2011-02-27 09:52:42

Giornata di preghiera in Cile ad un anno dal terremoto: colletta in tutte le chiese per i giovani colpiti dal sisma


Il Cile si raccoglie in preghiera, oggi, ad un anno dal devastante terremoto che il 27 febbraio 2010 ha colpito il Paese, causando oltre 450 vittime accertate e decine di dispersi. Due milioni le persone direttamente coinvolte dal sisma, mezzo milione gli edifici danneggiati. E, in questi ultimi giorni nuove scosse hanno interessato la costa centrale cilena. Questa domenica in tutte le diocesi sono organizzate iniziative e celebrazioni per ricordare l’anniversario. Ascoltiamo in proposito il nuovo arcivescovo di Santiago del Cile, mons. Ricardo Ezzati Andrello, al microfono di Alina Tufani:RealAudioMP3

R. – La comunità cristiana si riunisce con due grandi finalità. Anzitutto quella di pregare il Signore per le vittime del terremoto ed esprimere, attraverso la nostra preghiera, la vicinanza alle famiglie che hanno sofferto per la perdita dei loro cari, dei loro parenti. Questa preghiera vuole farci unire, tutti insiemi, in un senso di Chiesa e vuole esprimere la comunione profonda, che esiste fra di noi anche e soprattutto in questi momenti di dolore. In secondo luogo, vorremmo che questa domenica sia dedicata alla solidarietà: perché vogliamo non soltanto ringraziare il Signore per la nostra vita e pregare per i nostri defunti, ma vogliamo riuscire a risvegliare nel cuore di tutti i fedeli il senso della carità e della solidarietà. E’ per questo che la Conferenza episcopale ha organizzato, proprio in questa domenica, una speciale azione di solidarietà: vogliamo che la colletta, che si farà in tutte le chiese, sia a beneficio dei ragazzi e dei giovani che studiano, che frequentano le scuole e le università, perché purtroppo a causa della situazione precaria delle loro famiglie, spesso non hanno la possibilità di farlo. Vogliamo esprimere questa nostra solidarietà con il mondo dei giovani come segno di ciò che la speranza può fare, anche nei momenti più difficili.

D. – Un anno fa, lei era arcivescovo di Concepción, uno dei luoghi più colpiti da questo tragico terremoto, ed ha quindi vissuto tutto questo in prima persona. Quale il suo ricordo e quale prospettiva per il futuro?

R. – Celebrando l’Eucaristia nell’atrio della cattedrale, poiché il terremoto l’ha danneggiata fortemente, ho invitato sempre a guardare in alto, dove si trova un’immagine della Madonna che, con le braccia aperte, indica la sua vicinanza al popolo. Ho sempre detto che le braccia aperte della Vergine volevano essere per noi l’invito a vivere la nostra vita con le “mani aperte”, con le mani cioè aperte all’aiuto, con le mani aperte per accogliere, con le mani aperte per costruire insieme il futuro. Credo che il richiamo più forte, pensando a questo terremoto, sia proprio questo: in due minuti abbiamo perso tutto quello che l’ingegno umano aveva costruito. Ma quello che ci è rimasto sono i valori profondi dell’amicizia, della fraternità e dell’amore. Le mani aperte della Vergine indicano, appunto, questo nostro compito. Credo che proprio questo sia il messaggio che oggi vorrei portare alla popolazione, non soltanto di Concepción ma anche di tutte le altre città che hanno sofferto per le gravi conseguenze del terremoto e del maremoto: quando uniamo le nostre mani, quando usiamo le nostre mani per costruire solidarietà, quando usiamo le nostre mani per mettere insieme le capacità di tutti, allora sempre è possibile la speranza, sempre è possibile ricostruire, forse anche meglio, quello che è stato purtroppo distrutto. (mg)







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