tempi di re Idris. Pagine della
storia recente potrebbero dunque convergere nel futuro del Paese. Ma a questa eredità
del passato si aggiunge, come in altri Paesi del Nord Africa e del mondo arabo, anche
una significativa pluralità di voci, come ricorda il prof. Paolo Branca, docente
di Lingua araba e islamistica alla Cattolica di Milano:
R. – Un’ondata del
genere ovviamente cercheranno di cavalcarla un po’ tutti, tra cui i rappresentanti
dei vecchi regimi, che tenteranno alla maniera del “Gattopardo” di far cambiare tutto
affinché tutto rimanga come prima. Ma cercheranno di cavalcarla anche i movimenti
islamici, che certamente non sono scomparsi. Di colpo giocheranno il loro ruolo. Però,
il fatto che ci siano più voci e che il dibattito sia aperto e si sia comunque impostato
tutto su obiettivi condivisi, non marcatamente religiosi, è già un buon inizio che
non dovremmo congelare per nostra pigrizia e indifferenza.
D. – C’è,
secondo lei, un insegnamento che arriva ai governi europei da quello che sta accadendo
nel Maghreb e nei Paesi arabi?
R. – Ai governi sicuramente quello di
guardare di più a obiettivi di medio e lungo periodo. E all’Europa intera - che sta
invecchiando in fretta e male, piena di paure, aggrappata ai suoi peraltro sempre
più fragili privilegi - la forza di queste nuove generazioni. (gf)
L’ondata
di proteste, nel Nord Africa e nel mondo arabo, è alimentata in gran parte dai giovani
che manifestano, soprattutto, per il mancato rispetto della dignità umana. E’ quanto
sottolinea, al microfono di Fabio Colagrande, la teologa musulmana Sharzad Housmand,
docente di Studi islamici presso l’Istituto di Studi interdisciplinari su Religioni
e Culture della Pontificia Università Gregoriana:
R. – Sono giovani stanchi
non solo di una forma stretta di visione religiosa, ma soprattutto dell’ingiustizia,
della violenza, dell’oppressione, di essere derubati nei loro averi e nei loro tesori
sia materiali sia spirituali. Sappiamo, ad esempio, che quel giovane tunisino che
si è dato fuoco non lo ha fatto per una questione economica, ma soprattutto per rivendicare
il diritto alla dignità umana. Quello che oggi sta succedendo in quei Paesi è esattamente
questo: sono umiliati nella loro dignità umana.
D. – In molti, però,
sottolineano il rischio che questi movimenti giovanili non abbiano dei veri e propri
leader…
R. – Non c’è bisogno nemmeno di un leader. Sono giovani e sono
le masse che fanno i leader. I pensatori e i maestri di queste società, con l’aiuto
del mondo occidentale, possono prendere meglio la parola per il bene comune di tutti,
musulmani e non, del nostro unico pianeta! (gf)
E l’onda delle proteste,
dopo il Maghreb, diventa sempre più imponente in diversi Paesi arabi. Nello Yemen,
migliaia di manifestanti hanno protestato stamani nel centro di San’a. I dimostranti
hanno chiesto a gran voce le dimissioni del presidente, Ali Abdullah Saleh. Almeno
due persone sono morte in seguito agli scontri.