2011-02-23 15:49:30

Flussi migratori dall'Africa: la Chiesa siciliana invoca cooperazione internazionale e integrazione


Con la drammatica situazione in Libia e le proteste in diversi Paesi del Nord Africa, sono sempre più probabili nuovi flussi migratori diretti in Europa e in particolare in Italia. Secondo alcune stime, potrebbero arrivare sulle coste italiane oltre 300 mila immigrati. Oggi, Michele Cercone, portavoce di Cecilia Malmstrom, commissaria europea per gli Affari interni, ha affermato che le norme europee non prevedono un ''meccanismo di redistribuzione'' tra gli Stati membri dei migranti che chiedono asilo: ''la solidarietà tra gli Stati membri, come noto, è solo su base volontaria''. La precisazione è giunta dopo che ieri fonti diplomatiche europee avevano escluso che l'Ue potesse farsi carico di uno 'smistamento' dei migranti dal Nord Africa che avrebbero raggiunto le coste italiane. Gli sbarchi a Lampedusa continuano con il sindaco, Bernardino De Rubeis, che parla di respingimenti necessari. "L'Europa – ha detto - non può pensare che Lampedusa diventi il centro di raccolta immigrati di tutto il Mediterraneo”. Da parte sua, la Conferenza episcopale di Sicilia due giorni fa aveva indicato le sue proposte: creare un percorso strutturale di integrazione, valutare la possibilità di un decreto flussi straordinario e rafforzare la cooperazione internazionale nei Paesi del Nord Africa. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento.RealAudioMP3

R. – Ritengo che non debba essere solo dell’Italia, ma è un problema che riguarda tutta l’Europa. E’ vero che è un momento particolare, dove è difficile discernere. La nostra impressione, per adesso, è che si sia in attesa di qualcosa per comprendere il da fare. Questa vaghezza credo stia causando già i primi disagi, perché gli immigrati vogliono sapere cosa devono fare e questo può creare, in loro, oltre che disagio anche una reazione. Ma noi sappiamo quello che vogliamo fare? E qua le indicazioni non credo che possano partire da noi, come Chiesa. Sono cose concrete, politiche. Ora si parla del villaggio di Mineo. Cosa significherà? Diventerà un campo di concentramento? Bisogna mettere lì dentro quelli che chiedono asilo politico?

D. – Quindi, in questo momento, voi sottolineate un po’ l’incertezza e la confusione nell’affrontare la situazione da parte dell’Italia e dell’Unione Europea…

R. – La mia impressione è di incertezza, che senz’altro crea un po’ di confusione. Che lo Stato stia dando aiuti immediati a chi arriva, questo c’è. Ma con il passare del tempo questo non sarà sufficiente.

D. – Siamo arrivati ad un punto molto delicato, per quello che riguarda i Paesi del Nord Africa. Quanta responsabilità c’è stata, anche da parte dell’Italia, nel non voler prendere posizione?

R. – Questa, forse, è la responsabilità più grande, perché è vero che adesso è scoppiata una bomba e quindi stanno arrivando qui tutti i frammenti, ma questo passaggio era previsto, oltre che prevedibile. Si è pensato di risolverlo dicendo: “Non si passa di qua”, ma questo è impossibile. Non possiamo evitare questo flusso di gente.

D. – Lei è preoccupato per ciò che sta accadendo nei Paesi del Nord Africa?

R. – La preoccupazione c’è, perché non è soltanto una piccola insurrezione. E’ un momento fondamentale anche nella vita di quelle terre e di quei Paesi. Questa situazione, forse, chiede a noi, come Chiesa, una maggior riflessione sul senso del dialogo e su cosa significa mettersi di fronte a questi fratelli che vengono da un’altra terra, con un’altra mentalità e cultura. Credo sia un momento in cui la Chiesa debba prendere una maggior coscienza di se stessa e di quello che è. Pensare che tanta gente sta perdendo la vita, forse perché desidera la libertà, un modo diverso di vivere, questa è anche una solidarietà che dobbiamo esprimere. (vv)

Particolarmente impegnata e attiva nel far fronte a questa emergenza è la Caritas. Ascoltiamo al microfono di Luca Collodi il responsabile dell’Ufficio Immigrazione della Caritas italiana, Oliviero Forti:RealAudioMP3

“Ormai da anni, siamo consapevoli che questi Paesi costituiscono dei potenziali serbatoi di immigrazione, ma sono – e questo anche nel caso della Libia – anche grandi canali di immigrazione dall’Africa Sub-Sahariana e dal Corno d’Africa. Quindi, evidentemente, le preoccupazioni sono legittime e doverose. Quello che ci attende adesso non possiamo saperlo, ma ci stiamo attrezzando per tentare di garantire un’accoglienza dignitosa almeno a queste prime seimila persone che sono già arrivate. Capiremo poi nei prossimi giorni cosa accadrà”.(mg)







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