Emergenza profughi. Maroni: l'Europa non lasci sola l'Italia
L’Europa non lasci sola l’Italia di fronte all’emergenza immigrazione causata dalle
rivolte nel Nord Africa: è l’appello lanciato dal ministro dell’Interno italiano Roberto
Maroni che stamani è arrivato a Bruxelles per il Consiglio europeo Affari Interni.
Dalla Libia può giungere un’ondata di immigrazione dalle proporzioni catastrofiche,
afferma Maroni facendo riferimento all’arrivo di un milione e mezzo di persone. Preoccupazione
anche riguardo ad Al Qaeda che stamani ha detto di supportare i ribelli. Il servizio
di Debora Donnini.
L’Italia
può fronteggiate l’emergenza immigrati “ma non per tanto tempo”. Non possiamo essere
lasciati soli di fronte a una crisi umanitaria catastrofica. E’ chiaro il messaggio
che il ministro dell’Interno Maroni lancia all’Europa al Consiglio Affari Interni.
Maroni spiega che "il problema non è la Tunisia", riferendosi ai 5mila profughi provenienti
da quel Paese e già approdati a Lampedusa. "Il problema è quello che sta succedendo
in Libia”. Il ministro italiano ricorda, infatti, che è stata ieri Frontex, l’Agenzia
europea per il controllo delle frontiere, a parlare del possibile arrivo di almeno
1 milione di rifugiati. Preoccupazioni condivise anche dal ministro della Difesa Ignazio
La Russa. E c’è timore anche sul fronte Al Qaeda che ha detto di supportare i ribelli.
“Serve, sostiene Maroni, un differente approccio da parte dell’Europa”. Le richieste
all’Unione Europea sono state, peraltro, formalizzate ieri dal vertice a Roma di 6
Paesi del Mediterraneo. Tra queste il fondo di solidarietà per le emergenze umanitarie.
“Bisogna passare dalle dichiarazioni alle azioni”, afferma il responsabile del Viminale
che però dice di non farsi illusioni sulla disponibilità delle altre Nazioni ad uno
smistamento. Dall’Europa sembra profilarsi un atteggiamento cauto. Fonti europee dicono
che non si registrano “movimenti di immigrati dalla Libia verso l’Ue” che, dunque,
sta mettendo a punto piani di emergenza per ricevere i profughi che dovessero arrivare
sempre dalla Libia attraverso Tunisia ed Egitto, anche sostenendo il lavoro dell’Onu
e delle ong in questi paesi. Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per
i rifugiati e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, tra le 5mila e le
8mila persone si trovano al confine con la Tunisia ed un numero minore alla frontiera
con l'Egitto.
Quali, a questo punto, gli scenari che si aprono riguardo
l'emergenza profughi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Monica Spatti,
ricercatrice del Dipartimento di studi giuridici all’Università Cattolica di Milano
ed esperta di immigrazione in ambito europeo:
R. – L'Italia
potrebbe chiedere all’Europa di attivarsi e di applicare la direttiva sulla protezione
temporanea, la quale prevede che gli Stati si impegnino a garantire l’accesso ad un
certo numero di persone: ciascuno Stato dovrebbe, quindi, farsi carico di un numero
di sfollati. Questo, però, non è un obbligo; è una facoltà dei singoli Stati.
D.
– E’ una sorta di collegamento con quello che è il “principio di solidarietà”, che
prevede l’intervento dei 27, quando uno dei Paesi si trova in difficoltà?
R.
– Esatto. E’ un’applicazione concreta del “principio di solidarietà”: ciascuno Stato
dovrebbe – però il condizionale è d’obbligo – indicare la propria capacità di accoglienza
in termini numerici, in termini generali.
D. – Esiste anche un problema
di sicurezza: insieme all’enorme flusso di immigrati, potrebbero arrivare anche appartenenti
a cellule terroristiche intenzionate a colpire l’Europa. Come si può evitare giuridicamente
un problema del genere?
R. – Si può evitare, perché gli Stati possono
decidere di non riconoscere asilo o qualsiasi tipo di protezione e quindi anche la
protezione temporanea a persone che costituiscono un pericolo per l’ordine pubblico,
persone che si sono macchiate di gravi crimini. In questa ipotesi, quindi, non verrebbe
concessa alcun tipo di protezione.
D. – Questo ovviamente presuppone
tutta una serie di controlli all’arrivo?
R. – Esatto, di controlli all’arrivo,
ma soprattutto una procedura atta a verificare l’effettiva pericolosità di queste
persone. E questa non è cosa né semplice, né immediata.
D. – Prospettando
una saturazione dell’Italia, non si rischia una politica di respingimenti pericolosissima
per la tutela dei diritti umani riconosciuta internazionalmente?
R.
– Sì. L’Italia non può, senza il sostegno del diritto internazionale, respingere queste
persone, perché le respingerebbe in Paesi non sicuri. Certo è che l’Italia non può
essere lasciata sola dagli altri Paesi dell’Unione Europea. (mg)