Rischio di guerra civile in Costa d’Avorio. Il cardinale Sarr: accettare “la verità
delle urne”
Continua in Costa D’Avorio lo scontro tra i sostenitori del capo di Stato uscente,
Laurent Gbagbo, e il presidente eletto nel ballottaggio del 28 novembre scorso, Alassane
Ouattara. Nel Paese si susseguono manifestazioni e disordini, tanto che molti osservatori
parlano ormai di guerra civile. Sono migliaia le persone in fuga dalle violenze: e
si sta profilando una vera e propria emergenza umanitaria. Il segretario generale
dell'Onu, Ban Ki-moon, ha chiesto una riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza
per fermare la crisi. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Massimo Alberizzi,
esperto di Africa del Corriere della Sera:
R. – C’è
un braccio di ferro in corso tra i due presidenti. Ouattara sicuramente è stato accettato
come vincitore ufficiale dalla comunità internazionale, dalla Francia, gli Stati Uniti
e anche dalle Nazioni Unite. Gbagbo sostiene che ci sono stati dei brogli. Il fatto
più grave è che, comunque, non si riesca a trovare una soluzione e che si rischi la
guerra civile.
D. - Su quali linee stanno conducendo la mediazione i
capi di Stato dell’Unione Africana?
R. – In realtà dovranno tentare
una mediazione sul tipo di quella portata avanti con successo in Kenya, dove appunto
il presidente Kibaki aveva vinto le elezioni in modo non trasparente e Raila Odinga,
il suo oppositore, ovviamente chiese invece che le elezioni fossero invalidate. Si
è riusciti a trovare un accordo: Kibaki presidente e Raila Odinga primo ministro.
Era quello che si pensava di fare in Costa d’Avorio: lasciare in carica Gbagbo come
presidente e nominare Ouattara primo ministro. Il problema è che però queste soluzioni
sono sempre incostituzionali. Io credo che: chi ha perso le elezioni deve lasciare
il posto a chi ha vinto le elezioni.
D. – Sono molte le organizzazioni
umanitarie che lanciano l’allarme in Costa d’Avorio proprio a causa di questa situazione
e di questo rischio di guerra civile…
R. – Sì, da quando sono cominciati
gli scontri tra le due fazioni, devo dire che Gbagbo ha scatenato i suoi pretoriani:
di notte vanno nelle case ad Abidjan a saccheggiare le abitazioni degli oppositori.
Quindi, la situazione sta diventando sempre più difficile. A me sono arrivate delle
fotografie e un video che francamente non è possibile pubblicare, in quanto sono veramente
raccapriccianti. Per questo credo che ci sia già una forte emergenza umanitaria. (bf)
Nei
giorni scorsi una delegazione di leader religiosi africani, accompagnati dal cardinale
Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar e primo vice presidente del Secam (
il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) si è recata in Costa
d’Avorio per incontrare le forze vive della società civile e religiosa, nonché i protagonisti
della crisi, Gbagbo e Ouattara, e tentare una mediazione. Hélène Destombes
ha chiesto al cardinale Sarr gli obiettivi di questa missione:
R. - L’objectif
c’était donc de marquer notre solidarité… L’obiettivo era quello di ribadire
la nostra solidarietà al popolo ivoriano e alla Chiesa della Costa d’Avorio. Perciò,
abbiamo voluto incontrare i vescovi della Costa d’Avorio per dire loro la nostra solidarietà
attraverso la preghiera ma anche valutando cosa poter fare come leader religiosi nel
continente; abbiamo quindi incontrato le principali parti coinvolte nella crisi, i
due presidenti, quello uscente e quello che è stato riconosciuto come eletto.
D.
- Qual è il messaggio che avete trasmesso a Laurent Gbagbo e Alassane Ouattara?
R.
- C’est que peut-être il faut certainement… Che certamente è necessario
che le due parti accettino di riconoscere quella che io personalmente chiamo la “verità
delle urne”: le elezioni ci sono state, sono stati comprovati i processi verbali dei
seggi elettorali e dunque penso che la verità delle urne già esista e bisogna riconoscerla
e accettarla. Noi abbiamo insistito su questo fatto e penso che le due parti sappiano
dov’è la verità delle urne e speriamo che la missione dell’Unione Africana possa cambiare
qualcosa. Ad ogni modo, se il problema rimane, noi ci domandiamo se non potremo allora
prendere in considerazione un’altra delegazione, un’altra missione e vedere se associando
l’autorità morale dei capi religiosi sia possibile contribuire ulteriormente al superamento
della crisi.
D. - Durante la visita in Costa d’Avorio dei quattro capi
di Stato delegati dall’Unione Africana per risolvere la crisi politica, il rappresentante
sudafricano ha proposto una condivisione del potere o l’organizzazione di nuove elezioni…
E’ la soluzione?
R. - Moi, je ne vois pas la nécessité vraiment de nouvelles
élections… In realtà, io non vedo la necessità di nuove elezioni, non sono
sicuro che servano… Ho detto che la verità delle urne è da qualche parte ed è meglio
individuare un’istanza neutrale che voglia riesaminare i processi verbali per vedere
se le conclusioni di una parte e dell’altra possano considerarsi conformi e vedere
quindi dov’è la verità delle urne. Per quanto mi riguarda, ripeto, sono convinto che
questa verità esiste!
D. - Dall’inizio della crisi qualcuno ha accennato
a divisioni anche all’interno dell’episcopato ivoriano… Lei l’ha constatata?
R.
- “Divisions” c’est peut-être un peu fort mais des divergences de vue… Il
termine “divisioni” mi pare un po’ forte; credo si tratti piuttosto di divergenze
di opinioni e credo che sia normale … Penso che in questa situazione alcuni ascoltano
una parte e forse pensano che quella parte abbia ragione e magari altri vescovi pensano
che invece sia l’altra parte ad avere ragione … Diciamo che ci sono divergenze di
opinioni ma che queste non hanno impedito loro di incontrarsi e di produrre documenti
comuni. Ma noi stessi avevamo consigliato loro di fare sempre lo sforzo di porsi al
di sopra delle parti e di evitare di essere etichettati come “partigiani”, di una
parte o dell’altra. Ma è facile a dirsi quando ci si trova all’esterno; quando si
è coinvolti non è facile. Ma è necessario aiutare a considerare la situazione con
distacco. (bf)