2011-02-23 15:22:00

Libia: la comunità internazionale condanna la repressione


All’indomani del discorso alla nazione del leader libico Muammar Gheddafi, “la Commissione Europea ha espresso una ''condanna unanime per l'uso della forza in Libia”. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha inoltre approvato una dichiarazione in cui si “condannano le violenze” degli ultimi giorni. La Francia chiede “sanzioni rapide e concrete”. Sul terreno, il bilancio è sempre più pesante. Diverse fonti parlano di oltre 1000 morti. Su internet si moltiplicano testimonianze, appelli e video amatoriali. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3

Il governo libico smentisce i bombardamenti sui civili e nega che finora sia stata usata la forza. Ma dai racconti di diversi testimoni sembra delinearsi un “massacro di proporzioni spaventose”. La cronaca è affidata soprattutto ad Internet. Video amatoriali e messaggi inviati dalla Libia continuano ad arrivare tramite la rete, in particolare attraverso Twitter. Un utente scrive che a Tripoli oggi si respira “un’aria minacciosa”. “In molti – si legge in un altro messaggio - cominciano ormai a paragonare Bengasi ad Auschwitz”. Nella piazza virtuale si diffondono notizie raccolte in strada. Una ragazza chiede di pregare per tutti i libici, “non solo per gli innocenti”. A partecipare alle proteste antigovernative sono soprattutto i giovani, come ricorda al microfono di Luca Collodi il presidente del Centro Studi Internazionali, Andrea Margelletti:

“C’è una rivolta generalizzata, che è basata su una generazione di giovani che hanno sviluppato, attraverso la rete, una coscienza comune. Le rivolte che hanno animato, in questi giorni, l’intero Nord Africa e Medio Oriente sono state, finora, rivolte assolutamente laiche. Bisogna parlare al più presto con i nuovi interlocutori, affinché siano proprio loro a farsi garanti della continuazione di un’ondata che non ha nulla a che fare, sino a questo momento, con l’estremismo islamico”.

L’Italia chiede che cessi immediatamente “l’orribile spargimento di sangue” in Libia e il ministro degli Esteri, Franco Frattini, conferma che il bilancio delle vittime di almeno 1000 morti è verosimile:

“L’intera comunità internazionale chiede al governo libico di fermarsi. Noi, purtroppo, non abbiamo notizie esatte sul numero di morti. Evidentemente, la mancanza di comunicazioni ci fa dire che la cifra di mille morti, che è stata comunicata, è una cifra purtroppo verosimile. Sappiamo per certo che la Cirenaica non è più sotto il controllo del governo libico e che ovviamente vi sono degli scontri in corso nel resto del Paese”.

Il governo italiano guarda con attenzione e preoccupazione l’evolversi della situazione. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha auspicato che non si arrivi ad una “direzione pericolosa” che conduca al prevalere del “fondamentalismo islamico”. In Libia, e anche in altri Paesi del Nord Africa, la speranza è che vengano garantiti tutti i diritti compresa la libertà religiosa, come sottolinea il padre gesuita egiziano Samir Khalil Samir, docente di Storia della Cultura araba e d'Islamologia presso l'Università "Saint Joseph" a Beirut, in Libano:

“Manca ancora la scoperta della libertà di coscienza, che è l’ultimo passo e il più importante per la parità tra tutti gli uomini in campo religioso: se un musulmano vuole essere cristiano, va bene; se un cristiano vuole essere musulmano, va bene. Ognuno ha diritto di scegliere la sua fede, così come di scegliere le sue opinioni, purché non leda i diritti altrui”.

Ieri il leader libico Muammar Gheddafi si è rivolto alla nazione. Nel discorso, trasmesso dalla Televisione di Stato, ha affermato che non lascerà la Libia e ha aggiunto che dietro i contestatori ci sono “infiltrati” mossi dall’estero. Il futuro della Libia appare incerto. Di fronte a molteplici, possibili scenari, resta comunque imprescindibile per il futuro del popolo lo sfruttamento di risorse come gas e petrolio. E’ quanto sottolinea Fabrizio Maronta, docente di Geografia politica ed economica all’Università Roma Tre, intervistato da Luca Collodi:

“La Libia è uno Stato che ha una caratteristica fondamentale, che è il petrolio. Questo, paradossalmente, può essere in prospettiva un elemento di stabilità, nella misura in cui la necessità di garantire una continuità dei proventi petroliferi alla base dell’economia libica, dovrebbe far sì che chiunque prenda in mano poi le redini del potere, in qualche modo sia portato a dare continuità ai rapporti commerciali. Potrebbe essere, per l’appunto, un partito e un governo con un carattere più marcatamente islamico. E questo – diciamo – pone problemi di sicurezza non indifferenti all’Europa e in particolar modo all'Italia”.

Restano infine difficoltose le comunicazioni per l’oscuramento, in varie zone della Libia, di Internet e della rete mobile. Proseguono poi i rimpatri degli stranieri. Washington ha avviato l'evacuazione degli americani via mare. Due imbarcazioni, scortate da navi militari, sono partite con destinazione Malta.(mg)

“L’Italia rimane il primo esportatore europeo di armamenti” alla Libia, nonostante il momento di profonda difficoltà politica e sociale del Paese nordafricano. Lo ricorda Pax Christi Italia, in un comunicato in cui il movimento internazionale “chiede di rifiutare l’esportazione di armamenti qualora esista un rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate a fini di repressione interna”. Ascoltiamo don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. – In questa situazione drammatica vogliamo cogliere un grande senso di responsabilità, lanciando un richiamo al bene del Paese e al bene di questa massa di fratelli e sorelle che sono in una situazione davvero disperata.

D. – I fatti di questi giorni cosa dimostrano riguardo alle politiche adottate finora dalla comunità internazionale rispetto alla Libia?

R. – Sembra che ci sia un gap troppo profondo tra le scelte - soprattutto le scelte di cooperazione militare, di sostegno a certi Paesi - e la morale, la legge, che l’Italia e gli Stati dell’Europa hanno come fondamento proprio per regolare questo commercio delle armi e soprattutto per aiutare la comunità internazionale a sostenere direttamente le popolazioni.

D. - Pax Christi fa riferimento ai rischi che questi armamenti possano essere usati per fini di repressione …

R. – Purtroppo vantiamo il primato di essere i primi fornitori in Europa di armi alla Libia. Di fronte allo sconvolgimento - dopo la Tunisia basti pensare, per esempio, all’Egitto - non abbiamo neanche posto il dubbio. La Francia e la Germania hanno immediatamente deciso di sospendere i rifornimenti di armi all’Egitto e invece per noi sembra sempre che purtroppo prevalga la legge del commercio, il commercio di morte.

D. - Come Pax Christi è vicina in queste ore ai cristiani di Libia?

R. – Siamo naturalmente partecipi di una grande e profonda comunione che avviene attraverso la comunità ecclesiale. Poi non dobbiamo nascondere che la nostra preoccupazione, da tanto tempo, è anche per il fiume umano che attraversa il nostro mare. Ormai la tragica realtà dei respingimenti ci conferma che ci vuole una politica di più ampio respiro, certamente italiana ma anche europea, al di là di una situazione emergenziale.(bf)







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