Il cordoglio delle istituzioni e di tutto il mondo politico italiano per la morte
del tenente Massimo Ranzani, deceduto stamani in un attentato nei pressi di Shindad,
nell’ovest dell’Afghanistan. Nell’esplosione di un ordigno rudimentale sono rimasti
gravemente feriti anche altri quattro militari italiani del quinto Reggimento alpini
di Vipiteno. Il servizio di Debora Donnini:
L’Italia
piange la sua 37.ma vittima dall’inizio della presenza militare in Afghanistan nel
2004. Massimo Ranzani, 36 anni, di Ferrara, è morto stamattina quando il veicolo blindato
Lince su cui viaggiava è stato investito dall’esplosione di un ordigno rudimentale.
Altri quattro militari italiani sono rimasti gravemente feriti e si trovano ora presso
l'ospedale militare della base "Shaft" di Shindand, sede del comando della Task Force
Centre. I soldati stavano rientrando da una missione di assistenza medica alla popolazione
locale. Esprime profonda commozione il presidente della Repubblica italiana Giorgio
Napolitano; “un calvario”, dice il premier Silvio Berlusconi. Tutte le volte, ci si
chiede se questo sacrificio serva ma, precisa, “dobbiamo andare avanti”. Il nostro
dovere è rispettare gli impegni internazionali, afferma ancora il ministro degli esteri
Franco Frattini. E la violenza oggi ha colpito anche altri 3 soldati dell’Isaf, deceduti
in altre zone del Paese.
Sul tipo di attacco effettuato dai ribelli contro
la pattuglia italiana, sentiamo Alessandro Politi, analista politico e strategico.
R. – Non
c’è, ormai, nulla di particolarmente strano in questo tipo di attacchi. Siamo in una
zona pesantemente infiltrata dalle forze talebane, dai ribelli, e quindi è assolutamente
normale che i nostri avamposti vengano attaccati, le nostre pattuglie cadano in questo
tipo di imboscate con ordigni improvvisati. Tutto questo andrà avanti fino a quando
noi non riusciremo non solo a creare delle bolle di sicurezza ma a soppiantare i governi
ombra talebani che si stanno sistematicamente insediando nei villaggi.
D.
– Come mai l’Isaf non riesce appunto sradicare questa presenza talebana?
R.
- Perché non bastano le operazioni militari. Bisogna fare in modo che le forze afghane
e, soprattutto il governo afghano, sia presente e in molti posti è semplicemente assente.
Mentre, invece, i talebani arrivano con un capo - spesso dall’esterno per evitare
favoritismi tribali - quattro, cinque sezioni specializzate per i bisogni della popolazione
tra cui la giustizia, ed esistono anche dei tribunali mobili che la amministrano con
molta rapidità, efficacia, anche se con spietatezza. Questo, naturalmente, porta i
villaggi gradualmente ad allinearsi sulle posizioni dei ribelli.
D.
– Perché non si punta sul potenziamento del governo afghano?
R. – Perché
questo è un problema del governo afghano. E’ un governo profondamente diviso: è diviso
per linee etniche, per linee di famiglia e, purtroppo, è anche affetto da fenomeni
importanti di corruzione e quindi risulta meno credibile quando ci si allontana dalla
capitale. Questo non lo possono fare gli stranieri per il governo di Kabul, questo
lo deve fare il governo stesso. (bf)