Libia. L'Ue approva le sanzioni. Gheddafi sempre più solo ma non cede
In Libia, forze ribelli hanno abbattuto un elicottero militare nei pressi di Misurata
e catturato cinque soldati che erano a bordo del velivolo. Gli insorti, intanto, avanzano
verso Tripoli. Ed è ormai limitata alla sola capitale l’area ancora sotto il controllo
delle forze governative. Il procuratore del Tribunale penale internazionale dell'Aia,
Luis Moreno Ocampo, ha avviato intanto indagini preliminari sulle violenze in Libia.
L'Ue approva le sanzioni. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La Libia
è un Paese a due facce, quelle di Tripoli e Bengasi. La capitale continua ad essere
controllata da forze governative. A Bengasi, invece, è stato istituito il Consiglio
nazionale libico per governare il resto del Paese liberato dal regime. Gli insorti
sono alle porte della capitale ma le forze governative, secondo diversi analisti,
dispongono ancora di una potenza di fuoco capace di scatenare una guerra civile. Il
destino dell’attuale governo libico appare segnato ma Muammar Gheddafi non cede e
resta asserragliato nel bunker nel centro di Tripoli. In un’intervista rilasciata
alla televisione serba, oltre a ribadire la responsabilità di Al Qaeda per le rivolte,
il colonnello ha anche condannato l’Onu per aver imposto le sanzioni e, soprattutto,
per l’inchiesta lanciata dalle Nazioni Unite contro di lui per crimini contro l’umanità.
Ma la comunità internazionale prende in esame diverse misure restrittive. L'Unione
Europea ha adottato le sanzioni contro il colonnello libico e altre 25 persone tra
suoi familiari ed alleati. Tra queste vi sono: il congelamento dei beni, l'embargo
sulla vendita di armi e il divieto di ingresso nei territori europei. L’Unione
Europea sta anche cercando di stabilire contatti con l'opposizione. Il segretario
di Stato americano, Hillary Clinton, ha affermato che gli Stati
Uniti sono “pronti ad aiutare gli oppositori di Gheddafi”. Anche il governo
italiano, che ha sospeso il ‘Trattato di amicizia italo-libico’,
esprime ferma condanna per la sanguinosa repressione delle proteste. L’Italia – ha
detto il ministro degli Esteri Franco Frattini - è pronta all’uso della forza contro
gli uomini fedeli al colonnello Gheddafi per riportare la pace in Libia a patto che
ci sia in tal senso “uno sforzo corale da parte di tutti”. Stamani si è aperta a Ginevra
la riunione del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, incentrata sulle rivolte popolari
nel mondo arabo e sulla necessità di trovare una soluzione alla grave situazione libica.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite, Navi Pillay, ha chiesto alla comunità internazionale
di appoggiare le riforme in Medio Oriente e di vigilare sulla Libia per evitare violente
rappresaglie. In Libia, infine, prosegue l’impegno della Chiesa locale per aiutare
la popolazione libica e anche gli stranieri che non rientrano in liste di evacuazione.
E’ quanto sottolinea il nunzio apostolico nel Paese, mons. Tommaso
Caputo:
“Ad oltre dieci giorni dall’inizio dei disordini
in Libia, i sacerdoti e le suore dei due vicariati apostolici di Tripoli e Bengasi
proseguono nel loro servizio a favore della popolazione e dei fedeli, specialmente
negli ospedali. In questi giorni i religiosi stanno ricevendo insistenti richieste
di aiuto da persone che non rientrano nelle liste di coloro i cui governi provvedono
all’evacuazione dalla Libia. In particolare, a Tripoli segnalano la gravissima situazione
di migliaia di eritrei che non hanno punti di riferimento e, nel contesto attuale,
risultano i più abbandonati. Questi nostri fratelli eritrei sperano fortemente che
qualche governo si possa occupare della loro evacuazione e li accolga come rifugiati”.
Ha
lanciato un accorato appello in favore degli eritrei anche il vicario apostolico di
Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli. "Ci duole il cuore - ha detto il presule
- perchè non possiamo fare niente per loro. Sono veramente gli ultimi del Vangelo.
Chiedo che queste persone possano essere assistite e possano trovare rifugio da qualche
parte".
A differenza di quanto avvenuto in Egitto, numerosi Paesi, con
in testa gli Stati Uniti, non hanno esitato a schierarsi in favore degli insorti libici,
offrendo anche il proprio sostegno. A Eric Salerno, inviato del quotidiano
“Il Messaggero” Stefano Leszczynski ha chiesto il perché di una presa di posizione
americana così decisa e rapida in favore dell’opposizione libica.
R. – Credo
che fondamentalmente è il petrolio ed è la posizione strategica della Libia nel Mediterraneo.
Gli americani hanno paura – e non soltanto loro – che la situazione possa sfuggire
di mano e vogliono entrare subito nel gioco per dire: “Noi siamo con voi questo significa
che domani ci dovrete ringraziare”.
D. – Si può immaginare un qualche
coinvolgimento dei servizi segreti internazionali per quanto sta succedendo in Nord
Africa?
R. – Le situazioni sono diverse. Per quanto riguarda quella
egiziana, credo che la Cia ha fatto sapere da molto tempo che la situazione interna
all’Egitto era fragile, in difficoltà per Mubarak e per le persone che gli erano vicine.
Quello che è importante notare, però, è che i servizi segreti americani, i militari
ed i servizi segreti egiziani sono in contatto costante. C’è, perciò, una presenza
americana in Egitto, anche quando non c’è Mubarak.
D. – Mentre in Libia
la situazione sembra più contorta...
R. – I servizi segreti libici e
americani sono in contatto già da molti anni. Sono loro che mantengono i contatti.
Anche negli anni di difficoltà, nel periodo dell’embargo, gli americani ed i libici
si parlavano in qualche modo. Non è una cosa nuova, sono sempre stati presenti. Non
credo che gli americani abbiano avviato il processo di cambiamento che sta avvenendo
in Libia, non credo che si siano dati da fare in quel senso. (vv)