2011-02-21 15:08:37

Immigrazione dal Nord Africa: l'Acnur chiede adeguati piani di intervento


Le crisi del mondo arabo e islamico stanno provocando un aumento dell’immigrazione sulle coste nord del Mediterraneo. Si susseguono gli arrivi soprattutto a Lampedusa, dove stamani ci sono stati nuovi momenti di tensione tra immigrati e forze dell’ordine. Sul fenomeno si è pronunciata la Conferenza Episcopale Siciliana. I vescovi esprimono preoccupazione per il possibile aumento dell’intolleranza. Al contempo, insieme con gli organismi della Cei, la Commissione per le Migrazioni e la Fondazione Migrantes, esortano le istituzioni italiane a dare vita a politiche improntate all’accoglienza e all’integrazione piuttosto che al rifiuto. Un Paese di 60 milioni di abitanti come l’Italia – sottolineano i presuli – non può entrare in crisi per l’arrivo di meno di 5 mila disperati in fuga da fame e violenze. Ma come a livello di istituzioni internazionali ci si prepara ad affrontare l’aggravarsi del fenomeno immigrazione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur, l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati:RealAudioMP3

R. – E’ evidente che ci troviamo di fronte a dei cambiamenti importanti, quasi epocali, per cui gran parte di questi Paesi del Nord Africa oggi vivono una fase di cambiamento, di transizione e si sta verificando anche una tendenza a voler lasciare il Paese. Perlomeno, in Tunisia è stato così. E’ vero che per adesso i numeri sono contenuti e gestibili, però ritengo sia anche doveroso apprestare piani d’intervento, piani logistici, nell’eventualità che le situazioni possano degenerare, come mi pare stia accadendo al momento in Libia. Questo significa quindi che bisogna essere pronti a tutti gli scenari e mettere in atto programmi di emergenza.

D. - Possono convivere aspetti come il controllo degli arrivi, con quelli del rispetto del diritto di asilo e degli interventi umanitari di prima necessità?

R. – E’ un grande dilemma. E’ evidente che bisogna trovare un equilibrio in questo. Le situazioni vanno valutate caso per caso. E’ però fisiologico che ad un crollo di un regime voluto dal basso ci possano anche essere delle fughe, sia perché questo vuol dire esercitare la libertà, sia perché si possono creare nel Paese situazioni tali per cui c’è chi può essere in pericolo in questa fase storica.

D. - La Libia appare sempre più impossibilitata a controllare le partenze clandestine. Tripoli potrebbe utilizzare questo argomento di pressione sulla comunità internazionale?

R. – Sembrerebbe che Tripoli questo lo abbia già fatto presente. Penso però che in una fase come questa le logiche che devono essere tenute presenti siano il rispetto dei diritti delle persone che stanno manifestando e non utilizzare in modo sproporzionato la forza. L’Europa ha richiamato a questo, ad ascoltare anche le voci che vengono dalla piazza, anche perché l’Europa è tenuta a dei principi, ad una Carta Costituzionale e di certo non può fare diversamente.

D. - L’emergenza riguarda solo l’Italia o anche le altre coste mediterranee della Spagna e della Grecia. Ci sono allo studio sinergie nelle more di una posizione paneuropea?

R. – E’ chiaro che, dal punto di vista geografico, l’Italia diventa il primo posto d’approdo. Detto questo, è vero che c’è anche una componente europea in questo flusso, anche perché molti dei giovani che abbiamo sentito dicono chiaramente di voler andare in Francia o in altri Paesi europei dove hanno dei parenti o dei conoscenti. E’ una situazione che va comunque considerata anche nell’ottica europea, perché c’è una componente europea di questo movimento verso l’altra parte del Mediterraneo. (vv)







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