Indonesia. Leader cristiani della Papua: calpestati i diritti umani degli indigeni
Un “kairos”, un “momento di verità”, per una riflessione sul progressivo deteriorarsi
del rispetto dei diritti umani nella Papua indonesiana: è quanto propongono alcuni
leader cristiani indonesiani, mentre nella tormentata regione nei prossimi mesi si
eleggerà il nuovo governatore. Gli osservatori notano meccanismi poco democratici
e poco trasparenti nel processo elettorale (di fatto il governo centrale controlla
la nomina), che hanno generato contestazioni anche a livello legale. In un accorato
intervento inviato all’agenzia Fides, i leader cristiani delle Chiese protestanti,
evangelica e battista in Papua notano “il fallimento del governo nel promuovere lo
sviluppo delle comunità indigene”, nonostante la legge che disegnava una “Speciale
autonomia per la Papua”. “Come leader delle Chiese, siamo profondamente preoccupati
per la condizione della nostra popolazione, specialmente degli indigeni, proprietari
delle terre: il loro destino è stato relegato all’incertezza, per le politiche di
sviluppo promosse dal governo indonesiano”. L’applicazione della Speciale Autonomia
è stata, secondo i leader “inconsistente e sconclusionata”, ed è segno di insincerità
del governo, che ha condotto gli abitanti della Papua a parlare di “completo fallimento”.
La stessa Assemblea parlamentare è considerata “un insulto al popolo, creato a immagine
di Dio”, mentre la posizione del governo di fatto “annichilisce i diritti e l’esistenza
stessa degli indigeni nella loro madrepatria”. I leader cristiani vedono in questo
momento “un’occasione propizia” per esprimersi: in primo luogo notano il ripetersi
delle antiche dinamiche e i vecchi problemi di democrazia e legalità. I leader ricordano,
inoltre, la storia di sofferenza delle popolazioni locali, che alcuni osservatori
hanno definito “un genocidio”, rimarcando la volontà del governo di Giacarta di mortificare
del tutto – con programmi di immigrazione interna – la vita, i diritti, lo sviluppo
e la promozione sociale delle comunità indigene. I papuani sono considerati “cittadini
di seconda classe” e sono di fatto emarginati e discriminati. I leader si dicono pronti
ad accompagnare la sofferenza del popolo, in una prospettiva biblica e teologica:
“Il Signore ci manda a stare a fianco del popolo, nella sua buia storia di sofferenza
e oppressione”. Fare questo, notano, è parte integrante della missione di annunciare
la “Buona Novella” del Vangelo di Cristo. Per questo i cristiani chiedono al governo
di Giacarta di fermare il processo elettorale, che non è trasparente, e di chiarire
i nodi esistenti, aprendo un dialogo autentico con le comunità indigene, assicurando
il rispetto dei loro diritti fondamentali. La Papua, ex colonia olandese, all'inizio
degli anni '60 è stata annessa dall’Indonesia, senza il consenso della popolazione
locale. Da allora non si sono mai spente le proteste e i fermenti indipendentisti.
(R.P.)