2011-02-22 14:26:26

Il sacerdozio secondo il Concilio Vaticano II: una rilettura della "Presbyterorum Ordinis"


Sacerdoti nuovi per una Chiesa realmente nuova. Fu questo lo spirito di fondo che guidò il Vaticano II quando si trattò di ridefinire il ministero sacerdotale, alla luce degli orizzonti aperti dal Concilio. Il frutto della riflessione conciliare si condensò nel decreto Presbyterorum Ordinis, che Paolo VI promulgò il 7 dicembre 1965. Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk ne parla nella 16.ma puntata della rubrica dedicata alla riscoperta dei documenti conciliari:RealAudioMP3

Non c'è rinnovamento nella Chiesa senza rinnovamento dei presbiteri. Tale affermazione non è segno di mentalità clericale ma la verità, radicata nella struttura della Chiesa voluta dal Signore. Il Concilio ricorda che Cristo stesso promosse alcuni dei discepoli “come ministri, in modo che nel seno della società dei fedeli avessero la sacra potestà dell'ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati” (n. 2).

Il Vaticano II ricorda “a tutti l'alta dignità dell'ordine dei presbiteri” (n. 1) ma dall'altro lato insegna invece che i presbiteri non “cadono dal cielo”, ma vengono presi dal popolo dei fedeli e “vivono in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai fratelli” (n. 3). I sacerdoti quindi devono essere consapevoli della grandezza della loro vocazione, senza celebrare se stessi, in quanto non possiedono nulla che non abbiano ricevuto. Sono, infatti, da ricordare le parole di sant’Agostino: “Per voi io sono vescovo, con voi sono cristiano”.

Il decreto Presbyterorum Ordinis indica i tre doveri fondamentali dei presbiteri: proclamare la parola di Dio, celebrare i sacramenti, e esercitare il ministero della carità. Il sacerdote deve ricordare che il suo compito “non è di insegnare una propria sapienza [come vorrebbero alcuni teologi], bensì di insegnare la parola di Dio” (n. 4). Tuttavia, tale insegnamento non consiste nel ripetere automaticamente le stesse formule, ma nell’"applicare la perenne verità del Vangelo alle circostanze concrete della vita” (n. 4).

Il Concilio sottolinea la necessità di comunione nei rapporti tra vescovi, presbiteri e diaconi, tra clero e religiosi (NMI, 45). Non si tratta però di una solidarietà nel nascondere i problemi che invece dovrebbero essere analizzati e risolti. Il Concilio indica piuttosto quella “spiritualità di comunione”, che permette ai presbiteri di aiutarsi vicendevolmente, contribuendo insieme al bene della Chiesa.







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