La protesta dei cristiani nel Karnataka per il Rapporto sugli attacchi alle chiese
Oltre 50mila cristiani hanno manifestato ieri a Mangalore, nello Stato indiano del
Karnataka, contro il Rapporto della Commissione Somasekhar sugli attacchi contro decine
di chiese nel 2008. I dimostranti hanno sfilato in silenzio, vestiti di nero e con
la bocca coperta da un bavaglio, per denunciare le falsità di un Rapporto che - affermano
- nasconde i veri responsabili delle violenze anticristiane. In piazza sono scesi
anche alcuni vescovi. Ascoltiamo in proposito l'arcivescovo di Bangalore, capitale
del Karnataka, mons. Bernard Blasius Moras, al microfono di Emer McCarthy:
R. - On 28th
of January 2011, the highlight of the final report that is submitted … Il
28 gennaio 2011 è stato reso pubblico il Rapporto finale della Commissione che era
stato sottoposto al governatore del Karnataka. Con nostro grande sgomento, il Rapporto
è assolutamente ostile alla comunità cristiana mentre ha assolto da ogni responsabilità
il governo dello Stato, il partito al potere, il Bjp (Bharatiya Janata Party), i gruppi
fondamentalisti, come il Bajrang Dal, e anche la polizia, che pure era stata accusata
nel Rapporto preliminare. Inoltre, hanno perfino accusato i cristiani di essere gli
esecutori stessi degli attacchi, e hanno anche formulato l’accusa di conversioni su
larga scala, pur affermando che la Chiesa cattolica non fa proselitismo: cercano così
di dividere la confessione cattolica dalle altre confessioni cristiane. Il Rapporto
chiede anche che questi gruppi cristiani siano posti sotto il controllo del governo,
e ci sono segnali che ci dicono che sia in preparazione una legge anti-conversione.
Si vuole anche che i fondi e le donazioni che vengono dall’estero siano gestiti dal
governo, e si suggerisce l’istituzione di un registro delle religioni. Tutto ciò è
molto, molto anti-cristiano e contro la religione.
D. – Voi state cercando
una riconciliazione nella giustizia…
R. - Of course, we are trying for
the reconciliation; we have met the people … Ovviamente, noi ci stiamo impegnando
per la riconciliazione. Ci siamo incontrati con le autorità locali e abbiamo detto
loro che noi siamo per la giustizia e per i diritti costituzionali; abbiamo affermato
pubblicamente che siamo un popolo che ama la pace, che amiamo i nostri fratelli e
le nostre sorelle e che continueremo a fare del bene come abbiamo fatto finora. Siamo
pronti a soffrire, ma non smetteremo di fare il bene che stiamo facendo perché la
Chiesa è conosciuta per le sue opere di bene. (gf)